Cardinal Peter Turkson

Foto © ZENIT (HSM)

La sfida del card. Turkson per "una nuova economia sociale"

Il porporato ha inaugurato oggi il convegno internazionale «L’economia secondo Papa Francesco» alla Pontificia università della Santa Croce

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Si è aperto oggi, 13 settembre, alla Pontificia università della Santa Croce di Roma, il convegno internazionale «L’economia secondo Papa Francesco». Ad inaugurare i lavori il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson che nel suo intervento – riportato da L’Osservatore Romano – ha lanciato la sfida di un nuovo modello di “economia sociale di mercato”, che non abbia come esclusivo obiettivo il guadagno, ma investa sulle persone, ne garantisca la dignità e tuteli il mondo in cui viviamo.
Il presidente del Pontificio Consiglio ‘Giustizia e Pace’ ha parlato di una “economia che uccide”, riprendendo una espressione del Pontefice; un’economia, quella di oggi, i flussi finanziari, la produttività e l’efficienza tecnica sono prioritari e “i numeri contano più delle persone”, e che porta così ad esclusione e disuguaglianze.
Il problema, ha spiegato il porporato, è che siamo di fronte a una “nuova idolatria del denaro”: “Il vitello d’oro antico è tornato in una nuova veste spietata”. Dunque è una “economia liquida” che “va di pari passo con la cultura dell’usa e getta” e che conduce ad un “relativismo culturale in cui tutto è irrilevante a meno che non serva ai propri interessi immediati”. Tutto ciò – ha annotato Turkson – si basa, tra l’altro, “sulla menzogna che ci sia una scorta infinita di beni sulla terra”.
La soluzione proposta da Papa Francesco a questa deriva è la ricerca di “un progresso più sano, più umano, più sociale, più integrale”, di un’economia che persegua l’obiettivo dello sviluppo umano e la possibilità per tutti di vivere bene, con dignità e in armonia con la natura. Per far sì che tale visione diventi una realtà, secondo il cardinale, occorre innanzitutto applicare alla moderna economia di mercato principi come “la solidarietà, la sussidiarietà e il bene comune”; poi è necessario avere una “opzione preferenziale per i più poveri” restituendo loro ciò che questo tipo di economia ha sottratto.
Anche, ha aggiunto il capo Dicastero, bisogna entrare anche in una mentalità di “solidarietà tra le generazioni” e di “solidarietà con la natura stessa”, perché le storture dei modelli economici attuali hanno portato a cambiamenti climatici, inquinamento, perdita delle biodiversità, emergenze idriche. Uomini, generazioni future, natura: tutto è connesso, ha affermato il card. Turkson; perciò, “siamo obbligati a pensare un mondo con un piano comune”.
Entrando nel concreto, il prefetto del nuovo Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale – che sarà operativo dal 1° gennaio prossimo – ha suggerito tre livelli di intervento. Innanzitutto l’occupazione, perché “il lavoro, come spesso ricorda Papa Francesco, non è solo il guadagnarsi il pane, ma è dignità”. È necessario perciò dare priorità all’obiettivo di un lavoro stabile per tutti, puntando soprattutto su occupazione e formazione delle giovani generazioni.
Altro settore sul quale intervenire a livello internazionale è quello delle disuguaglianze sociali.”Negli ultimi anni — ha sottolineato il porporato — emergono sempre più prove che l’eccessiva disuguaglianza è un male anche per la crescita economica, per la stabilità finanziaria, per la fiducia e la coesione sociale”. La disuguaglianza, infatti, “genera violenza e distrugge la pace”. E quando le società diventano troppo diseguali, “perdono il senso di uno scopo comune”.
Infine, la lotta al degrado ambientale, considerando che l’economia degli ultimi decenni è stata basata sui criteri della vecchia industrializzazione, con al centro lo sfruttamento di petrolio, carbone e gas. Questo, ha spiegato il cardinale Turkson richiamando la Laudato si’, “sta portando a un inquinamento estremo, a un cambiamento climatico galoppante”, a un lascito di “detriti, desolazione e sporcizia”, dimenticando che “quando maltrattiamo la natura, maltrattiamo anche gli uomini, soprattutto i poveri e i più vulnerabili”. Che, tra l’altro, sono anche “i meno responsabili della crisi ecologica”.

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ZENIT Staff

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