Santa Marta, 22 giugno 2017 / © PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO

Appassionato e zelante

Omelia a Santa Marta, giovedì 22 giugno 2017

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Appassionato e zelante. Questa, così ha suggerito papa Francesco nella sua omelia della Messa mattutina di giovedì 22 giugno 2017 a Santa Marta, riportata dalla Radio Vaticana, è una delle tre caratteristiche o qualità fondamentali del “vero pastore”.
Al centro della sua riflessione il Pontefice ha posto la Prima lettura di oggi, presa dalla Seconda Lettera ai Corinzi (11,1-11), in cui Paolo dichiara di provare “una specie di gelosia divina” per la comunità di Corinto.
“Questo è quel tratto che noi chiamiamo lo zelo apostolico”, ha spiegato Francesco, che ha ricordato ai presenti che “non si può essere un vero pastore senza questo fuoco dentro”.
Ma lo zelo da solo non basta per essere un “vero pastore”. Ci vuole anche una seconda qualità, che è quella del discernimento. Il pastore deve essere “un uomo che sa discernere”, ha detto il Papa, che ha messo in guardia dalla tattica, dalle menzogne del “serpente”, del “padre della menzogna”, che è “un seduttore che cerca di allontanare dalla fedeltà”.
“Nella storia della salvezza, nella Scrittura tante volte troviamo l’allontanamento da Dio, le infedeltà al Signore, l’idolatria come se fossero una infedeltà matrimoniale”, ha ricordato Francesco.
Ed è proprio qui che serve un pastore che sappia discernere “dove ci sono i pericoli, dove ci sono le grazie”, cioè “dove è la vera strada”. Questo implica che egli deve accompagnare “sempre” le sue pecore, “nei momenti belli e anche nei momenti brutti, anche nei momenti della seduzione”, per riportarle all’ovile “con la pazienza”.
Il terzo ed ultimo requisito del “vero pastore” è “la capacità di denunciare”. Infatti, proprio come bravi genitori sanno dire “no” al bambino piccolo che si avvicina alla presa elettrica, anche il “buon pastore” sa dire “no”, ha detto Francesco, che ha citato l’espressione piemontese “tuca nen” (non toccare) usata dai suoi genitori e nonni.
Il “vero” pastore o sacerdote deve infatti saper denunciare “quello che va contro la tua vita”, saper condannare le “cose che faranno male alle sue pecore”, ha proseguito il Papa, che ha messo in guardia dal “buonismo dei compromessi”, che mira solo ad “attirarsi l’ammirazione o l’amore dei fedeli lasciando fare”.
Come modello del “vero pastore”, Francesco ha menzionato non solo lo stesso apostolo Paolo, poiché un uomo “appassionato, zelante”, che inoltre “sa discernere” e infine “con capacità di condanna delle cose che faranno male alle sue pecore”, ma anche “quei due bravi pastori italiani” — cioè don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani –, le cui tombe ha visitato martedì scorso a Bozzolo e a Barbiana.
Il Papa si è soffermato in particolare sul motto “I care” di don Milani. Il sacerdote fiorentino “insegnava che le cose si dovevano prendere sul serio, contro il motto di moda in quel tempo che era ‘non mi importa’”. “Prendi cura: prenditi cura della tua vita, e ‘questo no!’”, questo era il principio educativo di don Milani.

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Paul De Maeyer

Schoten, Belgio (1958). Laurea in Storia antica / Baccalaureato in Filosofia / Baccalaureato in Storia e Letteratura di Bisanzio e delle Chiese Orientali.

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