ROMA, domenica, 27 giugno 2010 (ZENIT.org).- Si chiama “sindrome postraumatica da stress” ed è stata studiata per la prima volta sui reduci della guerra del Vietnam; i pediatri abruzzesi, sulla scorta di 1000 questionari somministrati a bambini e ragazzi tra i 3 e i 14 anni, hanno accertato che ne soffre il 20% dei giovani testimoni del sisma del 6 aprile 2009.

L’indagine, denominata “Progetto Raibow” e promossa dall’Ordine dei Ministri degli infermi – Camilliani con il coordinamento scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, il sostegno di Caritas italiana e la collaborazione dei pediatri abruzzesi, è stata presentata alla stampa lo scorso 24 giugno a Roma.

“Si tratta della prima ricerca sul campo mai realizzata al mondo – ha affermato Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù – per analizzare con evidenza scientifica gli effetti prodotti anche a lungo termine sulla psiche dei bambini vittime di catastrofi naturali come un violento terremoto. L’esperienza abruzzese potrebbe far scuola anche in altri paesi del mondo, per esempio Haiti e il Cile, dove è stata vissuta di recente questa tragedia”.

Come ha evidenziato la prima fase del progetto – che coinvolge complessivamente 7 mila bambini -, 1 su 5 dei bambini e ragazzi a cui è stato somministrato il questionario presentano disturbi riconducibili all’esperienza traumatica vissuta che “vanno da lievi stati d’ansia alla sintomatologia tipica della sindrome postraumatica da stress: paura intensa, senso di impotenza e orrore, il rivivere in maniera persistente il momento drammatico, difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme”.

L’indagine ha altresì evidenziato che sono le bambine le più colpite dall’evento del terremoto e che i problemi legati alla sindrome postraumatica si manifestano quasi esclusivamente nella fascia d’età tra i 6 e i 14 anni. I sintomi più evidenti, inoltre, sono presenti nei bambini aquilani cioè in coloro che al momento del terremoto si trovavano nelle zone dell’epicentro.

La diagnosi, confermata da una successiva visita specialistica neuropsichiatria, porta ad interventi terapeutici ad hoc.

“Ci si potrebbe chiedere – ha sottolineato Vicari – il perché della percentuale di uno su cinque. Esistono dei fattori di protezione, sia di natura fisica che sociale, come la famiglia. Per questo la ricerca si propone di individuare anche i fattori di rischio che agevolano l’insorgere della sindrome. Tutto ciò che riusciamo a conoscere permette di lavorare a livello preventivo sul bambino per aumentarne la protezione”.

La seconda fase del progetto si concentra sulla formazione dei pediatri affinché siano in grado di riconoscere la sintomatologia della sindrome postraumatica da stress e gestirla attraverso, ad esempio, interventi di educazione alla pro-socialità.

“E’ necessario – ha affermato Vicari – guidare i pediatri a guardare alcuni segni, motivandoli ma anche accogliendo i loro bisogni. Nei mesi successivi al terremoto i pediatri abruzzesi hanno sopportato un grande peso accogliendo la sofferenza dei loro piccoli pazienti, tanto che un incontro organizzato nell’ambito del progetto si è concluso con un pianto liberatorio dei pediatri stessi”.

Tutte le attività del progetto ruotano attorno alla “Casa Stella Polare”, una struttura realizzata a L’Aquila (località La Torretta) da Caritas italiana con i fondi donati in seguito al terremoto nel capoluogo abruzzese e affidata ai Ministri degli Infermi – Camilliani, promotori del progetto attraverso la Camillian Task Force, organismo che offre sostegno umanitario, sanitario e pastorale alle vittime di calamità naturali o provocate dall’uomo.

“E’ importante – ha commentato p. Renato Salvatore, superiore generale dei Ministri degli infermi – Camilliani – questa azione di collaborazione di più realtà per andare incontro ai bisogni della popolazione aquilana. La Casa si pone come centro di diagnosi, prevenzione e cura dei disturbi causati ai bambini dal trauma del terremoto ma anche come luogo di aggregazione e divertimento per i bambini stessi e per le loro famiglie che coinvolge pure parrocchie, oratori ed associazioni”.

“Il progetto “Rainbow” – ha sottolineato don Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana – esprime un’attenzione privilegiata e coordinata al disagio dei piccoli, evidente già nei giorni immediatamente successivi al terremoto. In questa prospettiva, il susseguirsi durante l’estate di gruppi provenienti da tutte le diocesi italiane organizzati dalle delegazioni regionali della Caritas, permetterà l’attività giornaliera di 16 centri ricreativi con la presenza di 600 bambini”.

“Chiusa la fase dell’emergenza – ha affermato don Ramon Mangili, co-direttore della Caritas de L’Aquila – abbiamo bisogno di accompagnare le persone offrendo loro nuovi punti di riferimento sul territorio al posto di quelli saltati a causa del terremoto. L’aiuto ai più piccoli e alle loro famiglie porterà sicuramente frutti abbondanti di serenità e maggior fiducia nel futuro”.