La canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta ha dato lo spunto a Renato Farina per ripubblicare un suo vecchio saggio, che rievocava, in modo particolare, l’incontro dell’autore con la santa albanese e il controverso passaggio dell’“aridità spirituale”, da lei stessa patita.
È così uscito Madre Teresa (Piemme, 2016), che riprende per intero il testo di Madre. La notte della fede, pubblicato dal medesimo editore nel 2009.
La nuova edizione gode della prefazione di monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ricorda, innanzitutto come quasi tutti i Giubilei dell’ultimo secolo siano stati caratterizzati dalle canonizzazioni di figure di altissimo profilo: nel 1933 (Anno Santo straordinario), Pio XI canonizzò San Giovanni Bosco, mentre nel 1950, Pio XII fece altrettanto con Santa Maria Goretti; fino ad arrivare al Grande Giubileo del 2000, quando Giovanni Paolo II fa santa la sua connazionale Faustina Kowalska.
La più recente canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, secondo Fisichella, “sembra volerci dire che la misericordia non può essere solo un annuncio, né può essere limitata alla preghiera, ma deve trasformarsi in vita quotidiana”.
Accennando alla “notte della fede”, sperimentata dalla santa, il presule ricorda come questo aspetto della sua vita sia stato strumentalizzato da alcuni autori non credenti “come l’espressione della sua disperazione e dell’inutilità della fede”, laddove, in realtà, “se Madre Teresa non avesse avuto la forza della fede, sostenuta anche dal silenzio di Dio che le parlava però in maniera molto eloquente nel volto dei più poveri tra i poveri […] non avrebbe mai avuto la forza di compiere in maniera così eroica quanto ha potuto realizzare”.
Quindi Madre Teresa fu “presa in parola” da Dio, che mai l’ha abbandonata. Rimanendo “stretta a Maria ai piedi della croce”, Madre Teresa “aveva compreso il vero amore, quello che dà tutto per la persona amata senza nulla voler ricevere in cambio”.
Il saggio di Farina non è strutturato come una vera biografia ma come una galleria di aneddoti e riflessioni, il cui punto di partenza è un interrogativo inquietante: può una santa come Madre Teresa aver mai perso la fede?
Lo spunto sorse, allorché nell’estate 2007, fu pubblicato l’articolo-choc del Time, in cui si rivelava che Madre Teresa avrebbe chiesto la distruzione di molte sue lettere, in cui lei stessa confidava la sua crisi spirituale, che sarebbe durata fino al momento della morte.
Eppure, scrive Farina, se anche la tesi del Time fosse stata vera, “quello che mi ha testimoniato quella donnina è molto più vero delle sue eventuali segrete ritrattazioni”. Sarebbe stato come se “Cristoforo Colombo negasse, sotto tortura, la scoperta dell’America…”.
Quello che la santa albanese aveva sperimentato era lo spirito del “misterioso Sabato Santo”. Madre Teresa è una santa dell’“era post-moderna”, dell’epoca della “disillusione dell’ideologia”, quando si inizia a capire che “non è il disegno sociale a vincere, ma forse sarà la scienza, di certo la volontà super-umana del desiderio autorealizzantesi”. E Madre Teresa, nel suo “niente” e nel suo “ho sete”, ha dato una “risposta a questa domanda pur presente in quell’impazzimento”.
Il libro di Farina è anche il personale omaggio ad una santa da lui personalmente conosciuta ed assai amata. In particolare viene raccontato l’episodio di quanto l’autore e la moglie avevano preso contatto con Madre Teresa per avviare la pratica di adozione di un bambino, salvo poi venire a sapere che le adozioni era riservate a coppie senza figli (e i Farina ne avevano già due). In questa occasione Madre Teresa aveva voluto mettere alla prova quanto fosse autentico il desiderio di paternità nello scrittore.
A più riprese, nell’opera, si accenna al legame di “parentela spirituale” tra la nuova santa e la sua omonima di Lisieux. Ma anche con don Luigi Giussani, che, condivide con Madre Teresa la virtù dell’obbedienza e l’appartenenza ad un cristianesimo profondamente incarnato ed “umano”.
In coda al volume, Farina riporta alcuni passaggi di discorsi in cui l’iniziatore di Comunione e Liberazione definisce Madre Teresa una donna, a suo avviso, capace di “vedere l’Eterno” nei volti dei disgraziati che amava e curava, i quali tra le braccia della santa, dopo una vita di stenti morivano “come un re”.
Per don Giussani, Madre Teresa era il “miracolo più bello e commovente della Chiesa. “Si è curvata per anni sui poveri, come ci si curva su Gesù sofferente. Fu la sua consapevolezza di donna e di suora – scrisse Giussani nel messaggio di cordoglio per la sua morte, nel settembre 1997 -. L’amore a Cristo è stata la forma e la ragione del suo protagonismo in questo secolo, che l’ha resa come luce nella notte. La Chiesa e il mondo hanno riconosciuto in lei un simbolo della costruzione della pace”.
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Per approfondimenti si consiglia la lettura dell’intervista a Renato Farina, in occasione dell’uscita della prima edizione (2009): https://it.zenit.org/articles/anche-madre-teresa-visse-la-notte-della-fede-2/
Madre Teresa e don Giussani: una “parentela spirituale”
In occasione della canonizzazione, ripubblicato il libro di Renato Farina sulla santa albanese, con prefazione di monsignor Fisichella