"Nicolò d'Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente", di Francesco d'Alfonso

La vita e l’opera del filosofo e pedagogista calabrese rivive nella penna del suo discendente

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Nel suo saggio Nicolò d’Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente (Apollo Edizioni, 2013), Francesco d’Alfonso, giovane studioso di origini crotonesi, delinea un ritratto a tutto tondo del suo avo in occasione del 160° anniversario della sua nascita avvenuta nel 1853, a Santa Severina, Crotone, e dell’80° della sua morte a Roma, nel 1933. Ottemperando in tal modo ad un dovere di memoria familiare, l’Autore si dimostra peraltro mosso “dal sentimento di giustizia verso un intellettuale troppo a lungo dimenticato, dagli storici come dagli studiosi”, e ci offre un lavoro indiscutibilmente meritevole per il rigore metodologico dell’indagine che lo induce a ripercorrere l’itinerario biografico e intellettuale del personaggio esclusivamente sulla base di fonti d’archivio e ad espungere particolari aneddotici privi di riscontri oggettivi.

Tra gli altri meriti di questo lavoro vanno altresì citati la ricchezza del repertorio iconografico, l’inserimento nelle interessanti Appendici, di un’esauriente bibliografia del d’Alfonso, di recensioni delle sue opere anche in lingua straniera con relativa traduzione, di una testimonianza significativa dell’esprit du temps, come la conclusione dell’orazione commemorativa di d’Alfonso pronunciata nel 1934, infine della riproduzione di numerosi e interessanti documenti. Risultano inoltre di grande interesse per il lettore le pagine dal titolo Nicolò d’Alfonso, pedagogista e filosofo al Magistero di Roma del prof. Furio Pesci, contenenti un persuasivo “ritratto” di un personaggio che non può essere definito come “una figura secondaria nel panorama del suo tempo”.

Le notizie accuratamente riportate da Francesco d’Alfonso ripercorrono la formazione personale e culturale del suo avo che dalla natia Santa Severina si reca per motivi di studio a Catanzaro e poi Napoli dove, per i risultati brillanti, ottiene di iscriversi sia a Medicina che a Filosofia (allievo di De Sanctis e di Spaventa), conseguendo entrambi le lauree nel 1879.

Precocemente interessato alla scrittura saggistica e letteraria, svolge per sei anni la professione di medico e poi vince il concorso per l’insegnamento di Filosofia nei licei. Alcune pubblicazioni in volume e su riviste testimoniano il suo interesse per la psicologia pedagogica e per un’interpretazione particolarmente originale dei personaggi del teatro shakespeariano. Chiamato nel 1890 all’insegnamento di Pedagogia e Filosofia nell’Istituto Superiore Femminile di Magistero, d’Alfonso vi insegna per ben trentaquattro anni, avendo come colleghi ed estimatori Pirandello, Capuana, Montessori.

Inoltre, a seguito del conseguimento della libera docenza, Nicolò d’Alfonso ottiene l’insegnamento di Filosofia teoretica alla “Sapienza”. I suoi interessi vertono sulla letteratura, sulla sociologia, sulle problematiche psicologiche e pedagogiche: scrive anche in inglese e viene conosciuto all’estero, mentre, pur godendo della stima di molti intellettuali, non ottiene in patria la stessa notorietà.

Il 1923 può essere a buon titolo definito l’annus horribilis per d’Alfonso. La riorganizzazione  gentiliana degli Istituti di Magistero riconosceva loro il grado universitario, ma fissava a settant’anni l’età pensionabile per i docenti, stabilita invece a settantacinque nelle altre Facoltà. Per tale motivo gli venne notificato il collocamento a riposo, provvedimento che però non interessò nessun altro dei dodici docenti di ruolo tra Roma e Firenze.

L’Autore ricostruisce ineccepibilmente le motivazioni tutt’altro che limpide della defenestrazione del suo avo, dovute esclusivamente alla necessità di liberare una cattedra di Ordinario di Pedagogia a vantaggio di Giuseppe Lombardo Radice, che godeva dell’amicizia di Gentile, laddove d’Alfonso non poteva contare su appoggi politici. Morì a Roma il 29 novembre 1933.

La dettagliata ricostruzione del suo discendente evidenzia il destino non favorevole di un intellettuale che Luigi Credaro aveva definito “un indipendente, un solitario”. Collocato in una temperie culturale particolare, quella della seconda metà del sec. XIX e dei primi decenni del XX, d’Alfonso, a giudizio di Furio Pesci va considerato un eclettico e nelle sue teorie si rileva il rapporto di continuità tra dimensione biologica e dimensione psichica tipico del Positivismo.

Già durante il suo sviluppo si profilarono tendenze irrazionalistiche all’inizio minoritarie, poi via via preminenti in direzione spiritualistica, che tuttavia non generarono una nuova cultura egemone. Ciò comporta che la vita culturale italiana negli anni in cui d’Alfonso si formò e svolse molta parte della sua attività intellettuale e docente, si presentava ampiamente variegata e che forse a tale aspetto si deve il suo eclettismo, che peraltro secondo Pesci non è particolarmente influenzato da quell’idealismo italiano che ebbe in Croce e Gentile i suoi maggiori esponenti.

Un eclettismo in linea con le tendenze del tempo, che in ogni caso testimonia un’onestà intellettuale, un’indipendenza di giudizio, una singolare attitudine all’attività culturale e pedagogica che motivano quella “riscoperta” di cui questo volume e l’appassionato spirito di ricerca che lo sostiene costituiscono gli indispensabili prolegomeni.

* Francesca Neri è docente di Letteratura italiana e latina, scrittrice e critico letterario

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Francesca Neri

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