Le suore domenicane alimentano la speranza

Intervista a suor M. Fabiola Velasquez Maya, coordinatrice internazionale del DSI

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di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 7 giugno 2010 (ZENIT.org).- Dal 14 al 19 maggio le priore generali aderenti al DSI (Suore Domenicane Internazionali) si sono riunite a Roma per discutere il presente e il futuro della vita religiosa, provando a rilanciarne il senso e proponendo un rinnovamento alimentato dalla speranza.

In merito alla mancanza di vocazioni degli ultimi decenni, fra Felicísimo Martinez, OP, ha rilevato che la vera ragione della crisi va ricercata nella “mancanza di senso”, che è “la radice più profonda di una tristezza incastrata nell’anima”.

Suor Viviana Ballarin, OP, ha esortato le consorelle a “ritrovare la profondità del nostro essere donne religiose, con una identità e una missione loro propria” ed ha indicato la strada “attraverso il riconoscimento e l’accoglienza realistica della povertà (…) che si lascia incontrare come la samaritana al pozzo di Sicar e diviene una audace presenza di speranza per quelli che abitano la città”.

Oggi – ha sottolineato Suro Viviana – “è necessaria molta povertà per poter accogliere le sfide della missione, della interculturalità e della intercongregazionalità, vie che si aprono davanti a noi come prospettive di futuro”.

Dall’assemblea è emersa anche la necessità di nuove strutture organizzative. Una delle partecipanti ha domandato: “Cosa ne dite se un giorno noi, suore domenicane di vita apostolica, non saremmo più divise in 153 Congregazioni ma unite in una struttura unica di governo orientata alla predicazione? Non ci sarà forse nel DSI già il seme di una Congregazione globale di Donne Domenicane Apostoliche?”.

Per rispondere ai tanti quesiti che sono stati sollevati, la coordinatrice internazionale del DSI, suor M. Fabiola Velasquez Maya ha indicato la via della speranza, “sentimento universale (…) il tema più antico della letteratura, della teologia, della spiritualità, della Bibbia (…) tema eterno, perché l’essere umano non vive solo di speranza, è speranza egli stesso”.

Per approfondire l’analisi della crisi vocazionale e le speranze di una rinnovata vocazione, ZENIT ha intervistato suor M. Fabiola Velasquez Maya.

Che cosa è la DSI, e qual è stato il tema della VI Assemblea Generale?

Suor Fabiola: Il movimento DSI (Suore Domenicane Internazionali) è nato nel 1995, per rispondere a un bisogno sentito e sempre più pressante del Maestro dell’Ordine domenicano e di un gran numero di suore domenicane, desiderose di avere un certo coordinamento e Segreteria generale, al fine di costruire una più stretta cooperazione nell’ambito di in un piano dinamico e organizzato per la missione di predicare la Parola, un Carisma ereditato da Santo Domingo dell’Ordine dei Predicatori.

Attualmente sono 153 le congregazioni della Famiglia Domenicane che aderiscono al movimento, siamo presenti in 111 paesi con 25.000 suore in tutto il mondo. La nostra sesta Assemblea, ha avuto come tema centrale: “Preparare il nostro futuro con realismo, coraggio e speranza”.

Come intendete rinnovare e nutrire il “cuore della Chiesa che deve bruciare per sempre?”

Suor Fabiola: Questa domanda mi porta subito alla mente quanto sostenuto da Santa Teresa di Lisieux, che ho ammirato fin dall’infanzia. Santa Teresa ha detto che “nel cuore di mia Madre, la Chiesa, voglio essere amore”. Per avere una maggiore consapevolezza del nostro ruolo di donne consacrate a Dio c’è bisogno che le nostre vite brucino e si consumino d’amore, come candele accese che illuminano la via di tanti che si muovono tra le ombre. Come un fuoco che sviluppa calore e fornisce sostegno spirituale a tutti coloro che hanno bisogno, indipendentemente dal paese, dalla razza, dalla religione, dalla cultura, dallo stato sociale, dall’età. Bisogna ricordare sempre e rafforzare la convinzione che l’amore è paziente, l’amore è gentile, è benigna la carità, l’amore è libero e misericordioso.

Come ravvivare questo grande fuoco ardente e missionario?

Suor Fabiola: Le Domenicane Apostoliche sono stata create per vivere e diffondere la missione della proclamazione della Parola. Sono sempre più convinta che solo se viviamo la missione di predicare sotto le sue differenti forme, spirituale e mistica, attraverso la vicinanza umana, sapendo condividere con altri il frutto di una profonda esperienza di Dio, di vera contemplazione, riusciremo nel nostro compito. San Domenico ci ha insegnato che solo “contemplando e dando il senso della contemplazione siamo in grado di riaccendere in noi e negli altri, un fuoco ardente missionario … il fuoco di gioiosa speranza che portiamo dentro di noi”. Credo sinceramente che, nonostante ciò che si pensa in certi ambienti, molti dei nostri contemporanei sono affamati di spiritualità più profonda.

