“Dio è amore”, speranza nel cammino ecumenico, afferma il Papa

Chiudendo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 26 gennaio 2006 (ZENIT.org).- La convinzione che “Dio è amore” permette di sperare nel fatto che un giorno i cristiani supereranno le attuali divisioni, ha affermato questo mercoledì pomeriggio Benedetto XVI chiudendo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.

“Dio è amore. Su questa solida roccia poggia tutta intera la fede della Chiesa. In particolare, si basa su di essa la paziente ricerca della piena comunione tra tutti i discepoli di Cristo”, ha osservato il Santo Padre.

“Fissando lo sguardo su questa verità, culmine della divina rivelazione, le divisioni, pur mantenendo la loro dolorosa gravità, appaiono superabili e non ci scoraggiano”, ha aggiunto.

Ascoltavano il Papa, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, rappresentanti delle varie confessioni cristiane, tra i quali 150 delegati di Chiese, Conferenze episcopali, comunità e organismi ecumenici che formano la Commissione preparatoria della III Assemblea Ecumenica Europea, riunita in questi giorni a Roma, prima tappa di un itinerario spirituale che avrà il suo culmine a Sibiu, in Romania, nel settembre 2007.

Alcune ore prima era stata pubblicata la prima enciclica di questo pontificato, “Deus caritas est” (“Dio è amore”), e il Santo Padre ha approfittato dell’omelia di questi Vespri per offrire la visione ecumenica implicita nel testo.

Benedetto XVI ha invitato a concepire “tutto il cammino ecumenico nella luce dell’amore di Dio, dell’Amore che è Dio”.

“Se già sotto il profilo umano l’amore si manifesta come una forza invincibile, che cosa dobbiamo dire noi, che ‘abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi’ (1 Gv 4,16)?”, ha chiesto.

“L’amore vero non annulla le legittime differenze, ma le armonizza in una superiore unità, che non viene imposta dall’esterno, ma che dall’interno dà forma, per così dire, all’insieme”, ha sottolineato.

“E’ il mistero della comunione, che, come unisce l’uomo e la donna in quella comunità d’amore e di vita che è il matrimonio, così forma la Chiesa quale comunità d’amore, componendo in unità una multiforme ricchezza di doni, di tradizioni”.

“Al servizio di tale unità d’amore è posta la Chiesa di Roma che, secondo l’espressione di sant’Ignazio di Antiochia, ‘presiede alla carità’ (Ad Rom 1,1)”.

Davanti ai rappresentanti ecumenici, il Papa ha rinnovato “l’affidamento a Dio del mio peculiare ministero petrino, invocando su di esso la luce e la forza dello Spirito Santo, affinché favorisca sempre la fraterna comunione tra tutti i cristiani”.

Con questo spirito, ha invitato tutti i presenti a pregare insieme per l’unità, perché “il chiedere insieme segna già un passo verso l’unità tra coloro che chiedono”.

“Ciò non significa certamente che la risposta di Dio venga in qualche modo determinata dalla nostra domanda. Lo sappiamo bene: l’auspicato compimento dell’unità dipende in primo luogo dalla volontà di Dio, il cui disegno e la cui generosità superano la comprensione dell’uomo e le sue stesse richieste ed attese”.

“Contando proprio sulla bontà divina, intensifichiamo la nostra preghiera comune per l’unità, che è un mezzo necessario e quanto mai efficace”, ha assicurato.

A Giovanni Paolo II piaceva chiudere la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani – come ha fatto mercoledì Benedetto XVI – nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura perché in questo tempio Giovanni XXIII convocò nel 1959 il Concilio Vaticano II.

Come ha ricordato il Papa stesso nella sua omelia, in questa Basilica, il 5 dicembre del 1965, Paolo VI “celebrò la prima preghiera comune, a conclusione del Concilio Vaticano II, con la solenne presenza dei Padri conciliari e la partecipazione attiva degli Osservatori delle altre Chiese e Comunità ecclesiali”.

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ZENIT Staff

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