Discorso del Cardinal Poupard per i 25 anni dalla fondazione del Pontificio Consiglio della Cultura

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 13 giugno 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento pronunciato questo mercoledì dal Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nella giornata commemorativa del XXV° della fondazione di questo Dicastero vaticano.

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  INTRODUZIONE
DI SUA EMINENZA REVERENDISSIMA
IL SIGNOR CARDINALE PAUL POUPARD
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA
E DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
ALLA CELEBRAZIONE DEL
XXV ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA

CITTA’ DEL VATICANO, 13 GIUGNO 2007

Eminenze ed Eccellenze Reverendissime,
Chiarissimo Professore,
Signore e Signori,

1. E’ con grande gioia che vi accolgo nella nuova sede del Dicastero per celebrare quest’oggi, insieme a Voi, il XXV Anniversario della Fondazione del Pontificio Consiglio della Cultura, creato da Sua Santità Giovanni Paolo II, di venerata memoria, con la Lettera Autografa del 20 maggio 1982. Saluto e ringrazio molto cordialmente i Signori Cardinali che ci onorano con la loro presenza, offrendoci una loro preziosa riflessione sulle finalità e sulla missione del Dicastero nei diversi Continenti. Ringrazio, poi, il professor Vincenzo Cappelletti, che interverrà da storico sul rapporto Chiesa e cultura nel III millennio. Porgo, infine, il mio saluto a tutti voi qui presenti, che partecipate a questo giorno di gioia, onorandoci con la vostra presenza.

Vorrei introdurre le riflessioni di questa giornata riandando con la memoria a quell’ormai lontano maggio del 1982, che segna l’inizio del nostro impegno. Ma ritengo utile ricordare, brevemente, gli antefatti della scelta operata da Giovanni Paolo II. Il giovane e dinamico cardinale di Cracovia, Karol Wojtyla, aveva fatto della persona umana, cuore pulsante della cultura, il centro della sua riflessione intellettuale. Ricordavo la settimana scorsa all’Università Cattolica “Giovanni Paolo II”di Lublino, la mia lunga conversazione con Lui su questo argomento 35 anni or sono. Eletto Papa, nella sua prima Enciclica, Redemptor hominis, afferma decisamente “l’uomo è il cammino della Chiesa”.

Da questa rinnovata e profonda attenzione all’uomo, e alla sua esistenza concreta, scaturisce la convinzione che “la cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l’uomo” (Discorso all’UNESCO, Parigi, 2 Giugno 1980). Il centro di ogni cultura è l’uomo e si può misurare l’altezza morale di una cultura e delle sue realizzazioni dall’immagine dell’uomo che appare in essa. Giovanni Paolo II pone l’uomo e la sua cultura al centro delle sue riflessioni e dei suoi interventi, al centro della sollecitudine della Chiesa, in ogni parte del mondo e negli ambienti più diversi.

Propone, così, la centralità di questo tema al Collegio dei Cardinali riuniti in Assemblea Plenaria, il 9 novembre 1979, ai quali rivolge queste significative parole: “Non vi è poi sfuggito l’interesse che personalmente, e con l’aiuto dei miei diretti collaboratori, io intendo dedicare ai problemi della cultura, della scienza e dell’arte… A questo scopo mirano le sollecitudini e le prospettive… per lo sviluppo di questo campo vitale, sul quale si gioca il destino della Chiesa e del mondo in questo scorcio finale del nostro secolo”.

Soltanto pochi mesi dopo, in Africa, il 7 maggio 1980, parlando ai Vescovi del Kenya, riuniti a Nairobi, così afferma: “L’acculturazione o inculturazione, che voi a ragione promuovete, sarà realmente un riflesso dell’Incarnazione del Verbo, quando una cultura, trasformata e rigenerata dal Vangelo, produce dalla sua propria viva tradizione espressioni originali di vita, di celebrazione, di pensiero cristiani”.

