Il Santo ad Adelaide, una festa memorabile

Lo scorso giugno la parrocchia di Payneham, nel sud dell’Australia, ha celebrato sant’Antonio per il 42esimo anno di fila

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Nell’affollata cornice della chiesa Regina della Pace a Payneham, sobborgo di Adelaide nel Sud dell’Australia, lo scorso giugno è andato in scena un appuntamento che da quarantadue anni richiama cattolici da ogni parte del continente. Si tratta della Festa di sant’Antonio di Padova che impegna i fedeli per oltre una settimana, tra preparativi e celebrazioni, e culmina con una messa solenne il 13 giugno, ricorrenza della morte del frate portoghese. Quest’anno a festeggiare sant’Antonio a Payneham, accanto al parroco Allan Winter e al Comitato di sant’Antonio (rappresentato dal presidente Angelo Fantasia), c’era anche padre Riccardo Giacon, un frate padovano doc giunto in Australia assieme a una reliquia del Santo (racchiusa all’interno di un busto dorato). Atterrato per la prima volta in quella che spesso viene superficialmente soprannominata la «terra dei canguri», padre Riccardo ha potuto constatare come l’Australia sia un Paese «ricco di cose belle e naturali, ma anche di tanto affetto per sant’Antonio». Sulla scia di questa forte devozione, la settimana di preparativi in vista della Festa del 13 giugno si è svolta secondo un intenso programma di messe e confessioni. «Per chi in passato ha partecipato alla festa del Santo a Padova, viverla qui fa un effetto particolare», ha spiegato padre Riccardo, 41 anni, che proprio nella città veneta dirige il mensile «Messaggero dei ragazzi», edito dai frati minori conventuali della Basilica del Santo. Non a caso, soprattutto ai giovani, ma anche alle loro famiglie, era rivolta l’omelia che padre Giacon ha tenuto a conclusione della Festa antoniana, domenica 16 giugno, durante la celebrazione liturgica presieduta dall’arcivescovo di Adelaide Philip Wilson nella chiesa Regina della Pace di Payneham.

Padre dei poveri, penna dello Spirito

Nella sua predica padre Riccardo ha ricordato innanzitutto che quest’anno ricorre il 750esimo anniversario dal ritrovamento della lingua incorrotta di sant’Antonio. Era il 1263 quando Bonaventura da Bagnoregio, allora ministro generale dell’ordine dei frati minori, durante la traslazione delle spoglie del frate portoghese dalla chiesetta padovana Santa Maria Mater Domini (dove erano state sepolte trentadue anni prima) nella vicina Basilica appena eretta, alla vista di quell’appendice ancora rosea e compatta esclamò: «Oh lingua benedetta, che hai sempre benedetto il Signore e l’hai fatto benedire da molti altri, ora appare chiaramente quanti meriti hai trovato presso Dio». Dopo essersi soffermato sul significato di questa frase, padre Riccardo ha proseguito l’omelia concentrandosi sul senso più profondo cui il nome Antonio rimanda. «Nei secoli – ha spiegato il frate padovano – il Santo è stato definito in molti modi: “martello degli eretici”, “dottore evangelico”, “arca del Vecchio e Nuovo Testamento”. Noi lo chiamiamo “padre dei poveri e dei sofferenti”, “amico di Dio”. Per alcuni biografi, invece, Antonio è semplicemente la “penna dello Spirito Santo”, una penna, cioè, che è stata intinta nel calamaio della Sacra Scrittura, ovvero nella parola di Dio.

Il Signore ha dato a sant’Antonio il dono di portare la sua parola in tutto il mondo. Noi custodi della sua tomba siamo testimoni delle meraviglie che hanno luogo grazie al Santo. Anche oggi possiamo verificare come egli aiuti le persone a riscrivere le pagine della loro vita». 

Riscrivere la vita grazie ad Antonio

Pensando a tutti coloro che sono stati toccati e soccorsi dallo «spirito antoniano»,  nel suo sermone australiano dello scorso 16 giugno, padre Riccardo ha ricordato la storia di Giulia, una quattordicenne malata di cancro. Entrata un giorno, affranta e sofferente, nella Basilica padovana, la ragazza ne uscì serena e rinfrancata dall’incontro con una donna sconosciuta, che l’aveva incoraggiata a resistere e a guardare oltre la malattia. Prima di morire, Giulia  scrisse una lettera in cui testimoniava la fiducia nel Santo e la convinzione di quanto il Signore le avesse voluto bene. «Sant’Antonio – ha aggiunto padre Riccardo durante l’omelia nella chiesa Regina della Pace a Payneham – ha aiutato Giulia a riscrivere la propria vita. Così ora, con la sua storia, questa ragazza sta ispirando molti altri giovani a pregare; è diventata anche lei una “penna dello Spirito Santo”, tramite l’intercessione e l’insegnamento del Santo». Il bene, dunque, genera bene; è un effetto domino che si propaga e varia da persona a persona,  in base a identità e vocazioni. Unico ingrediente universale e indispensabile a leggere e diffondere la parola di Dio resta il dono dello Spirito Santo. «Il Signore possa illuminarci con lo Spirito Santo – ha concluso la predica padre Riccardo –, affinché tutti noi, ascoltandolo, possiamo trarne parole di grazia, capaci di sostenerci nelle fragilità, e di limitare le amarezze della nostra vita».

Terminate le celebrazioni antoniane a Payneham, la missione australiana di padre Giacon è proseguita, nei giorni seguenti, con una visita pastorale a Port Pirie: da buon messaggero della parola del Santo, anche nella città mineraria a nord di Adelaide padre Riccardo si è fatto testimone di fede e speranza. «La vita cristiana, come ci insegna sant’Antonio, è bella, dà gioia e comunica speranza a tutti» ha concluso il padre, prima di ripartire per il Belpae­se. Se è vero che in Australia, come in Italia, la maggiore preoccupazione delle famiglie riguarda il pericolo di disgregazione del nucleo, la perdita di valori e il futuro dei figli, non dimentichiamo che uno dei più grandi miracoli di sant’Antonio consiste proprio nel saper riunire diverse generazioni in un unico appuntamento: quello del 13 giugno, ancora oggi una delle feste più importanti per la comunità italiana di Adelaide. 

di Michele Giglio

(Articolo tratto dal «Messaggero di sant’Antonio» edizione italiana per l’estero di settembre 2013)

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ZENIT Staff

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