“Certamente Cristo non è stato diviso”, per questo “la divisione tra cristiani” non si può definire in altro modo che uno “scandalo”. Le parole pronunciate oggi da Papa Francesco, durante una piovosa e affollata udienza generale del mercoledì, sono una limpida risposta all’interrogativo posto da San Paolo ai cristiani di Corinto: “È forse diviso il Cristo?”.
Domanda, questa, che è anche il tema ispiratore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani in corso fino a sabato prossimo, festa della Conversione dell’Apostolo delle genti. Una “iniziativa spirituale, quanto mai preziosa” – la definisce il Papa – che da oltre un secolo coinvolge le comunità cristiane e che deve essere sfruttata come “tempo dedicato alla preghiera per l’unità di tutti i battezzati”, alla luce dell’esortazione di Cristo “che tutti siano una sola cosa”.
Oggi, osserva infatti il Pontefice, “dobbiamo riconoscere sinceramente e con dolore che le nostre comunità continuano a vivere divisioni che sono di scandalo”. E questo è un paradosso, perché “il nome di Cristo crea comunione ed unità, non divisione! Lui è venuto per fare comunione fra noi, non per dividerci”.
Le divisioni, insiste Bergoglio, “indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione”, rischiando di “svuotare” la potenza del Battesimo e della Croce, ovvero i due elementi centrali che accomunano tutto il “discepolato cristiano”. L’invito è quindi “a rallegrarci sinceramente delle grazie concesse da Dio ad altri cristiani”, sull’esempio di Paolo che – ricorda il Santo Padre – sa “riconoscere con gioia i doni di Dio presenti in altre comunità”.
“È bello riconoscere la grazia con cui Dio ci benedice”, ribadisce il Vescovo di Roma e, ancora di più, “trovare in altri cristiani qualcosa di cui abbiamo bisogno, qualcosa che potremmo ricevere come un dono dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle”. Il primo passo è dunque “incontrarsi”: un gesto apparentemente banale, ma che spesso diventa un obiettivo difficile da raggiungere. L’incontro, spiega infatti il Papa, “richiede qualcosa di più: richiede molta preghiera, richiede umiltà, richiede riflessione e continua conversione”. Non ci scoraggiamo però, sollecita il Pontefice: “Andiamo avanti su questa strada, pregando per l’unità dei cristiani, perché questo scandalo venga meno e non sia più fra noi”.
Come mercoledì scorso, al momento dei saluti ai fedeli in Piazza San Pietro, Papa Francesco rivolge il suo primo pensiero ai pellegrini in lingua araba, specialmente quelli provenienti dall’Egitto. Per loro, l’auspicio che “la fede non sia un motivo di divisione ma uno strumento di unità e di comunione con Dio e con i fratelli”. “L’invocazione del nome del Signore non sia ragione di chiusura ma via per aprire il cuore all’amore che unisce e arricchisce”, aggiunge Bergoglio. E invita a perseverare nella preghiera, affinché “il Signore conceda l’unità ai cristiani vivendo la differenza come ricchezza; vedendo nell’altro un fratello da accogliere con amore”.
Il Santo Padre saluta poi i partecipanti all’incontro dei Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare, guidato dal cardinale Antonio Maria Vegliò, esortandoli ad essere “voce dei lavoratori che vivono lontani dai loro cari ed affrontano situazioni di pericolo e difficoltà”.
Non manca, a fine udienza, un pensiero per la Conferenza internazionale di sostegno alla pace in Siria, iniziata oggi a Montreux (Svizzera), a cui – ricorda Francesco – faranno seguito i negoziati di Ginevra, a partire del 24 gennaio. La preghiera del Successore di Pietro è una straziante invocazione al Signore affinché “tocchi il cuore di tutti perché, cercando unicamente il maggior bene del popolo siriano, tanto provato, non risparmino alcuno sforzo per giungere con urgenza alla cessazione della violenza e alla fine del conflitto, che ha causato già troppe sofferenze”.
Sofferenze che, tradotte in cifre, sono tre anni di conflitto, oltre 130mila morti e un numero incalcolabile di sfollati. Il Papa chiede pertanto che tutti – fedeli, cittadini e uomini di buona volontà – possano dare il loro contributo per aprire in questa terra martoriata “un cammino deciso di riconciliazione, di concordia e di ricostruzione”. Infine la raccomandazione: “Ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare”.