di Roberta Sciamplicotti
ROMA, giovedì, 27 gennaio 2011 (ZENIT.org).- La pastorale universitaria è un aspetto decisivo della pastorale generale della Chiesa e deve aiutare a formare i veri protagonisti della società.
E’ quanto emerge dai primi interventi pronunciati durante il Congressso europeo sulla pastorale universitaria, organizzato dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) a Monaco di Baviera (Germania) da questo giovedì a domenica 30 gennaio.
Nel suo saluto iniziale, il moderatore padre Duarte da Cunha, Segretario generale del CCEE, ha infatti sottolineato che la pastorale universitaria “è un punto fondamentale della Pastorale della Chiesa”: “non solo perché offre la possibilità di accompagnare gli studenti in una fase decisiva della loro vita in cui tanti aspetti della personalità si solidificano, ma anche per quella particolare convinzione della Chiesa secondo la quale la scienza, l’arte e la cultura in generale sono un campo privilegiato per seminare il Vangelo”.
“Abbiamo bisogno di portare al nostro tempo una riflessione sull’uomo e sulle diverse dimensioni della vita aperta alla Verità e agganciata alla Carità, e l’Università è senz’altro un luogo particolarmente adatto a questo compito”, ha aggiunto.
Il sacerdote ha quindi ricordato che durante i lavori si visiterà un monumento e si vedrà un film sull’esperienza della Rosa Bianca, un gruppo di giovani studenti tedeschi che sfidarono il regime nazista decidendo “con coraggio, pagando con la vita, di agire utilizzando la ragione aperta alla verità sapendosi sostenuti dalla fede”.
“La Rosa Bianca è un simbolo, nella storia recente non l’unico, che mostra come l’Università possa essere un luogo dove una persona impara veramente ad essere protagonista della sua vita e a contribuire per il bene di tutti”, ha affermato padre da Cunha, osservando come questa esperienza permetta di cogliere spunti per capire la missione della Chiesa nell’università al giorno d’oggi.
“Si tratta di generare gente impegnata e non rassegnata, gente che sta insieme e che attraverso l’amicizia rafforza la sua consapevolezza della vita e il coraggio di fare grandi cose, una compagnia che desta in ciascuno il desiderio di cambiamento contrariando quello che i vari poteri cercano quando vogliono persone senza grandi desideri di cambiamento, automatici e meccanici”, ha osservato.
Saranno “persone che pregano e che capiscono come la fede c’entra con tutto nella vita e quindi anche con la scienza e con la politica”, “persone che imparano a guardare con l’intelligenza e con il cuore alla realtà secondo la totalità dei fattori che la costituiscono”, “persone liete la cui passione per la vita sarà segno della loro fede e invito a tutti per aprirsi alla Verità e alla Bontà di Dio”, ha concluso auspicando che il Congresso rappresenti “una spinta verso la formazione di veri protagonisti nella vita della società”.
L’esempio di Newman
L’Arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna), monsignor Vincent Nichols, presidente della Commissione CCEE per Catechesi, Scuola e Università, è intervenuto sul tema “Newman e l’Università: prospettive per il futuro dell’Europa”, richiamando gli insegnamenti del Cardinale John Henry Newman, beatificato da Benedetto XVI durante il suo viaggio nel Regno Unito del settembre scorso.
Tutor all’Oriel College di Oxford, Newman fu poi invitato dall’Arcivescovo di Armagh, Paul Cullen, ad avviare nel 1851 un’università cattolica a Dublino – l’attuale University College –, divenendone il primo rettore.
In vista di questo incarico, Newman scrisse una serie di lezioni in cui espresse le sue idee sull’istruzione universitaria, che costituiscono il cuore del suo libro “L’idea di università”.
Per Newman, fondamentali per l’istruzione universitaria erano lo studio dei classici, la filosofia e la teologia, ma soprattutto “il principio di coltivare la mente olistica, aperta al più ampio corpo di conoscenza e collegata alla visione integrata dell’umanità nella sua relazione con Dio”.
“Il principio alla base della sua visione può forse essere descritto come la ‘Verità che unifica’”, ha detto monsignor Nichols. “Era molto preoccupato per la frammentazione dell’istruzione universitaria, intendendo non la proliferazione delle discipline, quanto l’assenza di un principio integrativo”.
Per Newman, “il vero scopo dell’istruzione era impartire la capacità di raggiungere una comprensione collegata della realtà”, quello che chiamava “intelletto imperiale”.
Le idee di Newman, ha detto l’Arcivescovo di Westminster, sono state riprese sia da Papa Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI, vista “l’alta considerazione” di entrambi nei confronti del recente beato.
Richiamando la visita britannica di Papa Ratzinger e i discorsi che il Pontefice ha pronunciato in quei giorni, monsignor Nichols ha sottolineato che “se l’unione di fede e ragione è fondamentale per il benessere della nostra società, allora è giusto pensare che sia ugualmente fondamentale per il benessere dell’università”.
“Le nostre università possono comprendere se stesse come al servizio della verità, infiammate dalla convinzione che la ragione, intesa come capacità di ogni essere umano di trascendere l’empirico, può portarci avanti non solo nella ricerca della verità, ma anche nella nostra risposta a quella verità nell’amore?”, ha chiesto.