Profughi (Lesbos, Grecia) - Foto © Wikimedia Commons - Ggia, CC BY-SA 4.0

Un “piano Marshall” per i Paesi dei migranti e i flussi migratori meglio disciplinati

Sulla questione si gioca non solo il destino di innumerevoli vite umane, ma anche la consistenza dell’Europa unita, oltre che la stessa sopravvivenza delle società occidentali e delle loro economie

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Per cortese concessione dell’autore, riprendiamo di seguito la riflessione settimanale di monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, pubblicata su “Il Sole 24 Ore” di oggi, domenica 20 agosto 2017 (pp. 1 e 12).
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Sono state chiare le parole pronunciate il 10 agosto scorso dal Cardinal Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, riguardo alla questione drammatica di come regolamentare il flusso dei migranti verso l’Italia: insieme al “più netto rifiuto di ogni forma di schiavitù moderna”, di fronte “alla piaga aberrante della tratta di esseri umani”, l’Arcivescovo di Perugia ha ribadito “con altrettanto vigore la necessità di un’etica della responsabilità e del rispetto della legge. Proprio per difendere l’interesse del più debole, non possiamo correre il rischio – neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità – di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”. Solo una lettura strumentale ha potuto vedere in queste affermazioni una presa di posizione politica a sostegno delle scelte fatte dal Governo con l’imporre un codice di comportamento a cui tutte le ONG impegnate nel soccorso in mare ai barconi dei migranti dovranno attenersi. La vera posta in gioco, stando alle parole del Card. Bassetti, è quella gravissima delle vite umane da salvare e della dignità e del futuro delle persone in gioco. Un’accoglienza indiscriminata ha come frutto la creazione di campi di raccolta profughi insostenibili, non solo per la complessità della loro organizzazione e gestione, ma soprattutto perché quanti vi vengono portati hanno ben altre aspirazioni che quella di restare in una condizione di limitata libertà di movimento, attesa anche la vergognosa indisponibilità di tanti Paesi europei a far fronte con l’Italia alla crisi immigratoria. Ciò che Bassetti ha affermato è non solo eticamente corretto, ma anche responsabile e saggio: se è vero che le condizioni degli aspiranti migranti, in attesa di partire in Libia e in altre parti del Nord Africa e del Medio Oriente, non possono certo considerarsi adeguate alle esigenze richieste dal rispetto della dignità umana, è non meno vero che lasciare le cose come stanno espone tanti al rischio di morire in mare (come è purtroppo già avvenuto e avviene!), di essere espulsi o di restare nel limbo della clandestinità, favorendo al contempo il lucro degli scafisti, che hanno dimostrato di non avere scrupoli e di essere disposti a tutto pur di ottenere i loro guadagni. Dedurre dalla presa di posizione del Card. Bassetti un giudizio negativo sulle Organizzazioni Non Governative che operano per il salvataggio di innumerevoli vite umane è parimenti sbagliato: il ruolo delle ONG è stato ed è prezioso e la loro voce va ascoltata. Secondo le dichiarazioni di Brice de le Vigne, direttore delle operazioni di Medici senza Frontiere, ciò che va rifiutato è la messa in atto di “strategie letali di contenimento che intrappolano le persone in un Paese in guerra, senza nessuna considerazione dei loro bisogni di protezione e assistenza”. Quello che le ONG chiedono va poi nella stessa direzione di quanto affermato dal Presidente della CEI: “Servono urgentemente delle vie sicure e legali per migranti e rifugiati, per ridurre inutili sofferenze e morti”.
A questo punto, mi sembra siano due le prospettive secondo cui sarebbe doveroso muoversi da parte del nostro Paese e ancor più dell’Unione Europea, forse mai così disunita come intorno a questa sfida: da una parte occorre disciplinare i flussi migratori, stabilendo regole certe e giuste cui attenersi da parte di tutti gli operatori umanitari; dall’altra, occorre intervenire con una sorta di “piano Marshall” per le migrazioni, volto a realizzare condizioni di vita e di lavoro accettabili nei luoghi d’origine dei migranti, sì da offrire alternative affidabili alla scelta drammatica di lasciare la propria terra in vista di un futuro migliore o di ricongiungimenti sempre più difficili ai loro cari già accolti in Paesi europei. Ritenere questa seconda prospettiva puramente utopica non solo non serve a risolvere il problema drammatico costituito dagli enormi flussi migratori, ma rischia di offrire un alibi a chi ha interesse a che nulla cambi. Alla prima esigenza, intanto, ha inteso corrispondere il codice di comportamento stabilito dal Governo italiano e approvato dall’Unione Europea: proposte migliorative potranno e dovranno essere accolte, ma l’esigenza di una regolamentazione è imprescindibile, perché ne va della vita stessa e dei diritti degli immigrati. La seconda prospettiva esigerebbe invece una lungimiranza e un coraggio politico che oggi l’Europa non mostra di avere: gli egoismi nazionali stanno affacciandosi in tutta la loro virulenza, anche lì dove ci si sarebbe aspettati una visione di ben più ampio respiro. Serve a poco far cantare l’inno europeo prima di quello del proprio Paese in occasioni particolarmente solenni, se poi le politiche messe in atto ritornano a vecchie visioni nazionalistiche, appartenenti a un passato da superare. Sulla questione dei migranti si gioca non solo il destino di innumerevoli vite umane, preziose agli occhi di Dio, ma anche la validità e la consistenza dell’Europa unita, oltre che la stessa sopravvivenza delle società occidentali e delle loro economie, bisognose di forza lavoro da accogliere, sostenere e formare. La lungimiranza di statisti quali De Gasperi, Adenauer e Schuman, espressi da nazioni pur molto ferite dalla seconda Guerra Mondiale, riuscì nell’impresa di far rinascere interi Paesi e il continente europeo dalle rovine di una guerra tanto folle, quanto inutile e crudele. Ci saranno oggi statisti dotati di una tale capacità di visione e di azione di fronte all’urgenza epocale delle migrazioni? Figure come quella del Presidente della Repubblica Italiana fanno sperare di sì. Non si può dire però che i populismi di moda favoriscano la realizzazione di un simile modo di agire, non solo utile, ma necessario per tutti di fronte a questa sfida, che – ha detto ancora il Card. Bassetti presentando a Perugia una mostra dedicata a “I Migranti. La sfida dell’incontro” – “va affrontata con una profonda consapevolezza, grande coraggio e immensa carità”, mai disgiunte “dalla dimensione della responsabilità: verso chi soffre e fugge”, come “verso chi accoglie e porge la mano”.

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Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti-Vasto

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