Temperamento vulcanico, profonda cultura, spiccata comunicatività, ma anche – e soprattutto – una intensa spiritualità: il Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò, sa catturare e tenere viva l’attenzione degli uditori, e li sa condurre là dove egli desidera: al cuore del Vangelo.
Ho avuto modo di incontrarlo lo scorso sabato 3 settembre, durante un evento promosso dalla Rivista Maria Ausiliatrice nella affascinante cornice del Museo della Radio e della Televisione a Torino. Lo scopo era la presentazione del suo nuovo libro Credo negli esseri umani, la buona novella pop, edito dalla Rubettino. L’evento è durato molto più a lungo del previsto, tant’è che la folla che gremiva la sala ha lasciato i locali ben oltre l’abituale orario di chiusura, ma davvero sono certo che nessuno dei presenti si sarà annoiato, anzi: in molti ci siamo trattenuti in strada per molto tempo, pur di carpire ancora un frammento di discorso, ancora una parola (o magari una nota…).
Sì, una nota. Perchè, come me, molti di voi ricorderete Mons. Staglianò per averlo visto su Youtube ed in TV, cantare, o meglio “cantillare” durante le sue omelie. La cantillazione, in latino cantillatio, è “il canto liturgico di recitazione con modulazione melodica dei testi sacri in prosa” (Wikipedia). Un cantare senza accompagnamento strumentale, come usano i monaci.
L’intuzione del Vescovo di Noto è stata utilizzare frammenti di canzoni pop, riconosciute ed orecchiabili, per trasmettere il messaggio di Gesù: “Da anni – ha dichiarato ad Avvenire – insisto nelle mie omelie sul concetto dell’umano dell’uomo che va perdendosi dentro la società dell’ipermercato. Dentro la legge narcisista del consumo si perde qualcosa di noi e si crea nella nostra esistenza un grande vuoto. Quando casualmente ascoltando la radio ho scoperto brani pop che ripetono questi concetti e in cui i giovani si immedesimano, grazie alla forza della musica, ho deciso di utilizzarli”.
E il metodo funziona davvero! Molti giovani oggi disertano le chiese perché si annoiano: “non ascoltano più nulla, neppure la Parola di Dio”. Allora occorre risvegliarli: andare oltre l’ecclesiale per usare il linguaggio più universale, quello delle “cosiddette canzonette” che, a rileggerle bene, “non sono poi da considerare in maniera così indulgente ma hanno testi che possono e sanno veicolare verità profonde che, talvolta, non sappiamo più come comunicare”. E così durante le sue omelie Mons. Antonio Staglianò (o don Tonino come ama farsi chiamare) cantilla Vuoto a perdere di Noemi, o versi di Mengoni, Vecchioni e svariati altri artisti.
“Il problema – ha osservato il Vescovo di Noto – potrebbe essere: questi testi hanno dignità letteraria o no? Possono essere messi alla stessa stregua della letteratura dei grandi? Le tragedie greche, oggi considerate unanimemente opere straordinarie di letteratura, erano alla fin fine ‘telenovelas pop’ dell’epoca. E allora? nella musica pop non si può trovare sapienza umana? E quando predichiamo il Vangelo non ci interessiamo all’umano dell’uomo? In verità, i testi delle ‘canzonette’, nella misura in cui intercettano dimensioni dell’umano dell’uomo, appartengono di diritto al Vangelo e alla sua predicazione”.
L’esempio? Il Cantico dei Cantici, nato per celebrare l’amore tra un uomo e la donna, ma che rinvia a qualcos’altro, un amore più profondo: l’amore tra Dio e il suo popolo Israele, l’amore tra Cristo e la Chiesa. Ebbene, anche nelle “canzonette” possiamo trovare dei testi che ben si adattano a descrivere il rapporto tra l’uomo e Dio. Perchè non usarli se aiutano a comunicare la Parola di Dio a chi diversamente non la ascolterebbe?
Una precisazione don Tonino la fa: “non crediate che io canti soltanto… le mie omelie durano mezz’ora (in media 28 minuti n.d.r.) ed io parlo per tutto il tempo di Gesù. Alla fine sì, cantillo magari due minuti… ed ecco che quei due minuti finiscono subito su Youtube, ma per il resto parlo di Gesù”.
Riflettendo sul titolo del libro il Vescovo ha osservato: “Ma chi ha detto: «Credo negli esseri umani»? Chi?”. A questo punto il suo sguardo è passato come lama tagliente sulla sala, quasi a penetrare, uno per uno, tutti gli uditori: “Chi è che crede negli esseri umani? Non è forse Gesù? Non è di Dio la voce che venne dal cielo, durante il Battesimo di Gesù, e disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». E ancora sul Tabor: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo»”. Dio crede negli esseri umani anche ora, anche quando noi non lo ascoltiamo, “anche quando i nostri ragazzi disertano le Messe e si perdono dietro a fenomeni come la caccia ai Pokemon Go”. È allora, proprio allora, che dobbiamo parlare ai giovani con il linguaggio che loro meglio comprendono. Per arrivare al loro cuore. Per portare Gesù nel loro cuore.
Ma il lavoro di don Tonino non è ancora terminato. Il suo progetto comunicativo è articolato su tre registri: il primo è utilizzare la citazione di testi, talvolta definiti “profani”, ma che “parlano di Gesù molto di più di quanto crediamo”. Il secondo è il libro pubblicato ora (Credo negli esseri umani. Cantando la Buona Novella pop, edito da Rubbettino, con prefazione di Mons. Giovanni D’Ercole, Vescovo di Ascoli Piceno). Il terzo, la “sfida” che vede ora impegnato il Vescovo di Noto, consiste nello scrivere lui stesso testi che possano poi venire interpretati da qualche cantante, così da affidare anche a loro il compito di diffondere la Parola di Gesù.
E così il cerchio si chiude: la Parola, passata attraverso la cantillazione nelle omelie, torna a Gesù tramite la canzone.
Davvero un bella serata, iniziata con l’apertura musicale del compositore iraniano Alireza Mortazavi, condotta da una bravissima Alessandra Ferraro, vicecaporedattore del Tgr Rai della Valle d’Aosta, e da uno spumeggiante don Livio Demarie, direttore della Rivista Maria Ausiliatrice e direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Diocesi di Torino.
***
Fonte: La Buona Parola
Foto: Renzo Bussio (La Voce del Tempo)
Mons. Staglianò: la Buona Novella, dal pop al cuore dei giovani
Il vescovo di Noto presenta il suo libro a Torino e si sofferma sulla “cantillazione” che l’ha reso un personaggio