Decisiva, poi, è la visita compiuta a Parigi nel giugno del 1980. In quell’occasione ho avuto la gioia ed il grande onore di accoglierlo all’Institut Catholique, di cui ero allora Rettore. Ed ho avuto la fortuna di ascoltare il memorabile discorso tenuto all’UNESCO, il 2 giugno 1980, in cui Giovanni Paolo II pronuncia un vero, profondo elogio della cultura, salutato con emozione dalla eccezionale platea internazionale: “La cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, ‘è’ di più, accede di più all’essere”.

2. Raccogliendo, dunque, la ricca e preziosa eredità di Paolo VI e del Concilio Ecumenico Vaticano II, Giovanni Paolo II crea il Pontificio Consiglio per la Cultura con la Lettera autografa al Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli, del 20 maggio 1982 (AAS, 74 [1982] 683-688). In essa abbiamo la nostra Magna Charta del Dicastero, la nostra costituzione, il quadro di riferimento con le linee guida che ci hanno orientato nei venticinque anni di vita del Consiglio. Per questo vorrei rileggerla insieme a Voi, per verificare la sua attuazione e realizzazione attraverso le molteplici iniziative promosse nel quarto di secolo appena trascorso. Sin dall’incipit della Lettera il Santo Padre esprime solennemente quanto aveva già precedentemente accennato, cioè il suo profondo e motivato interesse per la cultura. Così, infatti, si apre la Lettera:

«Fin dall’inizio del mio Pontificato, ho ritenuto che il dialogo della Chiesa con le culture del nostro tempo fosse un campo vitale, nel quale è in gioco il destino del mondo in questo scorcio del secolo XX. Esiste infatti una dimensione fondamentale, in grado di consolidare o di scuotere fin dalle fondamenta i sistemi che strutturano l’insieme dell’umanità, e di liberare l’esistenza umana, individuale e colletiva, dalle minacce che pesano su di essa. Questa dimensione fondamentale è l’uomo, nella sua integralità. Ora l’uomo vive una vita pienamente umana grazie alla cultura».

A distanza di venticinque anni, ormai entrati nel III millennio, ci rendiamo conto dell’importanza storica di quelle parole, e della profonda intuizione che le animava. Ci accorgiamo pure della loro carica profetica, della loro forza intrinseca, che ha certo contribuito a quei cambiamenti epocali che si sono verificati soprattutto negli anni ’80 del XX secolo, e che si possono esemplificare nell’evento più emblematico, la caduta del Muro di Berlino.

Giovanni Paolo II, facendo dunque proprie le proposte conciliari, contenute essenzialmente nella Costituzione Pastorale Gaudium et spes, e quelle emerse nel Sinodo dei Vescovi del 1974 sull’Evangelizzazione, e poi riproposte dal Servo di Dio Paolo VI nell’Esortazione Apostolica Evangeli Nuntiandi, proclama “il legame organico e costitutivo che esiste tra il cristianesimo e la cultura, con l’uomo nella sua stessa umanità”, da cui scaturisce, come conseguenza necessaria, “un’azione pastorale attenta e lungimirante della Chiesa riguardo alla cultura, in particolare riguardo a quella che viene chiamata ‘cultura viva’, cioè l’insieme dei principi e dei valori che costituiscono l’ethos di un popolo”.

Il Santo Padre propone quindi quell’affermazione ormai famosa, tanto lapidaria quanto densa e profonda, che ha illuminato il nostro cammino in tutti questi anni: “La sintesi tra cultura e fede non è solo un’esigenza della cultura, ma anche della fede… Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”. Tale affermazione così pregnante conserva ancora oggi tutta la sua attualità e la sua urgenza. Nonostante i notevoli passi che sono stati compiuti in tal senso e la consapevolezza crescente, nella comunità ecclesiale, della necessità di un continuo dialogo finalizzato alla ricerca della sintesi tra cultura e fede, molto rimane da fare, giacchè non sono poche le resistenze ad un processo di profondo cambiamento, interiore ed esteriore, personale e comunitario, in cui la fede sia veramente e pienamente accolta, interamente pensata e fedelmente vissuta.

