CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 25 agosto 2005 (ZENIT.org).- Un Officiale della Santa Sede ha illustrato questo giovedì lo spirito di relazione che intercorreva fra la Chiesa cattolica e Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità di Taizé, nato in Svizzera dalla famiglia di un pastore riformato.
Paola Fabrizi, Officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in una intervista concessa alla “Radio Vaticana”, ha delineato i tratti di questa relazione cominciando con il citare la frase conclusiva dell’Enciclica di Giovanni Paolo II sull’ecumenismo, “Ut unum sint” (25 maggio 1995), nella quale il Pontefice chiamava tutti al “sacrificio dell’unità”.
“Io credo che questa sia la chiave interpretativa di Frère Roger Schutz. Lui desiderava molto essere cattolico ma ha vissuto la sua situazione di non appartenente alla Chiesa cattolica come un sacrificio vero per mostrare agli altri come fosse doloroso anche non poter condividere pienamente la chiamata a Cristo”, afferma la Fabrizi.
“Quindi il suo appello era ai giovani perché i giovani, trovandosi insieme a Taizé, si rendessero conto di quanto fosse dolce e importante, vivere insieme la testimonianza di Cristo”, ha poi sottolineato.
“E sarà un testimone senz’altro forse più importante ora che ha dovuto chiudere la sua vita con un altro sacrificio, cioè con una morte drammatica, però una morte che è stata anche un esempio, perchè sono certa che i giovani l’avranno interpretata come uno stimolo a superare la violenza, come uno stimolo a superare le divisioni, come uno stimolo a radunarsi ancora per pregare”, ha aggiunto.
“E’ questo che bisogna salvare nella testimonianza di Frère Roger Schutz: queste migliaia di giovani riuniti insieme, che in tutte le lingue rivolgono spontaneamente al Padre la preghiera dell’unità”, ha infine concluso.