L'utero in affitto: una pratica degradante per la donna

L’appello dei vertici dell’associazione Scienza & Vita

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“Ogni volta che si ricorre alla pratica dell’utero in affitto si svilisce la dignità della donna, si mercifica la maternità, si avalla e si propaga una nuova, terribile, forma di schiavitù”, commentano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, Presidente e copresidente dell’Associazione Scienza & Vita. 

“Il pur naturale desiderio di genitorialità non può e non deve realizzarsi attraverso lo sfruttamento delle donne, piegate dalla povertà a vendere anche il loro bene più prezioso: la facoltà di generare. Non esiste violenza più esecrabile da infliggere a una donna che costringerla a separarsi dal bambino che ha portato in grembo per nove mesi”. 

“Nel tentativo di difendere un diritto che non esiste, quello avere un figlio a tutti i costi, si azzera la dignità dell’esperienza della madre e della vita nascente che finiscono per essere ‘prodotti’ di questa pratica disumanizzante. E’ una ipocrisia sociale raccontare che le madri surrogate sono consenzienti, perché hanno aderito ad un contratto commerciale, così che per loro la gravidanza è un mezzo per sopravvivere. Approfittarsi della povertà, per fare uno strumento del corpo della donna, significa anche contribuire alla deriva nichilista che distrugge una civiltà fondata sull’umanesimo”.

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ZENIT Staff

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