Pace, riconciliazione, ecumenismo. È da inquadrarsi in questa cornice il viaggio di Papa Francesco in Georgia e Azerbaigian, dal 30 settembre al 2 ottobre, che conclude il pellegrinaggio in Caucaso iniziato con la visita del 24-26 giugno in Armenia.
Una chiave di lettura differente dal viaggio di Giovanni Paolo II del 2002 negli stessi Paesi dalla natura prevalentemente politica, come testimoniavano le parole del Papa polacco durante le sue omelie in Georgia, 13° Paese post-comunista visitato nei decenni successivi alla caduta del Muro di Berlino. Lo testimoniava anche la Dichiarazione congiunta siglata con il Catholicos-patriarca Ilia II, in cui si volevano fronteggiare gravi situazioni come quelle in Abkhazia, in Nagorno-Karabagh e nel Caucaso settentrionale che ‘costituivano’ – si legge – “una minaccia per la pace mondiale e un richiamo a un’azione risoluta da parte dell’umanità”.
Una minaccia la costituiscono tuttora, specie la questione del Nagorno-Karabakh, al centro delle dispute tra Armenia e Azerbaigian dal 1988, da quando, cioè, la regione autonoma lasciò la Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaijan e proclamò l’indipendenza dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel ’91. Oggi sembra che siano in corso negoziati sostanziali tra le due nazioni mirati a un cambiamento dello status quo nella regione.
La questione rimarrà tuttavia sullo sfondo del 16° viaggio internazionale del Papa, la cui volontà è principalmente di portare un messaggio di riconciliazione, senza troppo addentrarsi in discussioni geopolitiche. Come sottolineato oggi dal portavoce vaticano Greg Burke, nel briefing di presentazione del viaggio: “La Santa Sede cerca di volare piuttosto alto quando ci sono dispute tra Paesi, per questo, come si dice in inglese, wait and see”.
Più rilevante in tal senso – ha evidenziato il direttore della Sala Stampa vaticana – la preghiera ecumenica di pace che Francesco reciterà nella Chiesa cattolica caldea di San Simone Bar Sabbae, a Tbilisi, il primo giorno di viaggio, alla quale partecipano anche 13 vescovi caldei venuti da Erbil dove è in corso il Sinodo caldeo. O il fatto che, per la prima volta, una delegazione ortodossa prenderà parte alla Messa del Papa nello stadio M. Meskhi, il 1° ottobre.
A tale celebrazione non sarà presente il patriarca Ilia II, che incontrerà invece il Pontefice al suo arrivo nell’aeroporto di Tbilisi previsto per le 15 (quattro ore di volo da Roma-Fiumicino, e due di fuso orario). Lì si terrà una cerimonia di benvenuto, dopodiché il Santo Padre si recherà al Palazzo presidenziale per la visita di cortesia al presidente della Repubblica georgiano, Giorgi Margvelashvili, e l’incontro con autorità, società civile e corpo diplomatico.
A seguire l’incontro privato con il Catholicos nel Palazzo del Patriarcato e quello già citato con circa 300 rappresentanti della comunità assiro-caldea: un “incontro spirituale” animato da canti e preghiere in aramaico, oltre all’orazione del Papa per la pace in Siria e Iraq. Neanche in questa occasione – e lo stesso avvenne nel viaggio di Giovanni Paolo II – ci sarà il Catholicos a pregare a fianco al Pontefice.
Il giorno successivo, Papa Francesco celebrerà la Messa nello stadio M. Meskhi insieme alla comunità cattolica della Georgia, circa il 2,5% su 5 milioni di abitanti. Subito dopo, Bergoglio incontrerà sacerdoti, religiosi, seminaristi nella suggestiva Chiesa dell’Assunta e parlerà a braccio rispondendo alle testimonianze di un sacerdote armeno cattolico, un giovane, un seminarista e una madre di famiglia.
Ancora un incontro, nel pomeriggio, con 700 tra operatori delle Opere di carità della Chiesa e i loro assistiti, davanti al Centro assistenza gestito dai Camilliani; poi la visita nella cattedrale patriarcale di Svetitskhoveli, “fulcro spirituale” dell’intera nazione. Francesco si congeda da Tbilisi la domenica mattina per volare a Baku, in Azerbaigian. Uno Stato laico, questo, con 9 milioni di abitanti, dove la comunità cattolica è pari ad un piccolo gruppo di un centinaio di persone. Con loro, il Papa celebrerà la Messa nella Chiesa dell’Immacolata nel Centro Salesiano.
Sono i salesiani, infatti, a portare avanti la Prefettura apostolica del Paese, guidata dal vescovo Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico per il Caucaso dei cattolici di rito latino, e sostenuta anche da opere missionarie come quelle delle suore di Madre Teresa. Sempre con i salesiani e con il seguito (oltre a Parolin e Becciu, anche i cardinali Koch e Sandri, e un cameriere di Santa Marta, in rappresentanza del personale vaticano), Papa Francesco trascorrerà il pranzo. Dopo una breve pausa, presenzierà alla cerimonia protocollare di benvenuto nel Palazzo Presidenziale di Ganjlik, dove, poco dopo, avrà luogo la visita di cortesia al presidente della Repubblica di Azerbaigian, Ilham Aliev.
La visita del Papa proseguirà al Monumento ai caduti per l’indipendenza, dove deporrà una corona di fiori, e al centro “Heydar Aliyev” realizzato nel 2014 dall’archistar Zaha Hadid, per incontrare le autorità e firmare col presidente il Libro d’Onore. Percorrendo un breve tragitto di 8 km, il Santo Padre si sposterà infine nella Moschea “Heydar Aliyev” per l’incontro interreligioso con lo Sceicco e i rappresentanti dalle diverse comunità religiose. Il viaggio si concluderà con la cerimonia di congedo nell’aeroporto di Baku, alle 19. L’arrivo a Roma-Ciampino è previsto alle 22; durante il volo Francesco rilascerà la consueta intervista ai circa 70 giornalisti che lo accompagneranno in aereo.