Il "prae iudicium" verso gli stranieri

Il “pregiudizio” germoglia ovunque, in casa, a scuola, in ufficio, nelle mense aziendali

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di Igiea Lanza di Scalea

ROMA, domenica, 25 marzo 2012 (ZENIT.org) – Il dossier del XXI rapporto sull’immigrazione (Caritas/Migrantes, 2011) offre una panoramica globalizzata di quello che oggi potremmo definire “un paese di migranti”.

Sono 4 milioni e 570 mila, infatti, i residenti stranieri in Italia, di cui 1 milione circa minorenni. In media, si calcola 1 straniero ogni 12 residenti: di tutti, 1/8 è di seconda generazione: italiani di fatto ma non di diritto, nati in Italia e ciò nonostante, “diversi” perché figli di immigrati.

Lo straniero può essere considerato il simbolo più rappresentativo della frammentarietà sociale riflessa nella difficoltà ad accettare e costruire forme sociali diverse, ciò nondimeno, condivise. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza, recita l’Articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, pur tuttavia, lo straniero, nel suo essere portavoce di valori, usi, costumi “diversi”, produce distanze morali, sociali, non ultimo, culturali.

Sbrigativamente “etichettato” deviante, è – letteralmente – “colui che volge verso altra via” rispetto alla rappresentazione sociale condivisa. Il diverso incute timore, tensione, distacco, o attacco, “difensivo”.

In tal senso, il British Council analizzando un campione di 3.500 ragazzi in età scolare (9 paesi europei) ha delineato come gli stranieri abbiano il 30% in più di probabilità di subire aggressioni (13% contro 9%) non ultimo, di essere oggetto di scherno (24% contro il 16% per i nativi).

Una recente indagine sulla percezione del pregiudizio verso gli stranieri della Cattedra di metodologia e Tecnica della ricerca sociale de La Sapienza Università di Roma, nel 2011, condotta nello specifico contesto delle residenze universitarie ha messo in luce la tendenza degli italiani a privilegiare, nel complesso, il rapporto con i propri connazionali, dando vita al cosiddetto fenomeno della “omofilia nazionale”.

In tal senso, secondo la letteratura dominante, i nostri connazionali soffrirebbero la “sindrome dell’attacco” manifesta nel rafforzamento delle dinamiche in-group vs out-group, per la “salvaguardia” dei confini identitati.

Il prae iudicium èpuro pensiero: germoglia in casa, a scuola, in ufficio, nelle mense aziendali. E’ prae iudicium negare un sorriso, volgere altrove lo sguardo o peggio, non tendere una mano a chi te la chiede.

Inoltre, contrariamente all’opinione comune che inquadra lo straniero “al centro” dello scenario delittuoso italiano, il Dossier sull’Immigrazione Caritas/Migrantes rileva come il “tasso di criminalità” degli immigrati regolari nel nostro Paese sia “solo leggermente più alto di quello degli italiani” (tra l’1,23% e l’1,40%, contro lo 0,75%).

Lo stesso rapporto evidenza finanche la funzione complementare dei lavoratori immigrati in grado di favorire migliori opportunità occupazionali per gli italiani, ragion per cui, venendo essi a mancare in quei settori produttivi considerati “non appetibili” dagli italiani (agricolo, industriale, edile, ecc), il paese sarebbe impossibilitato ad affrontare il futuro.

Ciò nonostante, parrebbe che la società rifiuti aprioristicamente ogni diversità, ritenendola causa di mali inesistenti. La diversità è dinamica, evolutiva, migliorativa: l’omogeneità è statica, involutiva. La diversità è educativa: docet discet al fine di ex-ducere, di “tirar fuori” ciò che è dentro alla persona, valorizzandone le potenzialità.

ErfahrungVerständnisMitgefühl, esperienza, comprensione, empatia, concetti chiave dello storicismo contemporaneo tedesco (Dilthey) insegnano a ri-vivere e ri-costruire il se nell’altro, in questo essere – uguali e diversi- entro un sistema inclusivo e pluralista.

La dignità di ogni persona umana non può essere a priori oggetto di pregiudizi e di discriminazioni”, ha ricordato il Mons. Mariano Crociata, in occasione della presentazione del Comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente, malgrado ciò lo straniero è tutt’oggi – dai più – spesso percepito un “invasore”, nemico, o peggio, un mero criminale.  



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ZENIT Staff

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