P. François-Marie Léthel ocd, (Video "Speranza") - Foto (Screenshot) © Comunità dei Carmelitani del Teresianum

Vivere con Gesù in Cielo come in Terra secondo santa Teresa di Lisieux

Una riflessione di p. François-Marie Léthel ocd

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            Nella sua Tradizione vivente, la Chiesa non ha smesso di approfondire la sua fede concernente la morte e l’aldilà, nell’insegnamento del Magistero come nella testimonianza dei santi. Una grande luce ci è stata data dal Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica Lumen Gentium. La Chiesa della terra, di cui tutti i membri sono chiamati alla santità (c.V), è in pellegrinaggio verso la Patria del Cielo, in comunione con la Chiesa del Cielo e con la Chiesa sofferente del Purgatorio (c VII), sempre accompagnato da Maria, la Madre che Gesù ci ha dato e che è già configurata pienamente con Lui nella gloria della Risurrezione (c VIII), “segno di sicura speranza e di consolazione per tutto il Popolo di Dio in pellegrinaggio”(n. 68).

            Nell’Enciclica Spe Salvi, Benedetto XVI invita tutta la Chiesa a riscoprire l’orizzonte del Giudizio di Dio nella grande luce della speranza della salvezza eterna  (n. 41-48), sormontando questa paura esagerata dell’inferno, troppo presente nella cristianità occidentale a partire dal medioevo. La dottrina dell’inferno è riaffermata, al condizionale, come possibilità per l’uomo di rifiutare liberamente, totalmente e definitivamente l’amore salvifico di Dio in Gesù Cristo (n. 45). All’altro estremo, quelli che hanno risposto pienamente a questo Amore sono una minoranza, e sono tutti i santi, conosciuti o sconosciuti. Resta l’immensa maggioranza di tutti quelli che non erano ancora capaci della piena comunione con Dio al momento della loro morte, ma che hanno ancora bisogno di essere purificati. Così, Benedetto XVI c’invita a riscoprire la realtà del Purgatorio, una verità (dogma) della fede cattolica spesso dimenticata oggi, ma una verità che è profondamente consolante in questa grande prospettiva della speranza della salvezza eterna pe tutti[1]. Nello stesso senso, Benedetto XVI ha avuto il coraggio di superare la dottrina classica del limbo che escludeva per sempre dal Cielo tutti i bambini più piccoli morti senza battesimo.

            Questa grande prospettiva, sviluppata da Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate, era già presente negli scritti di santa Teresa di Lisieux, Dottore della speranza nella Misericordia infinita. Conviene dunque ricordare brevemente i principali aspetti del suo insegnamento.

“Salvare le anime che sono sulla terra e liberare quelle che soffrono nel Purgatorio” 

            All’inizio della sua Offerta all’amore Misericordioso, Teresa esprime la grande intenzione di tutta la sua vita: “Lavorare alla glorificazione della Santa Chiesa salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che soffrono nel Purgatorio”[2]. si tratta di tutte le anime che hanno bisogno del suo aiuto, ciò che non è il caso dei santi del Cielo. Nello stesso senso, aveva concluso la sua preghiera nel giorno della sua professione dicendo: “Gesù fa che io salvi molte anime, che oggi non ce ne sia una sola di dannata e che tutte le anime del purgatorio siano salvate. Gesù, perdonami se dico cose che non bisogna dire, voglio solo rallegrarti e consolarti” (Pri 2). Questa domanda, che Teresa rinnoverà ogni giorno, si opponeva alla mentalità dell’epoca segnata dal giansenismo, secondo la quale la dannazione eterna di numerose anime ogni giorno era inevitabile. La santa osa chiedere a Gesù la salvezza eterna di tutti quelli che muoiono ogni giorno. È la preghiera fondamentale di Teresa, esprimendo la sua speranza illimitata nella Misericordia Infinita, fino a sperare per tutti. 

            È qui uno dei più grandi contributi di Teresa come Dottore della Chiesa, superando su questo punto i Dottori ed santi dei secoli precedenti, condizionati dalla problematica agostiniana della predestinazione.