Gli accesi dibattiti sulla laicità che investono soprattutto le società e le Chiese dell’Europa, come pure i progetti, talvolta problematici, di evangelizzazio
ne delle culture e di inculturazione del Vangelo proposti, ad esempio, in America Latina, non possono non tener conto di una simile affermazione, con cui ogni cristiano ed ogni Chiesa locale deve continuamente confrontarsi.

La vita della Chiesa, e dunque l’itinerario di fede dei credenti, non può essere vissuta al di fuori o ai margini, magari in parallelo, della vita quotidiana e della cultura di un Popolo, di una Nazione. Il dinamismo dell’Incarnazione ci chiede di vivere e di esprimere la nostra fede rimanendo pienamente inseriti nella cultura e nella realtà che ci circonda per annunciare il Vangelo della vita, dell’amore, della speranza, anzi facendo sì che la fede “diventi cultura”, sappia illuminare e ispirare profondamente l’ethos dei popoli, donandogli quell’anima e quei valori essenziali senza i quali ogni realtà, ogni istituzione rischia di diventare disumana, oltre che inutile.

Giovanni Paolo II ci ricorda, inoltre, che la ricerca di un nuovo umanesimo per il nostro tempo ha come punto di partenza proprio l’incontro delle culture ed il dialogo tra queste e la fede. Da queste finalità e da queste convinzioni nasce la volontà del Pontefice di creare il Consiglio della Cultura: “Per questo ho deciso di fondare e di istituire un Consiglio per la Cultura, capace di dare a tutta la Chiesa un impulso comune nell’incontro, continuamente rinnovato, del messaggio salvifico del Vangelo con la pluralità delle culture, nella diversità dei popoli, ai quale deve portare i suoi frutti di grazia”.

Il Santo Padre, ribadendo poi la convinzione che “la Chiesa non si pone di fronte alla culture dall’esterno, bensì dal di dentro, come un fermento, a motivo del legame organico e costitutivo che strettamente le unisce”, disegna i compiti del nuovo Consiglio il quale, “in spirito ecumenico e fraterno, promuovendo anche il dialogo con le religioni non cristiane e con individui e gruppi che non si richiamano ad alcuna religione”, dovrà farsi carico delle aspirazioni culturali della società, esplorando le nuove vie del dialogo culturale.

Tra gli obiettivi primari il Santo Padre addita inanzitutto quello di testimoniare il “profondo interesse che la Santa Sede presta al progresso della cultura e del dialogo fecondo delle culture, come pure al loro benefico incontro col Vangelo”. Non secondario quello di “dialogare con le Conferenze episcopali, anche allo scopo di fare beneficiare tutta la Chiesa delle ricerche, iniziative, realizzazioni e creazioni che permettono alle Chiese locali un’attiva presenza nel proprio ambiente culturale”.

Non mi soffermo ad elencare i molteplici compiti che il Santo Padre assegna al Pontificio Consiglio della Cultura, vorrei piuttosto ricordare gli eventi più importanti realizzati in questi venticinque anni, attraverso i quali abbiamo cercato di attuare quanto il Santo Padre, nella Lettera di Fondazione, ci ha chiesto di realizzare. Non dimentichiamo, però, un momento altrettanto importante nella vita del Pontificio Consiglio della Cultura, che ha ampliato ulteriormente la sfera d’interesse e di impegno del Dicastero. Lo stesso Giovanni Paolo II, con la Lettera in forma di Motu proprio Inde a Pontificatus del 25 marzo 1993, unisce il Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti al Pontificio Consiglio per la Cultura, per formare così un unico organismo che prende il nome di Pontificio Consiglio della Cultura, e che deve farsi carico, in maniera ancora più esplicita, del dialogo con quanti, pur lontani o indifferenti ad una esperienza religiosa, hanno a cuore le sorti dell’umanità.

