"Sappiamo aspettare il domani di Dio?"

Durante i Vespri presso il monastero delle camaldolesi all’Aventino, papa Francesco indica in Maria “l’icona più espressiva della speranza”

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Maria, madre della Speranza, è stata al centro della meditazione tenuta oggi pomeriggio da papa Francesco durante la sua visita al monastero delle monache camaldolesi all’Aventino, in occasione della Giornata per le claustrali e nell’ambito degli eventi conclusivi dell’Anno della Fede.

Il Santo Padre è arrivato presso il monastero di Sant’Antonio Abate intorno alle 17 a bordo di una Ford Focus, acclamato da un nutrito gruppo di fedeli radunatisi dietro le transenne, fuori dalle mura del monastero.

La visita, durata circa un’ora, ha compreso la celebrazione dei Vespri, con la meditazione del Pontefice, e un colloquio privato con le monache.

Alle 21 religiose, che lo hanno accolto assieme alla abadessa, suor Michela Porcellato, il Santo Padre ha chiesto: “Sappiamo aspettare il domani di Dio, o vogliamo l’oggi?”. E ha poi indicato l’esempio virtuoso della Vergine Maria, colei che, all’annuncio dell’Angelo, avrebbe potuto pensare di essere stata ingannata, quando, in realtà, ha avuto la fiducia di chi “guarda sempre al domani”.

È infatti proprio in Maria, “l’unica lampada accesa al sepolcro di Gesù”: la sua speranza, in quel frangente, è “la speranza dell’umanità”. Il Papa ha quindi rivolto una seconda domanda alle monache: “nei Monasteri è ancora accesa questa lampada?”.

Di seguito il Pontefice ha insistito sulle virtù di Maria, “l’icona più espressiva della speranza cristiana”, da lei espressa già al momento dell’annunciazione dell’Angelo.

Dopo la profezia secondo cui “una spada le avrebbe trafitto il cuore”, Maria “si rende conto che la missione e la stessa identità di quel Figlio superano il suo essere madre” ma nemmeno allora la sua speranza vacilla.

Ciò significa che “la speranza si nutre di ascolto, di contemplazione, di pazienza perché i tempi del Signore maturino”, ha commentato il Papa.

Ai piedi della croce, infine, quando “tutto sembra finito”, Maria è “donna del dolore e al contempo della vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore, che sta per compiersi”.

Da questa sua fede, la Madre di Dio “vede sbocciare il futuro nuovo e attende con speranza il domani di Dio, l’alba del mattino di Pasqua”. In questa Madre cui “dobbiamo molto”, ha proseguito il Pontefice, e che è “presente in ogni momento della storia della salvezza, vediamo una testimonianza solida di speranza”.

Maria, madre di speranza, “ci sostiene nei momenti di buio, di difficoltà, di sconforto, di apparente sconfitta”, ha aggiunto Francesco prima dell’invocazione finale: “Maria, speranza nostra, ci aiuti a fare della nostra vita un’offerta gradita al Padre celeste e un dono gioioso per i nostri fratelli”.

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ZENIT Staff

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