Dialogo interreligioso

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Leader religiosi russi e iraniani uniti contro la violenza religiosa

Si è conclusa a Mosca la decima sessione per il dialogo ortodossia-islam

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Nella lotta contro i fondamentalismi religiosi spicca un interessante asse Mosca-Teheran. Si è appena conclusa la decima sessione della Commissione russo-iraniana per il dialogo ortodossia-islam tenutasi sul tema Il dialogo interreligioso e la cooperazione, strumenti di una pace solida e giusta.
Presieduto a Mosca dal metropolita di Kazan’ e del Tatarstan, Teofane, l’incontro ha visto la presenza, tra gli altri, del presidente dell’Organizzazione per la cultura e le relazioni islamiche dell’Iran, Abouzar Ibrahimi Torkaman, assieme alle due delegazioni accademiche russa e iraniana, entrambe composte da studiosi impegnati nel dialogo interreligioso.
“La comunità di valori sul piano morale delle due religioni – si legge nel comunicato conclusivo – è una base importante della cooperazione ortodossa-musulmana”, che ha, come principale obiettivo, “la ricerca di una pace giusta”, oltre all’“amore per il prossimo” e al “rispetto delle opinioni degli altri”, mentre l’estremismo “non può in alcun caso essere assimilato alla religione”.
Lo ha rimarcato anche il metropolita Hilarion, presidente del dipartimento relazioni esterne del Dipartimento di Mosca, secondo il quale “il terrorismo non ha un volto religioso ma la faccia di Satana”. Se da un lato, “i terroristi si nascondono dietro una retorica religiosa per portare morte e sofferenza”, la religione, al contrario è “portatrice di luce e di bene”, ha detto il metropolita.
Tutti i relatori convenuti hanno manifestato apprensione per le sorti dei cristiani del Medio Oriente, costretti alla “espulsione” dalle loro terre, e, al tempo stesso, per le “manifestazioni di islamofobia” che emergono in alcune parti del mondo occidentale. Ferma condanna anche le profanazioni dei luoghi sacri cristiani ed islamici, associata alla volontà di difendere le minoranze religiose. Anche il mondo accademico e culturale può fare la sua parte, formando “leader religiosi e dei fedeli in uno spirito di tolleranza, volontà di confronto e rispetto reciproco”.
In conclusione, il comunicato finale stigmatizza “l’imposizione di norme laiche e di modi di comportamento che suscitano il rigetto da parte dei partigiani della morale tradizionale”, in quanto tutti i tentativi di costruire una società giusta senza religione “sono destinati a fallire” e provocano inevitabilmente “tensioni e conflitti”.

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ZENIT Staff

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