Un domenicano in Pakistan

Padre Patrick Peter parla delle persecuzioni cristiane

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ROMA, lunedì, 13 giugno 2011 (ZENIT.org).- I cristiani in Pakistan sono duramente perseguitati, ma il problema non è il fatto che siano una piccola minoranza in un Paese a maggioranza musulmana.

Secondo il sacerdote domenicano Patrick Peter, i cattolici e i musulmani sono stati da lungo tempo in amicizia nelle scuole cattoliche del Paese. I problemi – a suo avviso – sorgono solo con gli studenti provenienti da un determinato tipo di scuola.

Il programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, ha parlato con padre Peter sulla sua vocazione e sulla situazione dei cattolici in Pakistan.

Lei è originario del Pakistan, ma il suo nome è Patrick. Perché?

Padre Peter: Ho avuto sin da piccolo una formazione di tipo religioso. La mia famiglia è molto cattolica. Mio padre si chiama Peter e mi ha dato questo nome perché inizia con la lettera “P”. Ha pensato che fosse il nome migliore da darmi e anche per via dei padri domenicani.

Perché è diventato domenicano?

Padre Peter: Quando ero bambino conoscevo i padri domenicani della diocesi di Faisalabad perché mio padre lavorava per loro. Mia zia, da parte di mio Padre, era una suora domenicana di S. Caterina da Siena e anche uno zio, da parte di mia madre, era sacerdote domenicano. Quindi, attraverso queste persone è sorto in me il desiderio di essere domenicano.

Non sapevo, allora, la differenza tra sacerdote diocesano e sacerdote religioso. Alla fine della scuola media o all’inizio delle superiori dicevo solo che volevo diventare un sacerdote. Quando sono andato all’università ho capito un po’ meglio la vita religiosa e ho parlato con mio zio che era domenicano. Lui mi ha detto: “Vieni, unisciti a noi”. E così sono andato con i domenicani a Faisalabad.

Chi sono i cristiani in Pakistan? Rappresentano i poveri?

Padre Peter: I cristiani in Pakistan rappresentano iper lo più i poveri. Spesso ricevono e vivono con un salario di sussistenza. È una grande sfida per i cristiani in Pakistan; persino per quelli istruiti. La maggioranza dei cristiani è spesso così povera da non potersi permettere di pagare le bustarelle per accedere a un buon lavoro, mentre i musulmani possono permetterselo. E anche la legge dà preferenza ai musulmani.

I cristiani sono perseguitati a causa della loro fede?

Padre Peter: Sì! In Pakistan siamo perseguitati. Stiamo avendo difficoltà soprattutto a causa della legge antiblasfemia. Secondo questa legge, chiunque dice qualcosa contro il profeta Maometto o disonora o strappa una pagina del Corano può essere accusato e imputato di blasfemia.

Lei ha subito personalmente discriminazioni o persecuzioni?

Padre Peter: Non io personalmente, ma dopo la mia ordinazione, quando ero giovane, ho assistito a un caso. Il primo giorno del mio sacerdozio, dopo la Messa di ringraziamento, ho incontrato un gruppo di cristiani: circa 16 o 17 famiglie che erano state accusate di aver parlato male del Profeta. Erano state tutte espulse dal loro villaggio e le loro case erano state bruciate.

Il Vescovo di Faisalabad ha detto che i cristiani svolgono un ruolo essenziale per il progresso del Paese. Che cosa intendeva?

Padre Peter: Lo ha detto per sottolineare, soprattutto, che i cristiani hanno gli stessi obblighi dei musulmani. Siamo tutti pakistani. Abbiamo tutti delle difficoltà. Contribuiamo in modo eguale al progresso del Pakistan, nel campo dell’istruzione e della sanità. In Pakistan la Chiesa cattolica ha molti istituti d’istruzione, in cui accoglie tutti. Anche gli ospedali cattolici accettano chiunque. Quindi i cristiani, e in particolare i cattolici, danno una forte testimonianza di fede tra i musulmani, nel vivere i loro valori cristiani, sia attraverso il servizio di apostolato, sia nel vivere la vita quotidiana.

Le scuole cattoliche svolgono un ruolo importante in Pakistan?

Padre Peter: Abbiamo due categorie di scuole. Le scuole medie inglesi e le scuole urdu. I pakistani che se le possono permettere mandano solitamente i figli alle scuole medie inglesi. Le scuole missionarie, tra cui quelle cattoliche, ricadono in questa categoria. La maggioranza dei pakistani, quasi tutti musulmani, preferiscono queste scuole missionarie.

Come ci si spiega la persecuzione contro i cristiani, quando così tanti musulmani frequentano le scuole cattoliche?

Padre Peter: Il problema, in generale, non è il musulmano medio. I problemi sono causati dagli studenti delle madrase (le scuole religiose islamiche) gestite dalle moschee. Gli studenti che vengono nelle nostre scuole hanno ottimi rapporti tra loro e spesso hanno amicizie che durano per tutta la vita.

Esiste possibilità di dialogo con la comunità islamica?

Padre Peter: Certamente e il dialogo è continuo. Nel mio villaggio, quando ero bambino, noi cristiani avevamo ottimi rapporti con i musulmani. Palavamo con loro ed eravamo amici.

In che modo pensa di poter aiutare il suo Paese?

Padre Peter: Sono già impegnato nell’educazione e uno dei miei ruoli è quello di formare i sacerdoti del domani. Aiuto a renderli pronti per quando scenderanno in campo, perché possano avere un buon approccio alla gente, preparare le persone, educare la gente.

* * *

Questa intervista è stata condotta da Marie-Pauline Meyer per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

Where God Weeps: www.WhereGodWeeps.org

Aiuto alla Chiesa che soffre: www.acn-intl.org

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ZENIT Staff

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