Un mese di straordinaria intensità ecumenica per papa Francesco. Dopo la visita in Georgia ed Azerbaigian, con i relativi incontri con i patriarchi ortodossi locali, il trentennale dello Spirito di Assisi, l’incontro a Roma con l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. Prossimo appuntamento: la Svezia, il 31 ottobre e 1 novembre, per il 500° anniversario della riforma protestante.
Eventi che, secondo il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, rivestono per molti aspetti un’importanza storica. Intervistato dall’Osservatore Romano, il porporato svizzero ha commentato innanzitutto l’abbraccio tra Francesco e Ilia II a Tbilisi, in cui il patriarca, per la prima volta tra gli ortodossi georgiani, ha definito il Papa il “capo della Chiesa di Roma”, mentre, a sua volta, il Santo Padre l’ha definito “uomo di Dio”.
La mancata partecipazione degli ortodossi alla messa ed alcune “marginali azioni di protesta”, secondo il cardinale Koch “non sminuiscono la grande importanza che ha rivestito per la Georgia questa visita”, che ha permesso di approfondire “le relazioni amichevoli esistenti tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa”.
Per il responsabile del dicastero dell’ecumenismo, il “dialogo teologico” rimane “certamente importante”, tuttavia le parole pronunciate dal Pontefice in Georgia (dove aveva suggerito di lasciare le questioni dottrinali ai teologi), ricordano che “non è l’unica forma di impegno ecumenico”, come testimoniano le varie forme di “ecumenismo spirituale”, “ecumenismo della carità”, “ecumenismo culturale” ed “ecumenismo pratico”, che già caratterizzano le relazioni catto-ortodosse.
Del resto, ha puntualizzato Koch, il Papa è consapevole del fatto che le divisioni tra le chiese sono avvenute “principalmente non a causa di questioni teologiche dottrinali, ma a causa di un progressivo allontanamento a livello di mentalità e di cultura”.
Gli avvenimenti del recente viaggio in Caucaso, uniti all’epocale incontro tra il Vescovo di Roma e il patriarca ortodosso di Mosca Kirill (L’Avana, 12 febbraio) e poi con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e con quello di Atene, Hierònymos (Lesbo, 16 aprile), dimostrano – ha aggiunto il cardinale Koch – quanto “il Papa abbia a cuore l’impegno ecumenico e voglia incoraggiare tutti i cristiani a proseguire sul cammino dell’unità, nella convinzione da lui espressa con queste parole: «L’unità non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino»”.
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Card. Koch: “Il dialogo teologico non è l’unica forma di ecumenismo”
Commentando la recente visita del Papa in Caucaso, il presidente del Dicastero per l’Unità dei Cristiani, sottolinea come le divisioni con gli ortodossi siano più culturali che dottrinali