            Per comprendere bene l’esattezza teologica di questa dottrina di Teresa, bisogna riferirsi allo splendido racconto della salvezza del criminale Pranzini, che si trova al cuore del Manoscritto A (45v-46v). Dopo la “Grazia di Natale”, comincia la sua “corsa da gigante” (Ms A, 44v), con un nuovo impegno per la salvezza delle anime, specialmente dei più grandi peccatori, più esposti al rischio della dannazione eterna. Senza nessuna visione né rivelazione particolare, ma contemplando con fede ed amore una semplice immagine di Gesù crocifisso durante la Messa della Domenica, Teresa decide di tenersi in spirito ai piedi della Croce per raccogliere il Sangue Redentore e spargerlo su queste povere anime. Ed è allora che sente parlare di Pranzini, “condannato a morte per dei crimini orribili” e sul punto di “morire nell’impenitenza.”

            Qui, Teresa esprime perfettamente il contenuto della fede cattolica sul carattere decisivo e definitivo dell’istante della morte per la salvezza eterna. La dottrina della Chiesa sull’inferno è espressa perfettamente quando scrive: “Volli ad ogni  costo impedirgli di cadere in inferno”. Per ciò, fa celebrare la Messa associando sua sorella Celina alla sua preghiera. Ciò che è più impressionante è la sua assoluta “certezza” della salvezza eterna di Pranzini “anche se non si fosse confessato e non avesse dato alcun segno di pentimento, tanto avevo di fiducia nella Misericordia infinita di Gesù“. E’ l’espressione estrema della certezza della speranza che ha per oggetto la salvezza eterna e che si appoggia unicamente sulla Misericordia del Redentore. Qui, si tratta della speranza per un altro apparentemente disperato, questo criminale che Teresa chiama “il mio primo figlio“.

            Prima di entrare al Carmelo, la giovane è già sposa di Gesù e madre delle anime, diventando madre per la fecondità verginale del Sangue di Gesù. Quando ha deciso di tenersi in spirito ai piedi della Croce, Gesù fa risuonare già nel suo cuore la parola che Egli aveva rivolto a Maria: “Donna, ecco tuo figlio” (Jn 19, 26). Questo “cuore di madre” è un cuore che ama e che crede, e soprattutto un cuore che spera contro ogni speranza. È il cuore di Teresa in unione col Cuore di Maria, secondo il bellissimo testo della Fuga in Egitto (PR6), quando la nostra santa immagina un dialogo tra la Vergine Maria e Susanna, la madre del piccolo Dimas, il futuro buon ladrone del Vangelo, che è stato appena guarito dalla lebbra per la potenza divina di Gesù Bambino. Maria dice allora queste parole che corrispondono esattamente a ciò che Teresa aveva vissuto rispetto a Pranzini:

Abbiate fiducia nella Misericordia Infinita del Buon Dio; è così grande da cancellare i più grandi crimini quando trova un cuore di madre che pone in essa tutta la sua fiducia. Gesù non desidera la morte del peccatore, ma che si converta e viva in eterno. Questo Bambino, che senza sforzo ha guarito vostro figlio dalla lebbra, lo guarirà un giorno da una lebbra ben più pericolosa. Allora un semplice bagno non basterà più; occorrerà che Dimas sia lavato nel Sangue del Redentore. Gesù morirà per dare la vita a Dimas ed egli entrerà nel Regno Celeste nello stesso giorno del Figlio di Dio” (PR 6, 10r).

            Tale è la speranza del Cuore di Maria per i più poveri peccatori che sono i suoi figli, tutti noi redenti dal Sangue di Gesù e affidati da Lui sua maternità. Quando diciamo: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso ed all’ora della nostra morte”, la nostra preghiera abbraccia tutta l’umanità, senza nessuna eccezione!

            Alla fine del  racconto della morte e salvezza di Pranzini, Teresa esclama: “Ah! da questa grazia unica, il mio desiderio di salvare le anime crebbe ogni giorno” (Ms A, 46v). Tale è l’espressione tipica della nostra santa: “Salvare le anime”, vale a dire tutte, e non solamente “salvare delle anime”, cioè alcune, secondo l’espressione comune della sua epoca.

