Gran Bretagna: valori cristiani ostacolo per essere genitori affidatari

Per lo storico gay e ateo Starkey, è in arrivo “una nuova moralità tirannica”

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di Paul De Maeyer

ROMA, lunedì, 14 marzo 2011 (ZENIT.org).- La coppia cristiana di origini giamaicane Eunice e Owen Johns, rispettivamente 62 e 65 anni, di Oakwood, a nord-est di Derby, nel cuore dell’Inghilterra, non presenterà appello contro una recente decisione dell’Alta Corte (High Court) secondo la quale la visione dei coniugi Johns sull’omosessualità è un impedimento per poter riprendere l’attività come genitori affidatari. Secondo il legale della coppia, Paul Diamond, presentare ricorso sarebbe “futile, uno spreco di risorse”.

Come ha riferito venerdì 11 marzo il quotidiano Derby Telegraph, la coppia di coniugi pentecostali vuole invece portare il suo caso davanti al Parlamento di Londra e lanciare una campagna per rivedere “l’assurda agenda dei diritti umani, incluso lo Human Righs Act”, della Gran Bretagna. “Non lo facciamo solo per noi stessi, ma per migliaia di cristiani in una simile posizione”, ha dichiarato la signora Johns.

Con la sua sentenza del 28 febbraio scorso, la High Court aveva dato ragione al Derby City Council, che aveva bloccato la richiesta da parte della coppia di poter accogliere nuovamente per brevi periodi nella sua casa ad Oakwood bambini piccoli in affidamento.

Secondo i giudici, le opinioni dei coniugi Johns nel campo dell’educazione sessuale e in modo particolare dell’omosessualità sono incompatibili con l’affidamento, perché violano il rispetto delle norme dell’Equality Act del 2010, che vieta ogni discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Il Derby City Council aveva deciso nel 2009 di bloccare la richiesta presentata dai coniugi Johns, perché non potevano rispondere affermativamente alla domanda: “Diresti ad un bambino che va bene essere omosessuale?”.

Non è valsa a niente, dunque, l’esperienza in materia di affidamento accumulata dalla coppia, che negli anni ’80 e ’90 aveva accolto già decine di bambini a casa sua e dopo una pausa voleva adesso riprendere l’attività. “Noi vogliamo bene ai bambini e vogliamo restituire qualcosa alla società”, ha detto Eunice Johns, infermiera in pensione (The Telegraph, 1° marzo). “Ho lavorato come infermiera con omosessuali e non è mai stato un problema”.

L’elemento che forse fa più discutere nella sentenza è che per il tribunale le disposizioni dell’Equality Act hanno la “precedenza” sulle convinzioni religiose e sui diritti dei cristiani di poter agire secondo la propria fede. I giudici ritengono persino che le convinzioni cristiane in materia di sessualità possano essere “inimical” (vale a dire nocive o ostili) all’educazione dei bambini, e hanno dunque confermato implicitamente in questo modo un pronunciamento della Equality and Human Rights Commission (EHRC), secondo la quale i bambini possono essere “infettati” o “contagiati” (infected) dai principi morali cristiani.

In un comunicato pubblicato dopo aver preso conoscenza della sentenza, i Johns si sono dichiarati “preparati ad amare ed accettare qualsiasi bambino” (The Telegraph, 1° marzo). “L’unica cosa che non volevamo fare è dire ad un bambino piccolo che la prassi dell’omosessualità fosse una cosa buona”, continua la dichiarazione dei coniugi, i quali respingono le motivazioni della Corte.

“I giudici hanno suggerito che le nostre vedute possono danneggiare i bambini. Ci è stato detto dalla Equality and Human Rights Commission che le nostre vedute possono ‘infettare’ un bambino. Non crediamo che sia così”, ribadisce la coppia nel breve comunicato. “Ci sentiamo esclusi e come se non ci fosse posto per noi nella società”.

Anche se poi la EHRC è stata costretta a ritrattare e a chiedere scusa, le parole dell’organismo (finanziato con fondi pubblici) illustrano il clima che si respira oggi oltremanica. Come ricorda in un’analisi il Christian Legal Centre (CLC, 9 marzo), che ha assistito i coniugi Johns, l’uso del verbo “infect” è molto significativo. “Fa pensare il fatto che questa particolare parola sia stata usata nei confronti degli ebrei poco prima della Seconda Guerra Mondiale”, si legge sul sito del CLC.

