Alla vigilia della solennità dei santi Pietro e Paolo, papa Francesco ha continuato durante l’Udienza generale di mercoledì 28 giugno 2017 le sue catechesi sulla speranza cristiana, soffermandosi in particolare sulla speranza “come forza dei martiri”.
Sin dai primi inizi Gesù ha messo le cose in chiaro, avvertendo i discepoli che la missione non è una passeggiata, anzi che essa “comporta sempre una opposizione”, ha spiegato il Pontefice.
“In una misura più o meno forte, la confessione della fede avviene in un clima di ostilità”, ha proseguito Francesco, che ha ricordato le parole nettissime di Gesù riportate da san Matteo: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (10,22).
“La persecuzione non è una contraddizione al Vangelo, ma ne fa parte”, ha spiegato il Pontefice. “Se hanno perseguitato il nostro Maestro, come possiamo sperare che ci venga risparmiata la lotta?”, così ha osservato.
I cristiani — ha proseguito il Papa — sono perciò uomini e donne “controcorrente”, “non per spirito polemico, ma per fedeltà alla logica del Regno di Dio”.
Il discepolo o seguace di Cristo è “umile e povero, distaccato dalle ricchezze e dal potere e soprattutto distaccato da sé”, cioè “percorre la sua strada in questo mondo con l’essenziale per il cammino, però con il cuore pieno d’amore”.
Mandati come “pecore in mezzo a lupi” (Matteo 10,16), i cristiani sono “senza fauci, senza artigli, senza armi”. Rinunceranno alla violenza, poiché per “sconfiggere il male, non si possono condividere i metodi del male”, ha rammentato Francesco. “L’unica forza del cristiano è il Vangelo”, ha detto.
I cristiani — ha proseguito — devono “farsi trovare sempre sull’‘altro versante’ del mondo, quello scelto da Dio”, cioè “non persecutori, ma perseguitati; non arroganti, ma miti; non venditori di fumo, ma sottomessi alla verità; non impostori, ma onesti”.
I primi cristiani — ha continuato Francesco — hanno coniato un termine “bellissimo” per questa “fedeltà allo stile di Gesù – che è uno stile di speranza – fino alla morte”, cioè “martirio”, vale a dire “testimonianza”.
E’ un nome “che profuma di discepolato”, ha aggiunto il Papa, poiché “i martiri non vivono per sé, non combattono per affermare le proprie idee, e accettano di dover morire solo per fedeltà al vangelo”.
Pensando all’attualità, il Pontefice ha proseguito dicendo che “ripugna ai cristiani l’idea che gli attentatori suicidi possano essere chiamati ‘martiri’”. “Non c’è nulla nella loro fine che possa essere avvicinato all’atteggiamento dei figli di Dio”, ha spiegato.
Il vero discepolo però non è mai solo, egli non deve mai cedere alla disperazione, “pensando di essere stato abbandonato”. Infatti, “perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati”, ha ricordato Francesco, che ha citato di nuovo il vangelo secondo Matteo (10,30).
Proprio questo — ha concluso Francesco — è il segreto dietro l’incredibile forza con la quale i martiri di tutti i tempi hanno affrontato le prove. Essa infatti “è segno della grande speranza che li animava”, cioè quella “speranza certa che niente e nessuno li poteva separare dall’amore di Dio donatoci in Gesù Cristo”.
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Udienza Generale, 28 giugno 2017 / © PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO
Il cristiano è un “martire”, un testimone
Catechesi di papa Francesco durante l’Udienza generale di mercoledì 28 giugno 2017