Una delegazione di vescovi e laici si trova a Roma per presentare a Papa Francesco un documento con le Memorie e le Conclusioni del V Incontro della Pastorale Ispanica.
Il documento indica la necessità che gli ispanici servano meglio la Chiesa e il Paese; che questi fedeli per lo più giovani assumano il loro ruolo di leader; e che questi giovani e giovani adulti adeguatamente formati possano aiutare la seconda e la terza generazione di latinos negli Stati Uniti. Tutto questo senza lasciare di essere la voce dei migranti che non hanno voce e senza dimenticare la formazione integrale della vita sacramentale e familiare nelle comunità, perché nelle famiglie ci sono le vocazioni future di sacerdoti e missionari.
Dopo un incontro che hanno avuto con il professor Guzmán Carriquiry, segretario e responsabile della Vice Presidenza della Pontificia Commissione per l’America Latina, ZENIT ha parlato con l’arcivescovo di Los Angeles e vicepresidente dell’USCCB (Conferenza episcopale degli Stati Uniti), José H Gomez; con il vescovo Nelson Pérez, di Cleveland; e con il vescovo ausiliare di Detroit Arturo Cepeda. Erano anche con loro il direttore della diversità culturale nella Chiesa, Mar Muñoz-Visoso, il coordinatore nazionale del ‘V Encuentro’, Alejandro Aguilera Titus e il giovane studente universitario Luis Peña, un newyorkese di famiglia domenicana.
ZENIT: Cosa consegnerete a Papa Francesco qui a Roma?
– Mons. José H. Gómez: Ora siamo venuti a presentare al Santo Padre e ai dicasteri il risultato del ‘V Encuentro’ che nasce da un processo di ascolto e discernimento.
Condivideremo con il Papa il fatto che la Chiesa negli Stati Uniti è una Chiesa viva e che i latini con questo processo del ‘V Encuentro’, in particolare i giovani, hanno capito di essere i leader della Chiesa nel presente e nel futuro, sottolineando in particolare il ruolo della gioventù, ed è anche un seguito importante dell’incontro di Aparecida e del Sinodo sui giovani.
ZENIT: Qual è la presenza dei cattolici negli Stati Uniti?
– Mons. Nelson Pérez: I latini sono distribuiti in tutto il paese e in tutte le diocesi c’è una buona presenza latina. I cattolici sono la più grande minoranza religiosa, il 37 percento a livello nazionale con la caratteristica che oltre il 50 percento ha meno di 18 anni e sono discendenti ispanici.
ZENIT: Quindi c’è una pastorale dedicata a loro?
– Mons. Nelson Pérez: Sì, un ministero ispanico che in alcuni luoghi è più forte che in altri secondo la popolazione, ma che cresce in tutto il Paese, e questo ha suscitato grande interesse da parte dei vescovi. Già nei precedenti quattro incontri e proprio attraverso il processo di consultazione, la Chiesa ha dato risposte alla presenza ispanica negli Stati Uniti e ciascuno di questi incontri ha lasciato il segno.
ZENIT: Com’è avvenuto il V incontro?
– Mons. Nelson Pérez: È stato convocato dai vescovi nel 2013, con un processo di ascolto e domande su come la presenza ispanica possa essere meglio servita, ma anche su come la presenza ispanica possa servire meglio la Chiesa e il Paese. Questo è un percorso con doppio senso de marcia.
Alla V riunione hanno partecipato 165 diocesi (il 93 per cento), circa 3.000 parrocchie che hanno consultato più di 350.000 persone, ovvero si è partito dalla base e questo è culminato in un incontro nazionale con oltre 3.400 delegati e 125 vescovi statunitensi. E’ stato un periodo di grande apertura della Chiesa americana agli ispanici ma anche di grande apertura degli ispanici verso la Chiesa, la gerarchia e i vescovi.
ZENIT: Quali obiettivi sono stati fissati dopo queste consultazioni e il ‘V Encuentro’?
– Mons. Arturo Cepeda: Nei risultati una delle priorità e degli obiettivi è quella di seguire -come vescovi- la formazione dei laici, dei giovani e dei giovani adulti, in modo che possano aiutare anche la seconda e la terza generazione di latinos negli Stati Uniti
Comprende anche dare una formazione integrale ai movimenti ecclesiali, in modo che con la loro presenza e dinamismo possano trasformare la famiglia, la vita comunitaria e la nostra nazione. Abbiamo anche compreso la necessità di condividere le migliori pratiche, a livello di base, nelle diocesi e nella regione.
Un altro problema è l’accompagnamento dei nostri fratelli e sorelle migranti, dobbiamo pregare per loro, per i loro diritti, per la loro dignità ed essere una voce a favore di chi non ne ha. Oltre a cercare sempre una formazione integrale nella vita sacramentale e familiare delle nostre comunità, perché nelle famiglie ci sono anche le future vocazioni sacerdotali e missionarie.
ZENIT: Nei casi di abuso il Papa vuole tolleranza zero. Come sta funzionando questo negli Stati Uniti?
– Mons. José Gómez: In tutte le diocesi degli Stati Uniti siamo convinti che ci debba essere tolleranza zero contro l’abuso sessuale. I vescovi, come tutti i fedeli, sono pienamente impegnati nella protezione dei bambini e tutte le diocesi hanno programmi di formazione molto efficaci, in ogni parrocchia e in tutte le scuole e ministeri della Chiesa ci stiamo impegnando.
ZENIT: E riguardo all’immigrazione, qual è la posizione della Chiesa?
– Mons. José Gómez: Sulla questione dell’immigrazione, i vescovi degli Stati Uniti sono pienamente consapevoli della necessità di una riforma globale dell’immigrazione. La politica per anni ha reso molto difficile che ciò accada. Ma continuiamo a pregare e insistendo sul fatto che gli Stati Uniti debbano essere un esempio per tutto il mondo, perché l’immigrazione è una realtà e dobbiamo trovare un modo per far che le persone possano spostarsi legalmente da un luogo all’altro. È importante che ogni Paese risponda al proprio obbligo di proteggere i propri confini, sebbene allo stesso tempo debba disporre di un sistema di migrazione che faciliti la circolazione delle persone.
ZENIT: Come hanno vissuto i giovani il ‘V Encuentro’ questo?
– Luis Peña: Tutti gli eventi dell’incontro sono stati molto importanti, hanno tenuto conto di ciò che Papa Francesco ha dato alla Chiesa in termini di ascolto ai giovani. Abbiamo anche capito che se la comunità ascolta e invita i giovani specificamente attraverso la formazione, può darle il ruolo di leader all’interno della Chiesa, il giovane ispanico può essere anche il legame tra due generazioni o culture, legame che altrimenti non accaderebbe. Se accogliamo i giovani – cosa che ha fatto l’incontro – vediamo che hanno la capacità di contribuire. Molti giovani adulti in questo modo hanno assunto posizioni importanti nelle diocesi degli Stati Uniti.