Particolarmente attuale e delicato è il compito dei vescovi nei territori di missione, impegnati, come i primi apostoli e i vescovi dell’inizio del Medioevo, nella cosiddetta “evangelizzazione primaria”. È proprio a questa categoria ecclesiale che papa Francesco ha dedicato la sua udienza di stamattina.
I presuli sono stati ricevuti nella Sala Clementina, nell’ambito di uno speciale seminario di aggiornamento loro riservato, promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il cui prefetto, cardinale Ferdinando Filoni, ha introdotto l’incontro, rivolgendo il suo indirizzo di saluto al Santo Padre.
Ogni vescovo, ha spiegato il Pontefice, è una sorta di “vicario del «Pastore grande delle pecore» (cfr Eb 13,20)”, ovvero Gesù Cristo, ed è “chiamato a manifestare con la vita e il ministero episcopale la paternità di Dio, la bontà, la sollecitudine, la misericordia, la dolcezza e insieme l’autorevolezza di Cristo, venuto per dare la vita e per fare di tutti gli uomini una sola famiglia, riconciliata nell’amore del Padre”.
Vivendo la speciale vocazione ad operare nei “territori di missione”, i vescovi ‘di frontiera’ hanno “il grande privilegio e al tempo stesso la responsabilità di essere in prima fila nell’evangelizzazione”. Come il “Buon Pastore”, sono invitati a “curare il gregge e andare in cerca delle pecore, specialmente di quelle lontane o smarrite” ma anche ad aiutare i battezzati “non praticanti” o “tiepidi” a “crescere nella fede” e a riscoprire “la gioia della fede e una fecondità evangelizzatrice”.
Ai presuli, il Papa ha ricordato la presenza nei territori di missione di molti “laici” che, “immersi in un mondo segnato da contraddizioni e ingiustizie”, si rendono comunque “disponibili a cercare il Signore e a rendergli testimonianza” e meritano l’incoraggiamento del vescovo.
“Le Chiese giovani di cui siete i Pastori – ha detto Francesco rivolto ai presuli – si caratterizzano per la presenza di un clero locale a volte numeroso, a volte scarso o addirittura esiguo”. Da qui l’esortazione a “prestare attenzione alla preparazione dei presbiteri negli anni di Seminario, senza smettere di accompagnarli nella formazione permanente dopo l’Ordinazione”, offrendo loro “un esempio concreto e tangibile” ed avendo sempre cura anche della “dimensione personale”.
Se, ad esempio, un vescovo riceve una telefonata o una lettera da parte di un suo presbitero, “risponde subito! Lo stesso giorno se possibile”, ha raccomandato a braccio il Santo Padre
Ai vescovi dei territori di missione, Bergoglio ha chiesto di “vigilare attentamente” affinché le loro attività pastorali e missionarie non siano “danneggiate o vanificate da divisioni già presenti o che si possono creare”, a partire dalle “differenze dovute alle varie etnie presenti in uno stesso territorio”, le quali “non devono penetrare nelle comunità cristiane fino a prevalere sul loro bene”.
A braccio, ha quindi aggiunto: “Le divisioni sono l’arma che il diavolo ha più alla mano per distruggere la Chiesa da dentro. Ha due armi, ma quella principale è la divisione; l’altra sono i soldi. Il diavolo – ha proseguito Francesco – entra per le tasche e distrugge con la lingua, con le chiacchiere che dividono e l’abitudine a chiacchierare è un’abitudine di terrorismo”, al punto che “il chiacchierone è un terrorista che butta la bomba – la chiacchiera – per distruggere”.
Per prevenire questi rischi, la Chiesa è pertanto “chiamata a sapersi porre sempre al di sopra delle connotazioni tribali-culturali e il Vescovo, visibile principio di unità, ha il compito di edificare incessantemente la Chiesa particolare nella comunione di tutti i suoi membri”, ha poi concluso il Papa, prima della benedizione finale.
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“Il demonio ha due armi per distruggere la Chiesa: soldi e divisioni”
Ricevendo in udienza i vescovi dei territori di missione, Francesco raccomanda: “Se un prete vi chiama o vi scrive, rispondetegli subito!”. E condanna ancora una volta il “terrorismo delle chiacchiere”