Gli eventi ecclesiastici di questi giorni evidenziano la crescente attenzione della Chiesa verso la vita della famiglia, un impegno che avrà il suo culmine nel prossimo Concistoro dei Cardinali a Febbraio e nel Sinodo dei Vescovi ad Ottobre. Allora è lecito porsi varie domande sul significato di queste assemblee, e sulle sfide pastorali che aspettano la Chiesa nei prossimi tempi.
L’emergenza educativa è stato un tema molto caro al Papa emerito Benedetto XVI, il quale ha individuato nell’impoverimento del valore educativo il degrado spirituale e morale della nostra società. La parola educazione significa tirar fuori il meglio dal cuore delle giovani generazioni per orientarli al vero, al bello e al bene.
Quando la famiglia esula dalla sua missione educativa, che basa i suoi cardini sull’insegnamento della disciplina e sulla trasmissione della fede, la vita dei giovani smarrisce il suo senso e va alla ricerca dei paradisi artificiali dell’alcool, della droga, della dipenza eccessiva dai nuovi mezzi di comunicazione. Allora è evidente che il tema della nuova Evangelizzazione deve essere necessariamente legato a quello della famiglia, perchè il padre e la madre, con la testimonianza della loro vita e l’insegnamento delle lore parole, sono chiamati ad essere i primi evangelizzatori per i loro figli.
La famiglia deve riappropiarsi della missione di essere genitrice, culla, e guida della fede dei figli. Non è sufficente per un genitore portare il bambino a ricevere il Sacramento del Battesimo. Questo è solo il primo passo che presuppone la dedizione costante del vivere e del comunicare la fede ricevuta da Dio come dono gratuito. E questo impegno non può essere delegato ai soli preti, alle suore, ai catechisti, altrimenti si cade nella tentazione del clericarismo, ossia nel ritenersi escluso dalla formazione cristiana dei propri figli.
La crescita umana dei figli non può essere separata dalla crescita della fede. Questo è uno dei cardini dell’insegnamento evangelico: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.” (Lc 2, 52). Crescere non vuol dire solo avere più anni, crescere significa accogliere la sapienza e rispondere alle innumerevoli grazie di Dio. Questi sono i principi non negoziabili per una famiglia cristiana.
Invece, nei nostri tempi, si sente parlare di molti genitori che parlano impropiamente di libertà di coscienza: quando mio figlio diventerà grande deciderà lui sul credo da scegliere; se mi separo riuscirò ugualmente ad essere un bravo genitore; se da genitore vivo in altra città durante la settimana, lo faccio per il bene dei figli, così gli assicuro un futuro.
Tutti questi pensieri hanno un unico comune denominatore: questi genitori hanno perso la fede, e di conseguenza non sono capaci di trasmetterla. La fede è prima di tutto relazione con Dio. Chi ha fede prega. e l’orante dialoga ed ascolta Dio. Questo atteggiamento verso Dio si riversa abbondantemente anche nelle relazioni umane. La famiglia è il luogo dove si imparara a vivere, ad ascoltarsi, a perdonarsi, a chiedere e dare consigli, a rimanere in silenzio quando serve e parlare quando è necessario.
Tutto questo si riassume con le tre parole che Papa Francesco ama ripetere riguardo la famiglia: “Permesso, scusa, grazie”. Se in una famiglia salta il rispetto e la considerazione dell’altro (permesso), se non ci si rende conto di avere prevaricato, trascurato o offeso l’altro (scusa), se non si comprende degli enormi benefici che un padre, una madre, un fratello, una sorella portano alla nostra vita (grazie), vuol dire che quella famiglia non gode di buona salute, ha bisogno di essere sostenuta.
Allora come fare a portare la fede nelle famiglie? Cosa serve oggi per ricostruire i legami familiari? Diventare un unica famiglia, famiglie di famiglie, che vive nell’unica casa di Dio, che è la Chiesa, chiamata ad uscire per invitare i soli, gli emarginati e gli esclusi della nostra società. La missione della Chiesa è quella di uscire da se stessi per far entrare qualcun’altro. E’ un uscire non perchè manchi spazio nella Chiesa, ma perchè ad ognuno possa essere riservato quello spazio di solidarietà, di fraternità e di condivisione che renda feconda e gioiosa la nostra vita e quella degli altri.
Questo uscire deve partire dalla famiglia; uscire da se stessi per andare incontro alla moglie, al marito, al figlio, alla figlia, alla sorella, al fratello, al padre, alla madre. La prima chiusura da abbattere è dentro le mura domestiche. Il silenzio, il disinteresse, la delusione, il giudizio, il disprezzo sono piaghe che vanno debellate dentro la famiglia, perchè queste situazioni di disagio sono destinate a riversarsi negli ambiti in cui si è chiamati a vivere. Viceversa, quando un marito è contento della moglie, quando una moglie si sente amata dal marito, quando esiste un dialogo aperto e sincero tra genitori e figli, la famiglia si trasforma in un luogo dove è bello vivere ed è buono rimanerci per prepararsi ad accettare quella specifica missione evangelizzatrice alle quale il Signore chiama ciascuno di noi.