"Nel Grembo di Paolo. La Chiesa degli affetti nella Lettera a Filemone"

Il libro della biblista Rosalba Manes aiuta a comprendere e proclamare lo scritto paolino, “un grande tesoro di dottrina”

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Per una profonda analisi della lettera a Filemone propongo la lettura del libro della biblista Rosalba Manes Nel Grembo di Paolo. La Chiesa degli affetti nella Lettera a Filemone, edito nell’ottobre 2016 da Ancora editrice per la collana Le Ancore.
La lettera a Filemone, conosciuta anche col nome di biglietto a Filemone data la sua brevità e sinteticità, rischia di essere non correttamente letta, proclamata e analizzata. Ma se la sintesi è una delle dinamiche ermeneutiche fondamentali e allo stesso più brillanti, l’epistola a Filemone allora è un grande tesoro di dottrina.
Come scrive il p. Barzaghi: «Occorre imparare la sinteticità, perché la sintesi è celebrativa dell’intelligenza. […] Se la sintesi è riduzione, occorre tener presente […] che Reductio, nella filosofia scolastica, è espressione che viene usata per indicare il ritorno al primo principio» (G. Barzaghi, Il fondamento teoretico della sintesi tomista. L’Exemplar, ESD, Bologna ).
In questa sintesi paolina, con l’aiuto delle schede per la meditazione personale proposte alla fine di ogni capitolo dalla stessa Autrice, possiamo attingere ai tesori della scrittura paolina. Dell’analisi previa proposta nell’Introduzione viene chiarito l’uso del genere letterario da parte di Paolo: «Ricorrere alla lettera… permette di creare una distanza emotivo-affettiva che realizza una sorta di sublimazione: la lettera smorza il carattere fugace delle emozioni e tende a istaurare tra mittente e destinatario un rapporto nuovo che induce alla riflessività e alla interiorizzazione» (p. 19).
Paragonata ai toni usati in altri scritti, come per esempio la lettera ai Galati in cui l’Apostolo delle genti è molto passionale, la Lettera a Filemone si presenta davvero come un testo innovativo e dotato di peculiarità, cosa che traspare seguendo l’analisi dell’Autrice la quale incentra il suo studio sulla sorgiva teologia degli affetti presente nei versetti. A partire da essa si possono trovare spunti interessanti da fondamento ad ulteriori analisi sistematiche e dogmatiche. In questo senso, questa lettura biblica può riaprire anche l’interesse per il tanto interessante trattato sugli attributi divini. Nella Summa Theologiae, san Tommaso chiama questo trattato De Deo Uno, descrivendo appunto, fra le altre cose, gli attributi di Dio. In particolare fra gli attributi operativi comuni a tutta la Trinità, troviamo proprio quello di essere Amore e di essere intimamente connesso alla gioia (I, q.20).
In questa sede, l’Aquinate non ha ancora definito l’Amore come nome proprio della III persona della Trinità, sebbene sia chiaro che in Dio essere ed operare coincidono. Perciò Dio opera/agisce con Amore innanzitutto perché è Amore. Allora la riscoperta biblica di Amore come splanchna, come appunto fa Paolo nel suo biglietto di intercessione ad Onesimo, propone anche nuove vie per comprendere in che senso gli attributi Gioia/Amore in Dio operano. E appunto come scrive l’Autrice, Dio opera dando vita ad una chiesa degli affetti, che vive di gesti, che possono spingersi fino alla lavanda dei piedi «gesto che mette al centro la cura dell’altro e soprattutto la qualità della relazione tra Dio e l’uomo… gesto kenotico-agapico (intriso di amore che sa abbassarsi al livello dell’altro)» (p. 98).
Due ulteriori linee di ricerca possono essere rintracciate sulla prospettiva ecclesiologica e, ci sembra corretto affermare, anche su quella della sacramentaria speciale. Se infatti una teologia della relazione e degli affetti mostra la comunità ecclesiale come «un grembo fecondo che genera credenti attraverso l’investimento di chi vive appieno il Vangelo», allora «generare gli altri a Cristo è fare esperienza di un legame, che è forte come quelli di sangue, è sentire che l’altro è parte di sé, è ospite del proprio cuore e oggetto del proprio affetto» (p. 105).
Questo legame, che sorge per via di relazione di grazia nel Battesimo, si irrobustisce nella Cresima, e continua a darsi vita mediante l’Eucarestia. Ecco dunque che la teologia degli affetti mostra davvero il grande effetto dell’Eucarestia come «sacramentum unitatis ecclesiae catholicae», perché permette l’unità nel Suo Prezioso Sangue.
Una lettura vivamente consigliata per tutti coloro che desiderano gustare con piacere i piccoli rivoli sapienziali del biglietto a Filemone per crescere nell’umile arte dell’affetto. E anche come preparazione ai successivi capolavori teologici paolini, come la Lettera ai Romani o ai Galati: dei veri e propri oceani carichi della dottrina di Gesù Cristo.

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Fr. Gabriele Giordano M. Scardocci OP

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