            Più tardi, nel Manoscritto C, Teresa racconterà questa sconvolgente prova della fede  circa l’esistenza del Cielo che la rende fraternamente vicina a tutti gli atei del mondo moderno alla fine della sua vita (Ms C, 5r-7). E è sempre con la stessa fiducia che intercederà per la loro salvezza eterna: “Corro verso il mio Gesù, gli dico essere pronta a versare fino all’ultima goccia  del mio sangue per confessare esiste un Cielo. Gli dico che sono felice di non godere di questo bel Cielo sulla terra affinché Egli l’apra per l’eternità ai poveri increduli” (Ms C, 7r).

Nella comunione di tutta la Chiesa, sulla Terra come al Cielo 

            Nel Manoscritto B, Teresa inizia col racconto di un sogno (2rv) che è stato come un sorriso della Chiesa del Cielo, poiché i santi ci amano e vegliano su noi. L’amore Infinito che ella scopre nel Cuore della Chiesa s’incarna in tutti i piccoli dettagli della vita quotidiana,  e lo esprime con la simbolica dei fiori. Teresa è  questo piccolo bambino che getta dei fiori cantando:

Gesù, a cosa ti serviranno i miei fiori e i miei canti?… Ah! lo so bene: questa pioggia profumata, questi petali fragili e senza alcun valore, questi canti d’amore del più piccolo tra i cuori ti rallegreranno; sì, questi nulla ti faranno piacere, faranno sorridere la Chiesa Trionfante: ella raccoglierà i miei fiori sfogliati per amore e facendoli passare per le tue Mani Divine, o Gesù, questa Chiesa Celeste, volendo giocare con il suo bambino, getterà anche lei quei fiori che avranno acquistato per il tuo tocco divino un valore infinito, li getterà sulla Chiesa purgante per spegnerne le fiamme, li getterà sulla Chiesa militante per farle conseguire la vittoria !…O mio Gesù! ti amo, amo la Chiesa mia Madre (Ms B, 4v).

            Il continuo atto di amore, questo “Gesù ti amo” che è come la respirazione di Teresa, il battito del suo cuore, abbraccia la totalità del Mistero della Chiesa, nel Cielo, sulla terra e nel Purgatorio. Si vede qui tutto il paradosso teresiano della piccolezza evangelica che è la suprema grandezza. Nelle mani di Gesù, le nostre più piccole azioni prendono “un valore infinito”. Ciò che scrive Teresa corrisponde esattamente all’autentica concezione del merito secondo san Tommaso.

            Teresa sperimenta questa viva comunione che ci unisce ai santi del Cielo ed anche alle anime del purgatorio, a tutti questi fratelli defunti, conosciuti o sconosciuti,  per i quali preghiamo ma che possiamo anche pregare perché intercedono per noi. Nelle prime pagine del Manoscritto A, Teresa cita a questo proposito una lettera di sua Mamma, santa Zelia, che racconta come la sua piccola bambina è stata protetta miracolosamente: “Ho ringraziato il Buon Dio che non le sia successo niente: è veramente provvidenziale, doveva rotolare per terra. Il suo buon Angelo ha vegliato e le anime del purgatorio alle quali rivolgo tutti i giorni una preghiera per la piccola l’hanno protetta” (Ms A, 5r).

            Sicura che Pranzini era salvato, che non “era caduto nell’inferno”, Teresa pensava tuttavia che la sua anima era ancora nel Purgatorio, e continuava di pregare per questo “primo figlio”. Per i suoi genitori, è sicura che sono nel Cielo. Al momento della sua prima comunione, ritrova sua Mamma vivente in Gesù:

L’assenza della Mamma non mi faceva soffrire il giorno della mia prima comunione. Non c’era forse il Cielo nella mia anima, e la Mamma non vi aveva forse preso posto da tanto tempo? Così, ricevendo la visita di Gesù, ricevevo anche quella della mia Mamma diletta che mi benediceva e si ral­legrava della mia felicità (Ms A, 35rv).

            Infine, negli ultimi mesi della sua vita, Teresa intravede ciò che sarà la sua vita in Cielo. A suo fratello spirituale Maurice Bellière, scrive: “Desidererò nel Cielo la stessa cosa che sulla terra: Amare Gesù e farlo amare” (LT 220). Poi, sviluppa mirabilmente questo pensiero nella sua ultima lettera al P. Adolfo Roulland, l’altro fratello spirituale missionario in Cina,:

Quando riceverà questa lettera, senza dubbio avrò già lasciato la terra. Il Signore, nella sua infinita misericordia, mi avrà aperto il suo regno e potrò attingere nei suoi tesori per prodigarli alle anime che mi sono care. Fratello mio, sia sicuro che la sua piccola sorella manterrà le sue promesse e che con gioia la sua anima, liberata dal peso della sua spoglia mortale, volerà verso le regioni lontane che lei evangelizza.