3. Tra i principali momenti che hanno contraddistinto l’impegno del Dicastero, troviamo innanzitutto le Assemblee Plenarie, in cui i Membri, con il contributo dei Consultori provenienti da tutti i Continenti, si ritrovano per affrontare le tematiche culturali che maggiormente interessano la vita e la missione della Chiesa. Nella prima fase di vita del Dicastero le Assemblee Plenarie hanno avuto una cadenza annuale, quindi, a partire dalla fusione dei due Consigli, si sono svolte ogni due anni. Ricordo brevemente le ultime Assemblee.

Dall’Assemblea Plenaria svoltasi esattamente dieci anni fa, nel 1997, è scaturito il Documento “Per una Pastorale della Cultura” in cui sono esemplificate le linee portanti dell’azione del Pontificio Consiglio della Cultura. Nel 1999 la Plenaria, in linea con la preparazione al Grande Giubileo del 2000, si svolse sul tema: “Per un umanesimo cristiano all’alba del nuovo millennio”. La prima assemblea del III Millennio si è svolta nel 2002 per approfondire una tematica quanto mai urgente: “Trasmettere la fede al cuore delle culture”. Nel 2004, dopo dieci anni dalla fusione dei due Consigli, le riflessioni di Membri e Consultori sono state focalizzate sul tema “La Fede cristiana all’alba del nuovo millennio e la sfida della non credenza e dell’indifferenza religiosa”. Infine nell’ultima Plenaria, svoltasi nel marzo 2006, abbiamo approfondito una problematica particolarmente cara a Sua Santità Benedetto XVI “La Via pulchritudinis, cammino di evangelizzazione e di dialogo”. Ora ci stiamo preparando alla prossima Assemblea, che si terrà nella primavera del 2008 e verterà sul fenomeno della secolarizzazione, anch’esso tema ricorrente nelle parole e nelle preoccupazioni del Santo Padre.

Gli interventi dei partecipanti a queste Assemblee, diffusi attraverso la pubblicazione in diverse lingue, hanno offerto a tutte le Chiese e ai loro Pastori occasioni di riflessione e di approfondimento delle problematiche più importanti ed attuali, con un taglio essenzialmente pastorale e mirato ad una azione concreta, da assumere e realizzare a seconda del contesto culturale ed ecclesiale. Con i Pastori delle Chiese dei cinque continenti ci si è, poi, confrontati in occasione delle Visite ad limina, vissute come momenti utilissimi sia per ascoltare e conoscere esperienze, problemi ed esigenze dei singoli Pastori, sia per proporre e promuovere una più efficace pastorale della cultura nelle Diocesi e nelle diverse aree culturali.

Proprio per far sì che la pastorale della cultura entrasse nel vivo dell’azione della Chiesa a qualsiasi latitudine o in qualsiasi ambito geografico e culturale, il Pontificio Consiglio della Cultura, nella persona del Presidente, del Segretario o di altri collaboratori, ha organizzato innumerevoli incontri e conferenze di vario tipo che hanno toccato tutte le aree geografiche, linguistiche e culturali. A tal proposito risultano davvero utili e importanti gli incontri continentali o per aree culturali, in cui Membri e Consultori del Dicastero si confrontano su tematiche più specifiche, e più vicine alle situazioni locali.

A questi appuntamenti periodici si abbinano spesso incontri con Seminari o Istituti di formazione, Università, Centri Culturali Cattolici. Proprio i Centri Culturali Cattolici rappresentano un altro polo di interesse per il Dicastero. Tanto si è fatto in questi anni per sollecitarne la creazione o per incrementare lo sviluppo di queste realtà che, pur diversissime tra di loro, svolgono una preziosa opera di collegamento tra la Chiesa, il mondo della cultura e delle arti e la società, promuovendo occasioni di formazione, di aggiornamento, di dialogo aperto con tutti sulle problematiche più utili ed urgenti. E’ giunto ormai alla IV edizione il nostro Elenco Internazionale dei Centri Culturali Cattolici, pubblicato nel 2005. Nel 2003, poi, in collaborazione col Servizio Nazionale del Progetto Culturale della CEI, abbiamo pubblicato un Vademecum dei Centri Culturali Cattolici, già tradotto in diverse lingue.

