L'etica civile non può voltare le spalle all'etica cristiana

E’ una “lotta missionaria” della Chiesa cattolica

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BELO HORIZONTE, domenica, 24 aprile 2011 (ZENIT.org) – “La porosità dell’etica civile, che sostiene flussi e dinamiche nella società, può spiegare ritardi, deviazioni e assurdità di scenari e condotte, e perfino fatti crudeli come il massacro di bambini e adolescenti nella scuola di Realengo”, a Rio de Janeiro (cfr. ZENIT, 7 aprile 2011).

L’Arcivescovo di Belo Horizonte (Brasile), monsignor Walmor Oliveira de Azevedo, lo ha affermato in un articolo in cui difende il contributo dell’etica cristiana per lo sviluppo dell’etica civile.

Fatti come quello di Realengo “richiedono di mettersi una mano sulla coscienza” per dare “una direzione diversa a questa società malata”. Al contrario, ha osservato, “si corre contro il tempo, in un tentativo di limitarsi a minimizzare pregiudizi, molti dei quali fatali e irreversibili nella vita di individui, famiglie e comunità”.

L’Arcivescovo riconosce che nella società contemporanea c’è un pluralismo morale, ma che “non dispensa dalla costruzione di convergenze anche per garantire l’insostituibile dinamica democratica come questione di civiltà”.

“Ciò che caratterizza l’etica civile non può prescindere da ciò che deriva dalla morale cristiana – contributo indispensabile, sia per la solidità dei suoi principi che per la missione di coloro che credono in Cristo, nel senso di contribuire e partecipare alla creazione e al mantenimento del tessuto determinante nella vita della società”.

“Da un lato si considera la diversità che modella l’atteggiamento morale nella società pluralista”, ha indicato; “dall’altro, la risposta alla domanda nella configurazione dell’etica civile non può voltare le spalle alla realtà inesauribile rappresentata dall’etica cristiana”.

Per il presule, si tratta di una lotta missionaria della Chiesa cattolica, considerando la gravità della sfida.

Non si può restare a braccia conserte di fronte al “processo di configurazione, a volte di deterioramento, dell’etica civile, indispensabile nel sostentamento della società contemporanea”, ha aggiunto.

“La vita sociale non è diretta da una determinata professione di fede, e quindi rimanda al tema della laicità, intesa come razionalità e non come confessionalità”.

L’Arcivescovo ha osservato che l’etica civile non si confonde con il civismo, che è “l’espressione della convivenza cittadina aggiustata agli usi convenzionali, mentre l’etica civile si riferisce all’universo della responsabilità e dei valori morali”.

“Il termine ‘civile’ non può essere inteso come contrapposizione a ciò che è militare, o ecclesiastico, o anche all’aspetto sociale e professionale, anche se incide consistentemente in essi”, ha indicato.

“L’etica civile è quindi il riferimento all’istanza morale della cittadinanza e della civiltà”, che non si può diluire senza provocare “seri danni, come si può constatare nella dimensione morale della vita umana, con ripercussioni sulla convivenza sociale e cittadina in generale”.

“L’ampiezza di questo campo – con le sue peculiarità – merita, tra altri punti di costante riflessione, la preoccupazione per la vulnerabilità dei limiti umani”, ha proseguito.

Questi ultimi “hanno nomi come l’interesse esagerato per il denaro, che fa di questo il punto determinante dei negoziati, ostacolando spesso progetti di grande importanza per la società”.

“Non è inferiore la vulnerabilità che si constata per la mancanza di statura acquisita nella competenza professionale e umana, impedendo a molti di sopportare le sfide, di fare sacrifici e restare in ‘trincea’ per altruismo”.

“E’ una sfida enorme modellata dalla carenza di intesa nell’ambito dell’etica civile”, ha sottolineato l’Arcivescovo.

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ZENIT Staff

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