“Se le norme morali cristiane sono dannose per i bambini e inaccettabili per lo Stato, allora quanti anni ci rimangono prima che si inizi a togliere i figli naturali ai cristiani?”, ha chiesto con preoccupazione dopo la pubblicazione della sentenza l’amministratrice delegata di Christian Concern e del Christian Legal Centre, Andrea Minichiello Williams. Pungente è stato del resto il commento dello stesso signor Johns, anche lui in pensione. Per l’ex dipendente della Rolls-Royce, la sentenza rappresenta “il primo stadio di persecuzione” (The Telegraph, 1° marzo).

Sul programma “Question Time” della BBC, anche lo storico gay e ateo David Starkey ha detto il 4 marzo di nutrire “profondi dubbi” sul caso Johns. Secondo Starkey, indica che sta per arrivare “una nuova moralità tirannica che è altrettanto oppressiva della vecchia” (Christian Today, 8 marzo).

Ma il cosiddetto “politicamente corretto” non ha problemi con la sentenza. Parlando con il Derby Telegraph (8 marzo), anche il Primo Ministro conservatore David Cameron ha difeso l’operato dell’Alta Corte.

“Questo caso è stato deciso da una corte in modo appropriato e penso che dobbiamo essere in pace con il giudizio che è stato fatto”, ha detto Cameron il 7 marzo visitando con il suo gabinetto gli stabilimenti della Rolls-Royce a Derby. “Penso che i cristiani debbano essere tolleranti e di larghe vedute”, ha aggiunto.

A respingere le parole di Cameron è il responsabile per la comunicazione del Christian Institute (CI), Mike Judge. “Il Primo Ministro ha […] suggerito che i cristiani che condividono le convinzioni dei Johns siano automaticamente intolleranti, maldisposti e di vedute strette”. Secondo Judge, è sbagliato. “Qualcuno può essere in disaccordo con il comportamento omosessuale senza nutrire alcuna ostilità nei confronti di individui omosessuali. Disaccordo non è odio”, ricorda Judge sul sito dell’istituto (8 marzo).

Una cosa è certa: il caso dei Johns fa riflettere, ad esempio sulla tolleranza. Che tolleranza è infatti se implica o comporta l’obbligo nonché costrizione di essere tollerante, come ha suggerito David Cameron? D’altronde, non è la prima volta che la giustizia britannica si basa sull’Equality Act per dar torto a cristiani osservanti.

Basta pensare alla sentenza emessa il 18 gennaio scorso dal giudice Andrew Rutherford, della Bristol County Court, che ha condannato una coppia di albergatori cristiani, Peter e Hazelmary Bull, 70 e 66 anni, al pagamento di un risarcimento di 1.800 sterline a testa a Martyn Hall e Steven Preddy perché aveva rifiutato nel settembre del 2008 di dare una stanza con letto matrimoniale alla coppia omosessuale di Bristol (cfr. ZENIT, 20 gennaio 2011).

Ma la vittoria in tribunale non sembra aver soddisfatto Hall e Preddy. Come ha rivelato il Christian Institute, la coppia gay, rappresentata dalla Equality Commission, ha presentato giovedì 10 marzo un ricorso presso la Corte d’Appello per ottenere un risarcimento più cospicuo dai Bull. Sotto la pressione dell’opinione pubblica, tuttavia, la stessa commissione ha annunciato venerdì 11 marzo di aver ritirato il ricorso e ha definito la mossa come “un errore di valutazione”.

Che in Gran Bretagna il vento soffi a favore dell’agenda gay lo dimostra anche la vicenda del medico di famiglia ed esperto delle tossicodipendenze Hans-Christian Raabe. Nominato il 10 gennaio scorso, il dottor Raabe, di origini tedesche, è stato infatti cacciato dopo nemmeno un mese dall’Advisory Council on the Misuse of Drugs (ACMD) – un organismo che dipende dal Ministero degli Interni (Home Office) – per aver espresso in uno studio scientifico del 2005 “vedute controverse” sull’omosessualità, vedute d’altronde perfettamente condivise dallo stesso Home Office in un rapporto del 1998, come ha segnalato Peter Hitchens (fratello del “nuovo ateo” Christopher Hitchens) sul Daily Mail (14 febbraio).

Per Hitchens, il caso Raabe dimostra nuovamente che “l’ideologia ufficiale della Gran Bretagna, da Downing Street in giù, è un politicamente corretto militante ed altamente intollerante, che trova le sue origini nel pensiero marxista e ci viene imposto da direttive europee”.

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ZENIT Staff

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