ROMA, sabato, 27 ottobre 2012 (ZENIT.org).– Leggiamo per un attimo, nel vangelo di Luca, cosa dice Cristo quando gli stessi apostoli gli chiedono di insegnare loro di pregare: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». Oggi penso che in queste parole ci sia la nostra salvezza. Vi invito ad immaginare cosa potrebbe succedere se, ognuno di noi, mettesse nella sua preghiera quotidiana la forza e la tensione intellettiva e civile, che di solito ripone nelle sue rivendicazioni pubbliche e private o nei progetti da realizzare! Se chiedesse al “Padre”, con tanta energia, di assicurarci il sostentamento quotidiano, difendendolo dalle incertezze e dai soprusi; di incoraggiare la propria redenzione e il perdono verso gli altri; di vincere su ogni tipo di tentazione giornaliera, nonostante le sue multiformi sembianze! Il mondo sarebbe migliore. Cristo, nella risposta ai suoi discepoli, indica questa strada, non altre!
Rispetteremmo così l’ambiente; utilizzeremmo materie compatibili nel costruire grandi impianti industriali, senza poi doverli chiudere per inquinamento doloso, rischiando di licenziare migliaia di persone; eviteremmo così i disastri che nascono da vizi originari, voluti e maldestramente calcolati; gestiremmo con scienza e passione le crisi che comunque potrebbero intervenire, per motivi esterni; amministreremmo la cosa pubblica con equità; avremmo una legislazione in grado di accompagnare il cittadino nel suo percorso etico, contro l’illegalità, la corruzione, la criminalità organizzata; avremo una scuola, una sanità e un welfare, con meno drammi personali e sociali. Ma chi volete che preghi! Di solito, dinnanzi ad una preghiera ci vergogniamo di noi stessi, figuriamoci se dovessimo trasmettere agli altri la sua funzione divina e terrena, attraverso i ruoli occupati nelle varie articolazioni istituzionali.
La preghiera non è certo un bancomat, dove ritirare la “grazia” necessaria, in tempi di recessione, ma un modo di essere e di sentire le relazioni personali e sociali in sintonia con il respiro eterno di Dio. Io sono, tuttavia, ottimista. L’uomo, anche se vive un periodo di oscuro laicismo, ha la possibilità, se solo lo volesse, di risorgere nel suo spirito e riformare, nella giustizia e nell’armonia sociale, la sua vita quotidiana. A questo serve pregare! Non certo ad isolarsi dal mondo, per paura di contagiarsi dai suoi guasti, ma ad uniformare le opere terrene alla sapienza del cielo, per sanare i suoi difetti e per favorire la fratellanza tra gli uomini su questa terra.
Se nelle cose, però, che non procedono per il verso giusto, ci fosse di mezzo, ad esempio, un fatto di natura familiare, sindacale, ambientale, politico, industriale, cosa centrerebbe la preghiera? È vero! La crisi di un sistema è di solito frutto di diverse concause materiali. Ma prima di tutto, non c’è forse l’uomo, al di là del suo ruolo, con la sua umanità? Non c’è forse la sua dimensione etica e spirituale? La preghiera non ha spazio in tutto questo? Vi lascio con un pensiero del mio parroco:
“La preghiera deve durare per tutto il tempo necessario perché il Signore ripari i guasti causati dal nostro peccato e da quelle imperfezioni che sempre danneggiano la nostra umanità. Solo Dio può risanare la vita di ognuno e solo Lui le può dare la sua verità. Se Lui non la risana, perché noi non ci rechiamo alla sua “forgia”, per noi è la fine. La nostra vita rimane sgangherata, disastrata, rotta, incapace di funzionare, priva della sua verità. Il tempo trascorso in preghiera è il più necessario, perché è in esso che la vita si ricompone”.
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Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, collabora con il Ministero dell’Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo La nuova primavera dei giovani.
Chi volesse contattarlo può scrivere al seguente indirizzo email: egidio.chiarella@libero.it