Dalla Sardegna il Papa invita ad uscire dall'isolamento

Solo un uomo del “Terzo Mondo”, abituato a fare i conti con l’eredità del colonialismo, può capire in particolare i Sardi

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Dopo Lampedusa, il Papa si reca in un’altra isola continuando il suo pellegrinaggio nel Bel Paese di cui è il Primate. Papa Bergoglio poteva recarsi in Piemonte, da dove proveniva suo padre, o in Liguria, di dove era originaria sua madre, oppure ancora a Milano, la “capitale economica” della nazione, sede della grande diocesi ambrosiana che fa quasi da contraltare a Roma.

E’ invece andato in Sardegna, certamente nel ricordo della Madonna di Bonaria, il cui culto – diffuso nell’intero Mediterraneo – ispirò Pedro de Mendoza nella scelta del nome per la città capitale della Colonia della Plata, ma soprattutto perché un uomo del “Terzo Mondo”, abituato a fare i conti con l’eredità del colonialismo, dichiarato o indiretto, può capire in particolare i Sardi, e vicendevolmente può essere capito da loro.

Un figlio dell’Isola, Francesco Cossiga volle la bandiera dei Quattro Mori sulla sua bara insieme con quella dell’Italia; diceva che il suo popolo era il contrario speculare degli Svizzeri: gli Elvetici, senza essere una nazione, vollero costituire uno Stato, mentre i Sardi, che costituiscono una Nazione, non lo hanno mai voluto.

Non lo hanno voluto, malgrado la loro ingiusta e umiliante condizione di colonia interna, inflitta all’Isola da diversi Stati regionali italiani, e poi soprattutto dello Stato unitario; questo li ha portati – nel corso della storia – a dare molto più di quanto hanno ricevuto: all’Italia hanno contribuito con il sangue, con il sudore, con la cultura, ma soprattutto con l’assoluta lealtà.

Questo, però, rende più dura l’ingiustizia subita.

Proprio di qui è partito nella sua omelia, Papa Francesco, ricordando i dolori degli isolani: le difficoltà per guadagnarsi il pane a casa loro, l’abbandono da parte del potere centrale e l’emigrazione; quella emigrazione che fa parte della sua storia di famiglia.

Naturalmente, il Papa ha anche detto, giustamente, di essersi recato in Sardegna per rafforzare gli isolani nella fede: e che cos’altro d’altronde può restare loro, tra tanti dolori e tante prove?

Dopo il saluto e la premessa, però, il Vescovo di Roma è ritornato all’abituale scansione ternaria delle sue omelie, riferendola questa volta alla persona della Vergine: Maria prega insieme con gli Apostoli, dimostrando la sua fiducia in Dio; a Maria è rivolto l’ultimo sguardo di Gesù sulla Croce, quando l’affida a San Giovanni; soprattutto, però Maria guarda con misericordia verso tutti noi Cristiani, suoi figli.

Qui il Papa lascia di nuovo la meditazione esclusivamente religiosa per dire ai Sardi e a noi tutti – con toni di una severità per lui inusuale, in cui ravvisiamo la traccia dell’evangelico “maledetto l’uomo che crede nell’uomo” – che non dobbiamo fidarci di chi pretende di interporsi tra noi e la Madonna, tra noi e Dio suo Figlio.

Soltanto la fraternità e la solidarietà tra gli uomini può salvarci, non ci dobbiamo rimettere a quelli che Bergoglio definisce espressamente con il termine di “parolai”.

Certamente in nessun luogo d’Italia, più e meglio che in Sardegna, queste parole possono essere colte nel loro vero significato: quante volte i Sardi sono stati ingannati dai politicanti e dagli affaristi venuti dal Continente!

Nel momento in cui il Papa dice ad esso che possono contare soltanto sulle proprie forze, egli esalta però due grandi doti dei Sardi: la fede da un lato, e la fierezza della loro identità dall’altro.

L’America Latina indipendente, come il Papa argentino sa bene, nacque da una sua scelta che prevalse nell’incontro di Guayaquil del 1822 su quella opposta di San Martìn, il quale – preoccupato della legittimità dei nuovi Stati – intendeva importare dei Principi dall’Europa.

La fede e la democrazia, la fede e l’autodeterminazione dei popoli trovano dunquenel pensiero di Bergoglio la loro conciliazione e la loro sintesi.

Mutatis mutando, potremmo dire che il pensiero di Papa Bergoglio ha cavalcato Barbagia, Gennargentu e Iglesiente, come Bolivar che nel suo Continente, quello americano, è chiamato “Il Cavaliere”. La leggenda racconta che fantasma del suo cavallo, il “Cavallo della Vacca Marrone”, corre ancora sui “Llanos”, gli altipiani del Venezuela.

Ancorati nella memoria del passato che significa identità di un popolo, il Papa ha offerto parole d’incoraggiamento. 

Sotto lo sguardo della Madonna che ci aiuta a guardarci tra noi in modo fraterno, non siamo soli, ma siamo un popolo. 

Il pontefice ha ricordato che ci sono persone che istintivamente consideriamo di meno e che invece ne hanno più bisogno: i più abbandonati, i malati, coloro che non hanno di che vivere, coloro che non conoscono Gesù, i giovani che sono in difficoltà, i giovani che non trovano lavoro. 

Raccomandando i Sardi alla Santa Patrona dell’isola il Papa ha concluso l’omelia invocando, in lingua vernacolare, l’assistenza di Maria: “Nostra Segnora ‘e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida!

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Alfonso Maria Bruno

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