di Salvatore Cernuzio
CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 26 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Un messaggio comunionale che riflette una Chiesa viva, pronta a raccogliere le sfide e le problematiche del nostro tempo. Così il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, ha presentato stamane in Sala Stampa vaticana, il Messaggio conclusivo del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, insieme all’arcivescovo di Manila, mons. Luis Antonio Tagle, nominato da poco cardinale dal Papa, e all’arcivescovo di Montpellier, segretario generale del Sinodo, mons. Pierre Marie Carré.
Il documento, ha spiegato Betori, è frutto di un cammino di comunione di tutti i 262 vescovi partecipanti alla grande assise sinodale, che non prevede dunque alcuna dialettica, né rottura. “Le procedure democratiche dividono creando una maggioranza e una minoranza – ha detto – la Chiesa segue invece procedure comunionali che non provocano spaccature ma danno voce a tutti”.
Il testo è stato elaborato nei giorni scorsi da una commissione presieduta dal porporato, coadiuvato dal vice-presidente Tagle e dal francese Carré, i quali lo hanno affiancato oggi in conferenza stampa rispondendo alle domande spesso critiche dei giornalisti che hanno messo in discussione l’efficacia e la lunghezza del messaggio.
Un cronista, infatti, ha osservato durante la conferenza che il nuntius (nome latino per il testo dell’assemblea) è troppo lungo per essere effettivamente letto dal “popolo di Dio” al quale si indirizza. Betori ha risposto svelando che lui stesso inizialmente aveva avanzato la proposta di un documento di circa 3-4 pagine. Tuttavia, ha spiegato, il numero e la preziosità degli interventi in aula, oltre che il tipo di argomento “che parla della missione stessa della Chiesa in quanto tale”, ha costretto la commissione ad allungarne la redazione.
Riguardo al linguaggio utilizzato, l’arcivescovo ha precisato che si tratta di un “linguaggio biblico più che teologico”. Alcune questioni, come ad esempio la “salvezza dell’anima” o la “pietà popolare”, che sembrano non essere citate nel testo, in realtà sono state affrontate attraverso espressioni equivalenti, e dunque sono presenti.
In particolare, il cardinale Betori ha sottolineato che l’aspetto che più emerge dal messaggio è che “la Chiesa è viva”. Lo hanno ampiamente dimostrato gli interventi dei presuli e, in modo ancora più concreto quelli degli Uditori, tanto che questa frase “non a caso è stata aggiunta fra la prima e la seconda versione del messaggio conclusivo del Sinodo”.
“Non dobbiamo accettare una visione catastrofista della Chiesa” ha insistito l’arcivescovo di Firenze. Anzi, con “questa consapevolezza di una Chiesa viva, che ha grandi esperienze che vanno più comunicate, più condivise”, viene ribadito il suo ottimismo per il futuro. “Ci sono delle sfide, dei problemi di fronte a noi – ha affermato – ma questi sono delle opportunità per la Chiesa, per evangelizzare. Questo è stato un ritornello costante negli interventi dei vescovi, anzi, direi che più erano difficili le situazioni da cui i vescovi venivano, più incoraggiante era lo sguardo con cui loro si ponevano di fronte al futuro della Chiesa”.
A chi domandava se il messaggio non eccedesse proprio in ottimismo, soprattutto dopo scandali come gli abusi sessuali, il cardinale ha risposto sottolineando che nel passaggio dedicato alle “debolezze dei discepoli di Gesù” e alla necessità di una conversione questi problemi sono “chiaramente indicati”.
Su questa scia, un giornalista ha domandato perché nel documento non ci fosse un appello ai cristiani che hanno abbandonato la Chiesa a causa degli scandali. Betori ha risposto che il problema degli abbandoni è stato ben presente ai Padri Sinodali, ma che esso può avere varie motivazioni, “inerzia”, “abitudine” o “contestazione”. “Non abbiamo fatto una distinzione – ha detto il porporato – anche se forse poteva essere utile”.
Intervenendo, mons. Tagle ha precisato che quello del messaggio “non è un ottimismo fuori luogo”. “Non c’era cecità nel Sinodo, nessuno ha finto che non ci fossero problemi”, ha affermato il futuro cardinale, “siamo credenti, l’ottimismo non ci ha mai abbandonati, ci dà un senso di serenità, la spinta per trovare le modalità di affrontare anche gli scandali che hanno colpito la Chiesa”.
Un’altra problematica indicata è stata la progressiva diminuzione del numero dei cattolici. Un problema che ha fatto “sorridere” l’arcivescovo di Manila che ha dichiarato di aver “accolto con stupore le osservazioni sulle paure di essere in decrescita, sul numero dei praticanti, sulla reale influenza”. “Io vengo dall’Asia – ha raccontato – e noi non siamo mai stati una maggioranza, anzi è normale essere minoranza. Ma proprio in questa fede esprimiamo gioia: da noi la Chiesa è viva anche se una minoranza”.
Il cardinale Betori ha comunque spiegato ai giornalisti che: “Il Sinodo non si conclude qui, ma ci saranno ancora le propositiones finali e l’esortazione apostolica del Papa”, per cui il messaggio presentato oggi è più che altro un ”incoraggiamento” alle Chiese del mondo, mentre le proposte concrete si concentrano nell’elenco di proposizioni presentate al Santo Padre, che verrà annunciato domani.
Ultimi due temi affrontati in conferenza stampa sono stati l’ “accompagnamento” della Chiesa ai divorziati risposati e il cambiamento del ruolo donna dopo la pubblicazione del messaggio. Sul primo punto, il card. Betori ha spiegato che “l’impostazione della problematica” nel messaggio finale “è la stessa che abbiamo avuto la gioia di ascoltare all’incontro delle famiglie a Milano, da parte del Papa’”. Il documento parla appunto della necessità di accompagnare questa categoria, e “la forma di accompagnamento – ha precisato – concretamente deve essere trovata, ribadendo però la disciplina dell’accesso ai sacramenti”.
Per la donna, il porporato ha ricordato che nel testo è stato riaffermato il suo ruolo fondamentale nella famiglia e nell’evangelizzazione e che “nell’edizione finale sono risorti anche i padri!”; rispetto alla bozza, cioè, si è deciso di ricordare il ruolo sia della madre che del padre.
Ha concluso la conferenza la domanda di ZENIT sull’umiltà della Chiesa, e come proprio tale aspetto possa renderla più “appetibile” ai giovani e alla società. Mons. Tagle ha risposto dicendo: “Per la Chiesa l’umiltà non è una strategia: è il modo di essere di Gesù, il modo in cui Dio ha manifestato se stesso a noi in Gesù”. Quindi, ha avvertito, “non penso che abbiamo scelta diversa che essere umili”.