La vita eterna, educatrice della nostra vita

Il secondo appuntamento dei “Dialoghi in Cattedrale” nella Basilica di San Giovanni in Laterano

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di Salvatore Cernuzio

ROMA, venerdì, 16 marzo 2012 (ZENIT.org) – La “vita eterna” è stato il fulcro della seconda serata dei “Dialoghi in Cattedrale”, che si è svolta ieri, giovedì 15 marzo, nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

«Educare alla vita eterna: utopia o profezia?» è stato, infatti, il tema al centro degli interventi dei due illustri ospiti: il giornalista e medico Joaquín Navarro-Valls, presidente Advisory Board del Campus Bio-Medico e direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 1984 al 2006, e il filosofo Remo Bodei, docente dell’Università di Pisa, che tornerà nella basilica lateranense dopo nove anni dalla sua prima partecipazione ai «Dialoghi» nel 2003.

A introdurre, e poi concludere, la serata: il saluto del cardinale vicario Agostino Vallini; mentre l’incontro è stato animato musicalmente dal Coro della diocesi di Roma diretto da mons. Marco Frisina, rettore della basilica di Santa Cecilia in Trastevere.

“Per millenni, soprattutto nell’ambito del cristianesimo e del mondo islamico, l’esistenza terrena era stata concepita, nella sua fugacità, come preparazione e educazione alla vita eterna” ha esordito il prof. Bodei, chiedendo poi ai presenti “Ma cosa significa propriamente ‘eternità’ nel suo rapporto con il tempo e con la storia?”.

Constatando come “il desiderio di una vita eterna sia stato a lungo diffuso e combattuto”, il filosofo ha mostrato come invece, in età moderna, sia mutato l’atteggiamento nei confronti di questo argomento, a causa di molteplici fattori, tra cui: “l’erosione della fede nell’esistenza di un’anima immortale e la moltiplicazione di utopie e di ‘ucronie’, ovvero dell’idea che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto alla realtà.

Questi fattori, ha aggiunto: “pongono su questa terra il conseguimento della giustizia e della felicità, da raggiungere anche attraverso rivoluzioni politiche; nella sostituzione del desiderio di eternità con la ricerca della pienezza di vita nella natura divina, nel mito dell’eterno ritorno o nel qui e ora”.

La riflessione di Bodei si è soffermata, poi, sul fatto che il “progetto dell’umanesimo rinascimentale di avvicinare l’uomo a Dio si è negli ultimi secoli legato all’oscuramento o alla cancellazione dell’orizzonte della trascendenza”, portando alla “legittimazione del desiderio nella vita terrena attraverso il consumo di beni e di vita”.

“Oggi le cose cambiano – ha dichiarato in proposito – e non solo a causa della crisi economica, che renderà materialmente sempre più poveri e indurrà tutti a una maggiore frugalità, ma anche perché si sta risvegliando il bisogno di non accontentarsi di quello che attualmente si è, di esercitarsi a promuovere in ciascuno di noi una vita migliore”.

È stato, poi, il turno di Joaquín Navarro-Valls che ha dato inizio al suo intervento affermando che: “A nessuna cultura umana, comprese quelle preistoriche, è mancata la credenza in una forma di vita che segue alla scomparsa terrena”.

Proprio su questo dato dell’antropologia culturale, ha spiegato, richiamando la riflessione dello storico delle religioni rumeno, Mircea Iliade: “si è costituito il pensiero areligioso che, a partire dell’atteggiamento religioso, ha portato avanti un processo di secolarizzazione e desacralizzazione dell’esistenza umana” che ha avuto come risultato “l’uomo profano”.

“Perché l’umanità non si è mai rassegnata a credere che aldilà di questa vita non vi sia semplicemente il nulla?”, è l’interrogativo che sorge spontaneo, secondo il presidente del Campus Bio-Medico. Tra le risposte, il fatto che: “l’auto interrogazione che porta l’uomo a riconoscersi non come sola materia ma come qualcuno, ha aperto il pensiero pagano pre-cristiano alla nozione di anima, non corruttibile in quanto sostanza semplice”.

Tuttavia, ha proseguito Navarro-Valls, il tema che realmente inquieta noi esseri umani “non è la discussione filosofica sull’immortalità dell’anima ma la domanda esistenziale: che sarà di me; della persona che io sono, dopo la mia morte?”. O ancora: “Che sarà di quelli che ho amato, anzi che tuttora amo anche se non sono più ora con me?”.

È grazie a questo limite della ragione umana, ha aggiunto, che l’uomo “si apre alla conoscenza per la via della fede, che non è impressione, opinione o probabilità, ma vera conoscenza che viene da quello che Dio ci racconta della vita eterna”.

La vita eterna, ha affermato in conclusione l’ex direttore della Sala Stampa Vaticana, “diventa educatrice di questa vita, in quanto relativizza gli eventi, le realtà e i progetti, mentre, allo contempo, concede a tutto l’umano-terreno una categoria straordinaria, poiché lo fa eterno”.

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ZENIT Staff

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