Altro polo di impegno sempre crescente è rappresentato dal dialogo fede e ragione, fede e scienza, attuato attraverso il Progetto STOQ (Science, Theology and the Ontological Quest), nato in seguito al Giubileo degli Scienziati, e che coinvolge ormai, in un prestigioso e fecondo programma di ricerca e di studio post-lauream, sei Pontificie Università romane.
Sono già stati pubblicati quattro importanti volumi, presentati il mese scorso ad esponenti specializzati delle comunicazioni sociali.

Non posso ora ricordare tutte le pubblicazioni prodotte dal Pontificio Consiglio della Cultura, in cui vengono normalmente raccolti gli Atti di Convegni, Simposi ed Incontri di vario genere, nelle lingue più diverse, dall’arabo allo sloveno. Le più significative sono presentate sul retro della copertina della Rivista trimestrale del Dicastero. Mi limito a ricordarne solo alcune, a mo’ di esempio.

Il volume dal titolo Cristo sorgente di una nuova cultura per l’Europa alle soglie del terzo millennio raccoglie gli interessanti contributi del secondo Simposio presinodale, svoltosi nel gennaio 1999 in preparazione al Sinodo dei Vescovi sull’Europa. Un primo Simposio presinodale, centrato su temi culturali, si era già svolto nel 1991, su richiesta pressante di Giovanni Paolo II, e gli Atti sono raccolti nel volume Cristianesimo e Cultura in Europa. Memoria, Coscienza, Progetto, pubblicato in sette lingue europee dell’Est e dell’Ovest, dal russo al portoghese. Questi interventi, riportati poi nelle discussioni sinodali, hanno contribuito a far maggiormente risaltare, nelle Esortazioni Apostoliche post sinodali, i temi e le proposte culturali.

Il volume L’uomo alla ricerca della verità. Filosofia, scienza, teologia: prospettive per il terzo millennio</i> raccoglie, invece, i contributi dell’importante incontro tenutosi in Vaticano a maggio del 2000, in occasione del Giubileo degli Scienziati, e pubblicati per prima negli Stati Uniti. Ricordo, infine, l’opera Fede e cultura. Antologia di testi del Magistero Pontificio da Leone XIII a Giovanni Paolo II, pubblicato in occasione del XXV di Pontificato di Giovanni Paolo II (LEV 2003, pp. 1574).

Accanto alle numerose pubblicazioni è doveroso ricordare anche la nostra Rivista, Cultures et Foi – Cultures and Faith – Culturas y Fe – Culture e Fede, attraverso la quale proponiamo una selezione dei testi del Santo Padre, interventi del Cardinale Presidente, di Membri e Consultori o di altri autorevoli esponenti della cultura cattolica, nonché un nutrito panorama di aggiornamenti, notizie e cronache di avvenimenti culturali ed artistici, il tutto distribuito nel quadro classico: Documenta, Studia, Miscellanea, Plenaria, Pontificiae Academiae, Symposia, Catholicae Culturae Sedes, Notitiae, Libri, Synthesis.

Per quanto riguarda il mondo dell’arte e degli artisti, il Pontificio Consiglio della Cultura promuove e incoraggia moltissime iniziative, concedendo il proprio Patrocinio o facendosi partner nella realizzazione di eventi particolarmente importanti e qualificati. Mostre, esposizioni, concerti, pubblicazioni a carattere artistico sono stati realizzati grazie all’incoraggiamento e al sostegno offerto dal Dicastero il quale, ad esempio, organizza già da otto anni, una giornata sulla Letteratura del ‘900 nel suo rapporto col Cattolicesimo, come pure un Festival del Cinema Spirituale, a cui è sempre collegato un Convegno, tenuto in una università romana.

Il Pontificio Consiglio della Cultura segue e promuove numerose altre iniziative anche attraverso l’azione delle sette Pontificie Accademie che ad esso fanno capo, riunite nel Consiglio di Coordinamento tra Accademie Pontificie. Lo stesso organismo promuove l’annuale Premio delle Pontificie Accademie, assegnato dal Santo Padre a giovani studiosi, ad artisti o a istituzioni che contribuiscono fattivamente alla promozione di un nuovo umanesimo cristiano.

