Santa Marta, 9 giugno 2017 / © PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO

Papa Francesco: Riconoscersi vulnerabili

Omelia a Santa Marta, venerdì 16 giugno 2017

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Riconoscersi vulnerabili. Questo è il primo passo verso la salvezza. Lo ha suggerito venerdì 16 giugno 2017 papa Francesco nella sua omelia nella Messa mattutina a Santa Marta, riportata dalla Radio Vaticana.
“Tutti noi siamo vulnerabili, fragili, deboli, e abbiamo bisogno di essere guariti”, ha dichiarato il Pontefice, ben ammettendo che “riconoscere la propria vulnerabilità” è proprio “una delle cose più difficili nella vita”.
Infatti, “alle volte, cerchiamo di coprire la vulnerabilità, che non si veda; o truccarla, perché non si veda; o dissimulare”, ha proseguito il Papa, prendendo spunto dalla Prima lettura di oggi, presa dalla Seconda Lettera ai Corinzi (4,7-15), in cui l’apostolo Paolo parla di “vasi di creta” con “un tesoro”.
“Le dissimulazioni sono vergognose, sempre. Sono ipocrite”, ha affermato il Santo Padre, il quale ha proseguito osservando che non c’è solo l’ipocrisia verso gli altri, ma anche verso noi stessi.
Si tratta — ha spiegato Francesco — di quell’atteggiamento interiore di pensare “di non avere bisogno di guarigione”, cioè quando pensiamo di non essere creta e di avere “un tesoro mio”.
“E’ il cammino, è la strada verso la vanità, la superbia, l’autoreferenzialità di quelli che non sentendosi creta, cercano la salvezza, la pienezza da se stessi”, ha avvertito. Ma è un’illusione, così ha suggerito papa Francesco, poiché nessuno “può salvare se stesso”.
Infatti, solo la potenza di Dio salva, ha ricordato il Pontefice, che poi citando l’apostolo Paolo spiega: “’Siamo tribolati, ma non schiacciati’. Non schiacciati, perché la potenza di Dio ci salva. ‘Siamo sconvolti’, ‘ma non disperati’”, perché “c’è qualcosa di Dio che ci dà speranza”.
Nella sua riflessione il Pontefice ha invitato perciò i presenti ad un dialogo “continuo” tra “la creta e la potenza”, tra “la creta e il tesoro”, e questo “per essere onesti”.
Questo vale anche per il sacramento della confessione. Non si dicono i propri peccati “come se fossero una lista di prezzi al mercato”, cercando di “imbiancare un po’ la creta”.
No, serve “la vergogna”, la quale “allarga il cuore perché entri la potenza di Dio, la forza di Dio”, ha sottolineato Francesco. Serve “la vergogna di essere creta e non essere un vaso d’argento o d’oro”.
Questo, all’inizio, non lo aveva neppure capito l’apostolo Pietro, quando al momento della lavanda dei piedi ha respinto il gesto di Gesù. “Non aveva capito, Pietro, che era creta, che aveva bisogno della potenza del Signore per essere salvato”, ha detto il Papa.
Si tratta quindi del coraggio, dell’onestà interiore — Francesco ha usato la parola “generosità” — di riconoscere “di essere vulnerabili, fragili, deboli, peccatori”.
Solo se riconosciamo di essere creta la “straordinaria potenza di Dio verrà a noi e ci darà la pienezza, la salvezza, la felicità, la gioia di essere salvati”, ha concluso il Papa la sua riflessione.

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Paul De Maeyer

Schoten, Belgio (1958). Laurea in Storia antica / Baccalaureato in Filosofia / Baccalaureato in Storia e Letteratura di Bisanzio e delle Chiese Orientali.

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