La fede è un dono di Dio e, al tempo stesso, un libero affidamento nelle Sue mani

Lo ha affermato papa Benedetto XVI nel corso dell’ultima Udienza Generale

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di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 24 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Con l’Udienza Generale di oggi, papa Benedetto XVI ha proseguito il ciclo di catechesi iniziato mercoledì scorso e dedicato all’Anno della Fede.

La riflessione è iniziata, articolandosi su alcuni interrogativi fondamentali: “che cosa è la fede? Ha ancora senso la fede in un mondo in cui scienza e tecnica hanno aperto orizzonti fino a poco tempo fa impensabili? Che cosa significa credere oggi?”.

Benedetto XVI è tornato poi sul concetto di “deserto spirituale” – già espresso durante la messa di apertura dell’Anno della Fede – che cresce intorno a noi, pur “insieme a tanti semi di bene”.

Al giorno d’oggi la sensazione generale è che “il mondo non vada verso la costruzione di una comunità più fraterna e più pacifica” e che “le stesse idee di progresso e di benessere mostrano anche le loro ombre”.

Al tempo stesso, cresce il numero dei “disorientati” e di coloro che cercano “di andare oltre una visione solo orizzontale della realtà”, mostrandosi, così, “disponibili a credere a tutto e al suo contrario”.

Di qui l’emergere di domande primordiali ulteriori, assai più “concrete” di quanto possa sembrare: “che senso ha vivere? C’è un futuro per l’uomo, per noi e per le nuove generazioni? In che direzione orientare le scelte della nostra libertà per un esito buono e felice della vita? Che cosa ci aspetta oltre la soglia della morte?”.

L’uomo, infatti, non è stato creato solamente per la scienza, per il “calcolo esatto”, per la “pianificazione” e nemmeno, a livelli più elementari, per il “pane materiale”. Tutti quanti “abbiamo bisogno di amore, di significato e di speranza, di un fondamento sicuro, di un terreno solido che ci aiuti a vivere con un senso autentico anche nella crisi, nelle oscurità, nelle difficoltà e nei problemi quotidiani”, ha osservato il Papa.

In questo contesto, la fede “non è un semplice assenso intellettuale dell’uomo a delle verità particolari su Dio” ma è un “fiducioso affidarsi a un «Tu», che è Dio”. Con un atto libero, l’uomo si affida a un Dio che è Padre e che ama i suoi figli.

L’amore di Dio verso l’uomo è stato rivelato “senza misura”, attraverso la Croce di Cristo che, fattosi uomo “ci mostra nel modo più luminoso a che punto arriva questo amore, fino al dono di se stesso, fino al sacrificio totale”.

La fede cristiana, quindi, ha proseguito il Pontefice, è “credere a questo amore di Dio che non viene meno di fronte alla malvagità dell’uomo, di fronte al male e alla morte, ma è capace di trasformare ogni forma di schiavitù, donando la possibilità della salvezza”.

Avere fede significa, dunque, incontrare il «Tu» di Dio che “mi sostiene e mi accorda la promessa di un amore indistruttibile che non solo aspira all’eternità, ma la dona; è affidarmi a Dio con l’atteggiamento del bambino, il quale sa bene che tutte le sue difficoltà, tutti i suoi problemi sono al sicuro nel «tu» della madre”.

La “certezza liberante e rassicurante” della fede è qualcosa che dovremmo essere capaci di annunciare “con la parola”, mostrandola “con la nostra vita di cristiani”.

Purtroppo rimane sempre alto il numero di coloro che “rimangono indifferenti o rifiutano di accogliere” l’annuncio cristiano. Di fronte al rischio del disprezzo o dell’irrisione, l’evangelizzatore dovrà sempre essere risoluto, altrimenti, come affermò Sant’Agostino “non abbiamo più nulla da seminare e il giorno della mietitura resteremo senza raccolto”. Bisogna quindi seminare costantemente, poiché la “terra buona” esiste, così come esiste il “seme buono” che porta frutto.

La fede va attinta in primo luogo in Dio stesso: essa è, infatti, un “dono sovrannaturale” che viene da Lui. È impossibile credere “da sé”, senza che pervenga la “grazia dello Spirito Santo”, né si crede da soli ma lo si fa “insieme ai fratelli”.

In conclusione la fede è “dono di Dio, ma è anche atto profondamente libero e umano”, tutt’altro che contrario alla libertà e all’intelligenza dell’uomo che, in tal modo, compie una “scommessa di vita che è come un esodo, cioè un uscire da se stessi, dalle proprie sicurezze, dai propri schemi mentali, per affidarsi all’azione di Dio che ci indica la sua strada per conseguire la vera libertà, la nostra identità umana, la gioia vera del cuore, la pace con tutti”.

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ZENIT Staff

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