Resistere agli agguati della “desolazione spirituale”, tenendo bene a mente l’esempio biblico di Giobbe. Durante l’omelia di stamattina alla Casa Santa Marta, Papa Francesco ha tratto spunto dalla prima lettura (Gb 3,1-3.11-17.20-23) di oggi, che illustra le celebri vicissitudini del profeta.
“Giobbe era nei guai: aveva perso tutto”, dai suoi beni ai suoi figli, ha ricordato il Santo Padre, eppure non maledice mai Dio, pur sfogandosi con Lui, come un “figlio davanti al padre”.
La “desolazione spirituale”, ha osservato il Pontefice, è qualcosa di molto frequente e ci fa vivere “senza speranza, diffidente, senza voglia di vivere, senza vedere la fine del tunnel, con tante agitazioni nel cuore e anche nelle idee”. L’anima ne esce “schiacciata”, fino a farci gridare: “Meglio la morte!”.
A quel punto, è opportuno “capire cosa succede nel nostro cuore” e “cosa si deve fare quando noi viviamo questi momenti oscuri, per una tragedia familiare, una malattia, qualche cosa che mi porta giù”, ha detto il Papa.
C’è chi si illude di risolvere il suo tormento, prendendo “una pastiglia per dormire” o “due, tre, quattro bicchierini”: in un caso o nell’altro si tratta di una fuga “dai fatti”, dalla realtà, che “non aiuta”.
Le letture di oggi, tuttavia, ha spiegato Francesco, sono un vero e proprio antidoto alla “desolazione spirituale” che ci rende “tiepidi, giù, senza speranza”. Il Salmo 87, ad esempio, dice: “Giunga fino a Te la mia preghiera, Signore”. È un po’ quello che ha fatto Giobbe, gridando giorno e notte, fino a che Dio non ha porto ascolto.
“È una preghiera di bussare alla porta, ma con forza! – ha detto il Pontefice – ‘Signore, io sono sazio di sventure. La mia vita è sull’orlo degli Inferi. Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai senza forze’”.
La nostra preghiera più autentica emergerà quindi “nei momenti più brutti, più oscuri, più di desolazione, più schiacciati, che ci schiacciano”, proprio come Giobbe, che si sfoga “come un figlio”.
Il libro di Giobbe, ha rammentato ancora il Santo Padre, parla del silenzio eloquente degli amici: poiché “le parole possono far male”, in particolare nei momenti di desolazione spirituale, è importante far sentire all’altro la propria vicinanza, più che “fare discorsi”; è opportuno, in questi frangenti, “parlare il meno possibile”, aiutando “con il silenzio, la vicinanza, le carezze la sua preghiera davanti al Padre”.
Ecco quindi, in conclusione, le tre raccomandazioni del Papa contro la “desolazione spirituale”: 1) “riconoscere in noi i momenti della desolazione spirituale, quando siamo nel buio, senza speranza, e domandarci perché”; 2) “pregare il Signore come oggi la liturgia con questo Salmo 87 ci insegna a pregare, nel momento del buio. ‘Giunga fino a Te la mia preghiera, Signore’”; 3) “quando io mi avvicino a una persona che soffre”, offrire “silenzio con tanto amore, vicinanza, carezze”, evitando “discorsi che alla fine non aiutano”, anzi “fanno del male”.
Servizio Fotografico © L'Osservatore Romano
Santa Marta: “Contro la desolazione spirituale, serve la preghiera non le pastiglie o i bicchierini…”
Durante l’omelia mattutina, Francesco esorta a gridare a Dio nel dolore come un figlio col padre e a non consolare gli afflitti con discorsi controproducenti