      Ah, fratello mio, lo sento, le sarò molto più utile in Cielo che sulla terra ed è con gioia che vengo ad annunciarle il mio ingresso ormai prossimo in questa beata città, sicura che lei condividerà la mia gioia e ringrazierà il Signore di darmi i mezzi per aiutarla più efficacemente nelle sue opere apostoliche.

Conto proprio di non restare inattiva in Cielo: il mio desiderio è di continuare a lavorare per la Chiesa e per le anime; lo chiedo al buon Dio e sono certa che mi esaudirà. Gli Angeli non si occupano continuamente di noi senza mai smettere di contemplare il Volto divino, di perdersi nell’Oceano senza sponde dell’Amore3? Perché Gesù non mi dovrebbe permettere di imitarli?

Fratello mio, lei vede che se io lascio già il campo di battaglia, non è certo col desiderio egoistico di riposarmi. Il pensiero della beatitudine eterna fa trasalire appena il mio cuore. Da molto tempo la sofferenza è divenuta il mio Cielo quaggiù e faccio fatica a capire come potrei acclimatarmi in un Paese in cui regna una gioia piena senza alcuna tristezza. Occorrerà che Gesù trasformi la mia anima e le doni la capacità di gioire, altrimenti non potrò sopportare le delizie eterne.

Quel che mi attira verso la patria dei Cieli, è la chiamata del Signore, è la speranza di amarlo finalmente come l’ho tanto desiderato e il pensiero che potrò farlo amare da una moltitudine di anime che lo benediranno eternamente (LT 254).

            In questo luminoso testo, Teresa esprime con la più grande esattezza teologica la verità riguardo alla vita eterna e intercessione dei santi al Cielo. Separata dal suo corpo, l’anima immortale non vive più nell’oscurità della fede, ma nella piena luce della visione faccia-a-faccia, della visione beatifica di Dio in Gesù Cristo. Per mezzo di Lui, con Lui ed in Lui può conoscere e amare personalmente tutte le anime per le quali, Lui, Gesù ha dato la sua vita.

[Traduzione fatta dall’autore il 23 marzo 2020, a Roma, nella grande sofferenza della Pandemia del Coronavirus, che tocca l’intera famiglia umana, e che ci invita a fissare il nostro sguardo in Gesù Crocifisso e Risorto, con lo sguardo di Maria e dei Santi, sguardo di fede, speranza e amore]

            [1] Cf l’importante libro di Bruno Moriconi ocd: Purgatorio. Invenzione medievale o ultima delle misericordie (Milano, 2018, ed Ancora, con prefazione di F.M. Léthel).

[2] L’Atto d’Offerta all’Amore Misericordioso è il punto finale della Storia di un’anima, il testo principale di Teresa che riunisce i tre Manoscritti Autobiografici (Ms A, B e C) e le due preghiere più importanti: Nel giorno della Professione e l’Atto d’Offerta (cf la nuova edizione italiana della Storia di un’anima, con Prefazione di Benedetto XVI e presentazione di F. M. Léthel ocd, Roma, 2015 ed OCD). Gli altri scritti di Teresa si trovano nel volume delle Opere Complete (Roma, 1997. Libreria Editrice Vaticana e ed OCD); sono le Lettere (LT), le Pie Ricreazioni (PR), le Poesie (P) e le Preghiere (Pr).

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François-Marie Léthel

Le pape Benoît XVI a adressé une lettre au Père François-Marie Léthel, o.c.d., secrétaire de l’Académie pontificale de théologie et professeur à la faculté pontificale de théologie « Teresianum », qui a prêché la retraite de carême au Vatican de 2011, sur le thème : « La lumière du Christ au cœur de l’Eglise – Jean-Paul II et la théologie des saints ». Il est aussi depuis 2004, consulteur de la Congrégation pour les causes des saints. https://fr.zenit.org/articles/lettre-de-benoit-xvi-au-pere-francois-marie-lethel/

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