Nuova Evangelizzazione "con coraggio e ottimismo"

Il cardinale Angelo Sodano invita a vincere ogni forma di scetticismo, confidando nell’aiuto del Signore

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<p>CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 9 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’intervento ieri in Aula del cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio.

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Quest’ Assemblea è chiamata dal Papa ad approfondire un argomento, che tocca il cuore della nostra missione pastorale, in questo inizio del Terzo Millennio cristiano. Da parte sua, il Successore di Pietro ha già avviato uno studio approfondito al riguardo, come appare da numerosi suoi interventi. Una loro sintesi è già stata pubblicata nell’ultima parte del recente volume del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, con il titolo: “Enchiridion della nuova evangelizzazione” (Libreria Editrice Vaticana 2012).

In un recente discorso ad un gruppo di Vescovi francesi venuti a Roma in visita “ad Limina” il Papa ha detto poi espressamente: “Le sfide di una società largamente secolarizzata invitano ormai a ricercarvi una risposta con coraggio ed ottimismo, proponendo con audacia e spirito d’inventiva la novità permanente del Vangelo” (L’Osservatore Romano, 22 settembre 2012).
“Con coraggio ed ottimismo”: è questo l’augurio che esprimo anche da parte mia a tutti i presenti, pur riconoscendo le grandi difficoltà esistenti nella presente situazione. Talora viene anche a noi la tentazione degli Apostoli, che sul lago di Galilea dicevano a Gesù per bocca di Simone: “Abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò la rete” (Lc 5,5). E venne la pesca miracolosa.

Certo, la nuova evangelizzazione, a cui ora siamo chiamati, non vuole essere soltanto uno slogan o una nuova tecnica, come accade oggi per la cosiddetta nuova alfabetizzazione, che vuole insegnare ad usare i metodi di comunicazione “on line”. Si tratta invece di un’evangelizzazione nuova nel senso indicatoci dagli ultimi Romani Pontefici, per affrontare le sfide che la Chiesa oggi trova dinnanzi a sé, vincendo ogni forma di scetticismo e confidando nell’aiuto del Signore. Del resto, questo è un tema sempre ricorrente nella storia della Chiesa, chiamata ad estrarre dal suo tesoro “nova et vetera” (Mt 13, 52), cose nuove e cose antiche. 
Certo ci troviamo di fronte a un’impresa grandiosa, che vede coinvolti cielo e terra, un’opera misteriosa per l’intervento preveniente e concomitante della grazia di Dio. La stessa formulazione della seconda parte del tema di questo Sinodo, e cioè la frase “per la trasmissione della fede”, non sembra del tutto adeguata, perché come ben sappiamo, la fede non si trasmette da parte nostra, provenendo essa dalla grazia di Dio, oltre che dalla decisione dell’uomo che accoglie tale dono. E appunto per invocare tale grazia la Chiesa sempre ci propone l’apostolato della preghiera accanto all’apostolato dell’azione.

Da parte mia, ho cercato di prepararmi a questa nostra Assemblea rileggendo attentamente, nei mesi scorsi, gli “Atti degli Apostoli”. Ivi già si vede chiaramente come l’opera evangelizzatrice della Chiesa era frutto di vari fattori, dalle parole e dalle iniziative pratiche degli Apostoli come dall’intervento continuo della grazia di Dio, che apriva i cuori all’accettazione della Buona Novella. Certo, lì vediamo che c’e Pietro che dopo la Pentecoste prende l’iniziativa e presenta con santo ardore Gesu di Nazareth come unico Salvatore (At, 2, 14 s.).

Devo però confessare che dopo la lettura consolante degli Atti degli Apostoli mi sono soffermato sul libro dell’Apocalisse e ho così riflettuto sulla realtà del male nel mondo, come sul mistero della libertà dell’uomo che, pur vedendo la luce, talora preferisce restare nelle tenebre. Ho voluto parimenti meditare sulle pagine dell’ Apocalisse che ci descrivono la presenza devastante del Maligno nella storia umana. Però è sempre consolante leggere nella stessa Apocalisse come, alla fine, sia la potenza vittoriosa di Cristo a splendere su tutte le miserie umane. 

Vorrei ora concludere con un appello che mi sento di fare, non tanto come Decano del Collegio Cardinalizio, quanto come Decano, per anzianità, dei Vescovi qui presenti. È un appello affinché tutti portiamo avanti il nostro lavoro d’evangelizzazione con grande umiltà, sapendo che non siamo i primi a lavorare nella vigna del Signore né saremo gli ultimi. Non siamo i primi perché altri, per duemila anni, ci hanno preceduto in questo impegno pastorale. Non siamo nemmeno gli ultimi, perché altri verranno dopo di noi a portare avanti quest’opera, fino al termine della storia umana, quando avremo cieli nuovi e terra nuova (Ap 21, 1).

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ZENIT Staff

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