Quella avvenuta lo scorso 3 luglio alla 29esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite di Ginevra è una “vittoria enorme per la famiglia”. Così Family Watch International, organizzazione no-profit nata nel 1999, ha salutato la risoluzione per la protezione della famiglia, approvata con 29 sì, 14 no e 6 astensioni.
Family Watch International ricorda che “è la prima volta nella storia delle Nazioni Unite che una risoluzione globale è stata approvata chiedendo la protezione della famiglia come unità fondamentale della società, riconoscendo il diritto di priorità dei genitori di educare i propri figli invitando tutte le nazioni a creare politiche sensibili per le famiglie e a riconoscere i loro obblighi vincolanti per proteggere la famiglia”. Si è inoltre stabilito che in occasione della prossima sessione sarà organizzata una tavola rotonda sull’argomento.
Il percorso cui si è giunti a questo risultato è stato alquanto impervio. Molti Stati hanno ricevuto e interpretato le istanze delle lobby Lgbt affinché il testo venisse quantomeno mitigato dei suoi riferimenti alla famiglia quale unione tra un uomo e una donna. Diversi sono stati gli emendamenti volti a includere la citazione di tipi di unione tra persone dello stesso sesso. Tutti sono stati però respinti, compreso l’ultimo, presentato dall’Uruguay in extremis, e compreso anche quello del Regno Unito, che aveva il sostegno di Stati Uniti, Germania, Francia, Brasile, Cile, Irlanda e Austria. Anche l’Italia tra i Paesi che hanno votato contro la risoluzione.
Non tutti i Paesi, tuttavia, hanno ceduto alle insistenze esterne. Luis Losada, direttore di alcune campagne della piattaforma CitizenGo, ha sottolineato che Paesi come “Venezuela e Bolivia avevano ricevuto tante pressioni per cambiare il loro voto”, ma è stato “molto positivo” che abbiano mantenuto la propria posizione a favore della famiglia naturale.
Come loro, hanno votato sì alla risoluzione i Paesi africani e quelli del Medio Oriente, oltre a quelli asiatici (ad eccezione di Corea del Sud e Giappone), alla Russia e all’euroasiatico Kazakhstan. Tutti schierati contro, invece, i Paesi europei, con la sola Macedonia che si è astenuta. Nel corso delle votazioni, si è assistito anche a uno scontro verbale che costituisce l’immagine di due mondi contrapposti che hanno difficoltà ad intendersi: la Russia, legata a valori tradizionali, ha condannato l’emendamento volto a includere unioni omosessuali del secolarizzato Regno Unito. Secondo gli emissari russi, l’innesto di un tale emendamento era pericoloso per l’equilibrio del testo originario.
Il vento della secolarizzazione, come testimonia il voto espresso a Ginevra, soffia un po’ in tutto l’Occidente. Sharon Slater, presidente di Family Watch International, rileva a Lifenews che gli Stati Uniti si sono prodigati “con grande energia” per impedire l’approvazione di questo emendamento. Secondo la Slater promuovere l’agenda Lgbt all’estero è diventato “un obiettivo primario della politica estera del nostro Paese”. Il suo riferimento è al fatto che la delegazione americana ha minacciato di sospendere gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo se essi sostengono la famiglia naturale.
Sulla rivista Touchston, del resto, il prof. Allan Carlson, segretario internazionale del World Congress of Families, ha spiegato che sotto l’amministrazione Obama “minacce, tangenti ed estorsioni” destinate a “terre vulnerabili in Africa, Asia, America Latina ed Est Europa” sono diventate strategie regolari al fine di esportare la rivoluzione sessuale.
Il nuovo imperialismo, insomma, avanza sotto l’egida della bandiera arcobaleno. Lo stesso Carlson osserva però che esso non è destinato a trionfare su scala planetaria. Infatti i dibattiti sul genere e sulla sessualità rappresentato meramente il picco d’entusiasmo di un numero piccolo di “elite sradicate, secolarizzate, in gran parte bianche e soprattutto prive di figli”. E il futuro, al contrario, appartiene a chi genera vita.