Anche a livello di rapporti con Istituzioni internazionali, il Pontificio Consiglio della Cultura non manca di farsi presente nelle sedi opportune, a cominciare dall’Unesco e dal Consiglio d’Europa, a richiesta della Segreteria di Stato, per rappresentare la Santa Sede e manifestare il pensiero della Chiesa Cattolica riguardo alle principali questioni di carattere culturale. A tal proposito sono sempre intensi e proficui i rapporti con gli Ambasciatori dei Paesi accreditati presso la Santa Sede, certamente utili, oltre che per la reciproca conoscenza, anche per promuovere e realizzare iniziative valide e significative nei rispettivi Paesi.

Concludo

Quando, a fine anno, siamo chiamati a trasmettere le informazioni relative all’attività del Dicastero e di tutti i suoi componenti per la pubblicazione Attività della Santa Sede, ci accorgiamo che di anno in anno cresce, quasi in maniera esponenziale, la quantità e, credo, anche la qualità degli impegni e delle attività realizzate. Questo significa che si sviluppa continuamente la consapevolezza che la missione della Chiesa non può fare a meno della dimensione culturale, che non si può credere senza confrontarsi con la cultura, senza interagire con le culture, senza trasformare in cultura, in ethos vissuto, la fede, ciò che si crede e si professa. Il lavoro svolto talvolta a fatica, con pochi mezzi ed in silenzio per tanti anni comincia a produrre i risultati sperati, a creare una coscienza sempre più ampia dell’impegno culturale strettamente connesso alla missione della Chiesa.

Certo! Molto rimane ancora da fare, affinchè le Chiese locali ed i loro Pastori si rendano pienamente consapevoli delle sfide poste loro dalle nuove situazioni culturali e sappiano affrontarle in maniera adeguata, vivendole come una rinnovata occasione, come nuovi campi di evangelizzazione: culture ampiamente secolarizzate in Europa, America del Nord, Australia; culture profondamente segnate da religioni e saggezze non cristiane in Africa e Asia; culture modellate in profondità dal messaggio evangelico ed ora in preda ad una penetrante ed invadente cultura materialistica nelle grandi megalopoli dell’America Latina, come abbiamo avuto modo di constatare durante tre settimane di maggio con i vescovi nell’Assemblea Generale del CELAM, alla luce del Discorso introduttivo pronunciato dal Santo Padre Benedetto XVI ad Aparecida.

Il Sommo Pontefice non cessa di incoraggiarci nella nostra missione, invitandoci a cogliere nei fenomeni culturali e sociali del nostro tempo, a cominciare proprio da quello della secolarizzazione, continue e rinnovate occasioni per una testimonianza ancora più chiara e coraggiosa, in cui risplenda la luce e la forza di Cristo Risorto, in cui Dio ha voluto rivelare il suo grande Amore per l’uomo. Mi piace concludere il mio intervento citando alcune espressioni del Santo Padre, tratte dall’Esortazione Apostolica post sinodale Sacramentum caritatis. Al n. 78, dedicato al tema “Eucaristia ed evangelizzazione delle culture”, Benedetto XVI afferma: “Il Mistero eucaristico ci mette in dialogo con le differenti culture, ma anche in un certo senso le sfida… La presenza di Gesù Cristo e l’effusione dello Spirito Santo sono eventi che possono stabilmente confrontarsi con ogni realtà culturale, per fermentarla evangelicamente. Ciò comporta conseguentemente l’impegno di promuovere con convinzione l’evangelizzazione delle culture, nella consapevolezza che Cristo stesso è la verità di ogni uomo e di tutta la storia umana”.

Il Signore Risorto, speranza dell’umanità, ci incoraggi e ci sostenga sempre nel nostro impegno quotidiano a servizio del suo Vangelo, del Santo Padre e di tutta la Chiesa, pellegrina nelle culture del mondo.

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ZENIT Staff

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