Quella che si svolgerà il 31 ottobre e 1 novembre prossimi sarà la seconda visita di un papa in Svezia. Prima di Francesco, unico Vescovo di Roma a toccare il suolo svedese è stato San Giovanni Paolo II, dall’8 al 10 giugno 1989, tappa conclusiva di un lungo viaggio che portò il pontefice polacco anche in Norvegia, Islanda, Finlandia e Danimarca.
Una novità senza precedenti, se si considera che in tali paesi, nel XVI secolo, l’adesione alla riforma luterana fu più massiccia che altrove e le minoranze cattoliche, particolarmente esigue, hanno conosciuto per lungo tempo un’emarginazione e una persecuzione non riscontrabili in altri luoghi d’Europa. Al momento della visita wojtylana, le relazioni diplomatiche tra Svezia e Santa Sede erano riprese appena sette anni prima, nel 1982, dopo quattro secoli di gelo.
Appena atterrato all’aeroporto di Stoccolma, Giovanni Paolo II salutò la Svezia come un “nobile paese”, il cui passato, nonostante le “divisioni” in materia ecclesiale, “è stato segnato da una profonda fede cristiana e da un impegno verso gli obiettivi della pace, della tolleranza e per il progresso di una vera dignità umana”.
In quell’occasione Wojtyla prese atto della “qualità della vita” garantita dalla società svedese che, “anche considerata in termini puramente materiali, rappresenta un notevole traguardo”; lodò, inoltre, l’interesse delle autorità svedesi “per la cooperazione internazionale e per il disarmo”, salutando poi come un “segno di speranza”, i “successi” raggiunti nel paese in campi come “l’assistenza sanitaria, l’educazione e la sollecitudine per il benessere degli immigrati”.
Visitando la cattedrale di Sant’Erik, il Papa ribadì come, “per mille anni la storia e la cultura della Svezia sono state forgiate dal Vangelo” ed invitò i cattolici svedesi a riprendere la “lunga tradizione di vita religiosa” del loro paese, “che arriva fino a sant’Ansgar e santa Brigida”, e, sia pure come “minoranza religiosa” a “partecipare pienamente” alla vita pubblica.
Durante la messa allo stadio “Globo”, il Santo Padre lanciò il primo vero messaggio ecumenico invitando “i cattolici e i cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali” ad “impegnarsi a trasformare la società dall’interno attraverso l’amore per Dio e per il prossimo”.
Il giorno successivo, nella cattedrale luterana di Uppsala, ebbe luogo il primo vero incontro ecumenico della visita pastorale, durante il quale Giovanni Paolo II fece allusione alle divisioni nella Chiesa, con riferimento alla Torre di Babele, emblema biblico degli “errati tentativi dell’uomo di fare da solo senza rivolgersi a Dio che lo ha creato”, cui fa da contraltare la promessa del ristabilimento dell’unità e della pace con Dio e fra gli uomini che il Signore stesso effettuerà sul monte Sion (cfr Is 2,2-4)”.
“L’unità è una caratteristica essenziale della Chiesa”, sottolineò in quell’occasione Wojtyla, aggiungendo che “la preoccupazione per l’unità dei cristiani, con cui ci siamo raccolti in preghiera questa mattina non è un problema piccolo o superficiale”.
Riconoscendo “con dolore” la disunità tra i cristiani, il Papa raccomandò tuttavia di essere “fiduciosi che il Signore della storia non ci ha abbandonati alle nostre divisioni” e che “con saggezza e pazienza ci conduce con la sua grazia ad un maggiore ravvedimento e ad un maggiore desiderio dell’unione”.
Il Battesimo, sottolineò ancora il Santo Padre, assicura ai cristiani divisi “una certa comunione, anche se imperfetta”, nonché un “legame sacramentale fra tutti coloro che sono nati a nuova vita”.
“È una sfida per noi [cattolici e luterani, ndr] perdonarci l’un l’altro – aggiunse – ma il Signore ci ha comandato di farlo”. Nel compimento di un lungo e difficile “processo di riconciliazione”, attraverso una “maggiore comprensione” e un “dialogo paziente”, i rappresentanti di entrambe le chiese erano tenuti a domandarsi: “Cosa possiamo imparare gli uni dagli altri? Come possiamo arricchirci l’un l’altro?”.
Esortando ad evitare “polemiche e sfiducia”, Giovanni Paolo II spiegò come l’unità non si possa trovare in un riduttivo “minimo denominatore comune che possa essere accettabile per tutti”, bensì nella riscoperta della “piena e autentica eredità di fede data da Cristo attraverso i suoi apostoli” e nel combattimento della “buona battaglia della fede” (1Tm 6,12), richiamata da San Paolo.
Il viaggio del Papa in Svezia proseguì con la visita alla comunità accademica all’università di Uppsala, dove Wojtyla si soffermò sulla dignità umana come principio non fondato su “sistemi politici e ideologici” ma “sull’ordine naturale, su un oggettivo ordine di valori”, oltre che “inviolabile dal momento del concepimento fino alla morte naturale”. A tal proposito menzionò uno svedese eroico come Raoul Wallenberg che, “in modo encomiabile salvò così tanti appartenenti al popolo ebreo dai campi di concentramento nazisti”. Alquanto profetiche furono, nello stesso discorso, le parole del pontefice polacco sulle “minacce racchiuse nella manipolazione genetica” e sul “potere devastante della moderna tecnologia, capace di distruggere la terra e tutto ciò che essa contiene”, nonostante le “meravigliose scoperte della scienza”.
Dopo aver incontrato i superiori maggiori nella chiesa di San Lorenzo a Uppsala e i rappresentanti delle opere di assistenza tedesche a Stoccolma, ed aver presieduto messa nel cortile del Castello di Vadstena, Giovanni Paolo II si congedò dalla Svezia il 10 giugno all’aeroporto di Linköping, dove benedì la prima pietra di una nuova parrocchia cattolica, in costruzione in quella città. “In questa pietra – disse – vedo anche simboleggiata la forza e la promessa del giovane popolo della Chiesa”.
“Nonostante le nostre divisioni storiche, stiamo sinceramente cercando di rispondere alla grazia di Dio e insieme stiamo cercando di ricomporre ciò che un tempo fu diviso”, aggiunse Wojtyla, accogliendo come una “grande benedizione” l’incontro ecumenico di preghiera a Uppsala. “Possa questa Chiesa – concluse – ricordarvi sempre che Cristo solo è il fondamento della nostra unità e perfezionatore della nostra fede (cf. Eb 12, 2)”.
Giovanni Paolo II - Wikimedia Commons
Papa in Svezia: il precedente di Giovanni Paolo II
Prima di Bergoglio, Wojtyla è stato l’unico pontefice a visitare il paese scandinavo: nel 1989 invitò cattolici e luterani al perdono reciproco e pronunciò parole profetiche sulla sacralità della vita e sul ruolo della scienza