Quali sono gli ambiti dove indirizzate la vostra opera missionaria?

Suor Fabiola: Svolgiamo la missione in tutti gli ambienti dove riusciamo a sviluppare relazioni, dialoghi, conferenze, lavori di gruppo, testimonianze e missione di frontiera. Diamo particolare priorità a quei luoghi e nelle aree più vulnerabili, quelle dove si assiste ad una maggiore povertà spirituale e materiale. Questo non ci impedisce di mantenere la nostra presenza in alcune istituzioni come la scuola e gli istituti sanitari. Il nostro impegno rimane fortemente determinato a seguire l’esempio di Gesù, che fu inviato a predicare il Vangelo ai poveri, ai deboli e agli emarginati dalla società.

Con quali mezzi e con quali progetti culturali e di fede pensate di avolgere un programma di nuova Evangelizzazione?

Suor Fabiola: Svolgiamo la nostra missione in modo interculturale, interreligioso e multietnico. E’ chiaro che in molti di questi ambienti, il primo strumento per la trasmissione della nostra fede cristiana è la nostra identità religiosa e la testimonianza di una vita autenticamente evangelica. Ci sono certi contesti dove non si può mai fare un annuncio esplicito della Parola, e lì ci si limita a vivere. Oggi non c’è bisogno di insegnanti, ma di testimoni.

Nello stesso tempo siamo sinceramente convinte che è fondamentale essere presenti nel mondo delle comunicazioni sociali, in quanto sono luoghi privilegiati dove si allargano gli spazi per l’evangelizzazione e per per la partecipazione al dibattito culturale. Sentiamo inoltre la necessità di impegnarsi ogni giorno per la causa dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Uno dei grandi pilastri della spiritualità domenicana è lo studio. E’ evidente che l’evangelizzazione delle culture è uno sforzo notevole e richiede un impegno continuo nello studio. Solo approfondendo lo studio potremo evitare l’emarginazione e un senso di inferiorità nei confronti dell’intenso dibattito culturale che si svolge attualmente nel mondo.

Quali sono le cause della crisi delle vocazioni e come intendete rilanciare il carisma domenicano?

Suor Fabiola: Bisogna chiarire esattamente quali sono le cause di questa crisi. Non è un compito facile. Vorrei provare a riflettere su alcuni punti. Sono convinta che la vocazione alla vita religiosa è un mistero che è nelle mani di Dio, è Lui che chiama a questo stile di vita. Alcune possono quindi chiedere se hanno dimenticato la chiamata. E’ un mistero perchè in alcuni paesi del mondo non ci sono nuove vocazioni.

Un’altra difficoltà riguarda la società in cui viviamo. I giovani in particolare hanno difficoltà a fare scelte che hanno il carattere di perpetuità. Temono scelte che durano nel tempo, per esempio il matrimonio.

Credo anche che alcune persone non sono feconde perché non sono soddisfatte dei loro progetti o perché la vita e la missione proposta dalle congregazione non è abbastanza convincente. Invece di preoccuparsi della scarsità di vocazioni ho l’impresione che molte siano occupate a lamentarsi della qualità della nostra vita e della miss
ione.

Quali sono i risultati della vostra Assemblea generale?

Suor Fabiola: La valutazione è stata unanime. Riconoscendo i vincoli di fratellanza, come membri della Famiglia Domenicana abbiamo espresso:

– La necessità di armonizzare i fondamenti della vita in comune: vita di preghiera, la vita fraterna in comunità, lo studio, la formazione e la missione. Se non c’è equilibrio le colonne e l’edificio cadono. In particolare abbiamo richiesto una attenzione per “umanizzare le nostre comunità”.

– Aumentare la collaborazione tra le varie congregazioni per progetti comuni e, in particolare la missione di formazione e addestramento. Anche un ex generale superiore ha rilanciato la sfida a muoversi verso un unica “Congregazione delle Suore Domenicane”. Si tratta di un idea che da più anni ritorna ricorrente.

– Promuovere una più stretta attenzione e protezione per quelle sorelle che vivono in paesi dove la cultura della violenza è in aumento. Trovare nuovi modi di vivere la missione in coordinamento sul territorio, soprattutto quando si verificano catastrofi come quella accaduta ad Haiti. Sviluppare una partnership di rispetto e fiducia fra le sorelle più giovani e quelle più anziane, tenendo conto delle differenze generazionali come fonti di arricchimento umano e spirituale.

– Promuovere ulteriormente lo scambio di notizie per rafforzare ulteriormente i “legami di famiglia”.

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ZENIT Staff

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