ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Con il patrocinio del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si aprirà il 28 gennaio a Roma la Scuola di Biopolitica, promossa dalla Fondazione Magna Charta (http://www.magna-carta.it/content/scuola-di-biopolitica-sfida-antropologica-ed-etica-della-vita).
Attualissimi e scottanti i temi in discussione, dal caso Englaro alle frontiere della tecnoscienza, dalla legge 40 alla biopolitica, dalla filosofia alla bioetica e la persona.
Per comprendere le ragioni e le finalità di questa interessante iniziativa, ZENIT ha intervistato una delle promotrici, Assuntina Morresi, docente di Chimica all’Università di Perugia e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB).
Perché una Scuola di Biopolitica?
Morresi: Prima di tutto perché in Italia attualmente non ne esiste una, anche se in passato ci sono state alcune edizioni di scuole di bioetica e biopolitica e attualmente sono ancora molti i corsi o master di bioetica offerti da associazioni e anche da università.
La biopolitica, però, è cosa diversa dalla bioetica: sostanzialmente si tratta dell’intervento del potere nelle questioni della vita biologica umana, direttamente sui corpi, dove la parola “potere” indica qualcosa in più dello Stato. Quando il termine è stato coniato, da Michel Foucault, si intendeva un potere coercitivo, quello delle carceri e dei manicomi, per intenderci, mentre adesso quel potere si esprime attraverso i cosiddetti “nuovi diritti”.
Nella scuola le prime due giornate saranno proprio dedicate a due “battaglie” della biopolitica che hanno coinvolto tutti gli italiani: la vicenda di Eluana Englaro e la procreazione medicalmente assistita, intesa, quest’ultima, come una declinazione della tecnoscienza.
La modalità con cui saranno affrontate queste due tematiche, attraverso le lezioni programmate, servirà a capire perché è opportuno parlare di biopolitica di fronte a certi eventi che solitamente vengono rubricati come “questioni eticamente sensibili”.
L’approfondimento delle due giornate successive darà il quadro filosofico e antropologico di riferimento.
Quali gli scopi che intendete raggiungere?
Morresi: Il mondo politico-sociale (uomini di governo, deputati, giornalisti, dirigenti pubblici ed insegnanti), ma anche le nuove generazioni che si preparano ad affrontare il governo della cosa pubblica (dai futuri medici o giornalisti, giuristi e dirigenti) hanno bisogno di adeguati strumenti di comprensione e di elaborazione, di una riflessione nuova, che sia capace di orientare l’azione dei diversi soggetti politici e sociali. Noi vogliamo offrire quegli strumenti.
A chi è rivolta? E quali i riconoscimenti accademici?
Morresi: Il corso di Biopolitica organizzato dalla Fondazione Magna Carta nasce per essere un punto di raccordo tra ricercatori interessati ai problemi della Biopolitica, quindi filosofi, psicologi, scienziati, sociologi, teologi e il mondo politico-sociale. La scuola è aperta a quanti siano iscritti all’università, o laureati in Filosofia, Giurisprudenza, Scienze Umane e Religiose, Scienze della Formazione, Scienze Politiche, Scienze Infermieristiche, Medicina, Teologia. Si rivolge inoltre agli addetti del settore, insegnanti, professionisti in ambito giuridico e socio-sanitari, membri di comitati etici e di strutture di consulenza etica.
Quali gli argomenti trattati e chi sono i docenti?
Morresi: La scuola si articola volutamente in quattro moduli, ognuno con una impostazione molto specifica. Si parte, come dicevamo, dal caso Englaro, affrontato sotto tutte le articolazioni, giuridiche e politiche; il secondo ciclo di lezioni viene dedicato alla tecnoscienza, in particolare alla procreazione medicalmente assistita e alla legge 40; le ultime due lezioni hanno un’impronta più filosofica e bioeticista. Tra i docenti, nomi importanti del panorama politico-culturale nazionale e internazionale, ci sono Francesco D’Agostino, Eugenia Roccella, Giorgio Israel, Walter Schweidler, Sergio Belardinelli, Carlo Bellieni, Miklos Veto, Raffaele Calabrò, Eleonora Porcu, Alberto Gambino e molti altri (c’è anche Assuntina Morresi, ndr).
Eutanasia, provetta selvaggia, pillole abortive, tentazioni di selezione eugenetica delle nascite e delle morti fanno parte di un’unica cultura?
Morresi: Più che di una cultura fanno parte di una tendenza culturale che rischia di diventare una cultura dominante se non si pone un limite alla deriva relativista di cui si nutre.
Ma soprattutto, in questo ambito troppo spesso molte concezioni e tendenze culturali “passano” nell’opinione pubblica e vengono “sdoganate” grazie ad una informazione falsata, ad uno scientismo travestito da scienza: il dibattito pubblico troppo spesso è “inquinato” da una comunicazione scorretta che non consente un confronto chiaro e trasparente fra opinioni legittimamente differenti. Non è raro che, dopo aver avuto gli strumenti adeguati per conoscere i fatti, si cambi idea su questioni riguardanti le nuove tecniche in campo biomedico, oppure sui cosiddetti “nuovi diritti”.