di Maurizio Moscone
ROMA, sabato, 6 ottobre 2012 (ZENIT.org). Nel dis-orientamento esistenziale in cui vive l’uomo occidentale, l’io personale assume, paradossalmente, caratteri divini: Dio scompare sempre di più dall’humus culturale dell’Occidente, che tramite i mezzi di comunicazione sociale (in particolare la televisione) celebra ogni giorno la potenza e la grandezza dell’uomo, capace ormai con la scienza e la tecnica di dominare la terra e di distruggerla, di manipolare i geni umani e di selezionarli, di trapiantare organi e, in generale, di risolvere problemi che apparivano irrisolvibili fino a qualche decennio fa.
L’io umano, dopo la “morte di Dio” profetizzata da Nietzsche e realizzatasi nei tempi odierni, ha preso progressivamente il posto di Dio ascoltando l’insegnamento di quel serpente che, nel giardino di Eden, sibilava all’orecchio di Eva e di Adamo l’invito a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché si aprissero i loro occhi e divenissero simili a Dio. E’ scritto nella Genesi: “Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «E’ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture” (18).
Ovviamente, per la cultura odierna, e soprattutto per gli esegeti disincantati dalle tecniche scientifiche di indagine, questo racconto biblico è pura mitologia, retaggio arcaico di una civiltà che non conosceva Freud, Jung e i meccanismi intrapsichici che sono alla base dei racconti immaginifici nei quali si esprime l’inconscio individuale o collettivo. E’ però un dato di fatto, al di là della presuntamitologia biblica, che l’uomo oggi non si riferisce più a Dio per stabilire la verità della legge morale e, da Kant in poi, si è reso talmente autonomo da Lui da considerare se stesso come il vero e unico legislatore morale.
Nietzsche aveva profetizzato la situazione esistenziale odierna in termini poetici, affermando, tramite Zarathustra: “Spezzate, spezzatemi le tavole antiche, voi che cercate la conoscenza! […] «Non rubare! Non uccidere!»: queste parole si dissero un tempo sacre; dinanzi ad esse si piegavano le ginocchia e la testa, e ci si toglieva le scarpe.
Ma io vi chiedo: dove ci furono briganti peggiori e peggiori assassini nel mondo di queste sacre parole?
Non è forse ingenito in ogni essere vivente il rubare e l’uccidere? E santificando tali parole non s’assassinò la stessa verità?
Non fu un predicare la morte il dire sacro tutto ciò che contrasta e contraddice la vita? Oh miei fratelli, spezzate, spezzatemi le vecchie tavole!” (19).
Si può obiettare che il testo nietzschiano non rispecchia il modo di pensare e di vivere odierno perché è unanime oggi la condanna del furto e dell’omicidio, ma l’evasione fiscale praticata in larga scala e giustificata anche da economisti di fama mondiale non è forse un furto? E l’aborto, legalizzato in molti stati, propagandato dai mass media e da potenti e ricche organizzazioni, non è forse la più brutale forma di omicidio?
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NOTE
18) Gn 3,1-7.
19) F.NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra, cit., pp.176-177.
[La seconda parte è stata pubblicata sabato 29 settembre. La quarta ed ultima puntata uscirà sabato 13 ottobre]