“Com’è triste il prete che consacra soltanto l’eucaristia e non l’esistenza! Sono consacrato per consacrare la vita, la realtà, la quotidianità. E’ la cosa più grande. Essere prete è un modo di stare nella vita, un modo di esistere, e ci si trova la felicità”. Sono solo alcuni stralci del volume presentato ieri a Torino, nella parrocchia di Santa Rita da Cascia, dal titolo “Preti dalla fine del mondo. Viaggio tra i curas villeros di Bergoglio”, a cura di Silvina Premat della casa editrice EMI.
A presentare il libro, insieme a Luca Rolandi, direttore della Voce del Popolo, don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, e Padre Pepe di Paola, che con il vescovoBergoglio tanto si è impegnato per portare la gioia del vangelo tra quei poveri che il Santo Padre ama chiamare il tesoro della chiesa.
Proprio lui è un curas villeros, un Prete che vive nella miseria delle baraccopoli di Buenos Aires, alle periferie del mondo. Ma i suoi occhi si illuminano quando parla dei suoi fratelli. “Noi siamo contenti di vivere con queste Persone. Stando accanto a loro cresciamo spiritualmente. Nella nostra realtà non esiste distinzione tra fede ed azione: dobbiamo accogliere tutti con molto rispetto di ogni forma di fede, anche, e soprattutto quella popolare, che è molto importante. “
“Cerchiamo di avere una buona relazione con tutti, soprattutto con gli emarginati – continua il sacerdote – Per questo utilizziamo il sistema preventivo di don Bosco: dobbiamo aiutare i bisognosi, ma dopo dobbiamo fare in modo che si integrino nella società. Per questo il nostro lavoro inizia nelle Strade, e termina nella società”.
Grazie a programmi come “i Focolari di Gesù” questi sacerdoti cercano di sconfiggere, con estrema umiltà e non senza intimidazioni, i due problemi che attanagliano le periferie delle metropoli in Argentina: la droga e la contraffazione di armi.
Il 3 aprile 2009 padre Pepe di Paola, insieme agli altri curas villeros, presentò e pubblicò un documento di denuncia contro il traffico di droga nella villa. I narcos risposero minacciando di morte il sacerdote, che nel febbraio 2011 si trasferì in una parrocchia di campagna. Ma dalla fine del 2012 Di Paola è tornato nella periferia dell’area metropolitana di Buenos Aires.
Minacce e intimidazioni ben note a molti altri sacerdoti che hanno lottato contro realtà mafiose nel nostro paese, ha commentato don Ciotti, ricordando padre Diana e don Puglisi, entrambi assassinati perché scomodi.
“Se si vuole capire il retroterra di Papa Francesco, conoscere il passaggio umano e sociale di quella fine del mondo, da cui disse di venire il giorno della sua elezione al soglio pontificio, bisogna leggere questo libro.”
“Gesù ama l’uomo libero, liberato e liberatore, bussa al nostro cuore, ma resta alla porta” – continua il fondatore di Libera. Proprio negli anni 70, epoca del Concilio Vaticano II, inizia l’attività del Preti delle baraccopoli perché la Chiesa vuole sincronizzarsi con il mondo e stare fisicamente vicino al bisognoso”.
Questo testo diventa allora importante per tre motivi principali: per ricordare la storia di padre Carlo Mugica, e con lui tutti quei sacerdoti uccisi dalla mafia, anzitutto, e poi per prendere coscienza dei nostri limiti. Infine, il volume aiuta a stipulare una scommessa educativa per i giovani e con i giovani, con lo spirito dei Santi della carità piemontese.
In tutta questa cornice, Papa Francesco è “un padre putativo”, ad esempio quando dichiara che preferisce una chiesa sporca, rispetto ad una chiesa chiusa e imbellettata. “Nostro dovere è riconoscere la profonda coerenza tra il Bergoglio, vescovo di Buon Aires e Papa Francesco”, ha concluso P.Pepe. “Chi contrasta le riforme e l’opera di Bergoglio oggi è un piccolo gruppo, il popolo riconosce la genuinità del pontefice. Non è la religione l’oppio dei popoli, ma l’ideologia. Quando i sacramenti si uniscono all’azione sociale della Chiesa, la religione diventa motore di una società”.