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Mogol: “L’umiltà è la vera grandezza”

Il più celebre dei parolieri italiani racconta il suo rapporto con la spiritualità, la sua opinione sugli ultimi Papi e su Madre Teresa e rievoca la sua collaborazione con Lucio Battisti

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Dinamico e al contempo riflessivo, 80 anni da poco compiuti, autore di più di 150 testi musicali di successo: è questo Giulio Rapetti Mogol, per tutti solo Mogol, il più famoso paroliere italiano, da oltre 50 anni al centro della scena musicale italiana. Il mio mestiere è vivere la vita, in uscita il 19 settembre, è la sua prima autobiografia scritta di suo pugno, edita da Rizzoli, il cui titolo, azzeccatissimo, è il verso di un brano che lo rese assai celebre, e la sintesi della sua visione del mondo. Mogol è ancora così, libero da condizionamenti come il suo famoso “canto”, sia nella vita professionale che nelle sue idee e così, allo stesso modo, lo sono ora tutti i brani nati dal sodalizio artistico con il leggendario cantautore reatino Lucio Battisti. Infatti, dopo un’accesa battaglia legale sui diritti d’autore con la moglie di Battisti, Grazia Letizia Veronese, dal 25 luglio 2016, le celebri canzoni – Acqua azzurra, acqua chiara, Fiori rosa, fiori di pesco, La canzone del sole e molte altre – sono ora fruibili a tutti e utilizzabili in pubblicità, film, festival, Internet. Ed è a Mogol che va il merito di essersi assunto la responsabilità di tramandare ai posteri un patrimonio inestimabile, frutto di un connubio artistico ed emotivo unico nel suo genere, che potrebbe valergli il premio Nobel per la letteratura, dando lustro, così, anche al nostro Paese.
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Che ruolo ha la spiritualità nella sua vita?
La spiritualità è sempre presente, è insita nella condotta delle persone. È sul rapporto umano, infatti, che si mettono in gioco le doti morali.
Quindi, si affida a essa anche nel comporre i brani?
Dipende dai momenti ma certamente è strettamente connessa con la coscienza. Per dirla con un mio aforisma: “Il corpo è un regalo, la coscienza è una conquista”.
A proposito di spiritualità, cosa pensa di Papa Francesco e della sua visione della Chiesa?
Lo spiega bene un aforisma che scrissi per Bergoglio: “come due fratellini disegnano la stessa mamma in due modi diversi, così gli uomini Dio”. Lo avevo regalato al Papa pensando che potesse aiutarlo, essendo lui un punto di riferimento per tutte le religioni. Con questo Papa, si può affermare che abbiamo ripreso la strada tracciata da Gesù Cristo. Un percorso iniziato con Giovanni Paolo II e continuato con Benedetto XVI, che ritengo sia stato l’artefice del “progetto Papa Francesco”. Io ne sono convinto anche se non ho prove certe ma a mio avviso, è lui ad aver appoggiato questa candidatura, non avendo più lui la forza fisica necessaria.
E invece qual è la sua opinione sulla canonizzazione di Madre Teresa, ora Santa Teresa di Calcutta?
È una santa che ho sempre ammirato e in onore del suo operato ho scritto l’aforisma: “L’umiltà è la vera grandezza”. Nessuno è così luminoso come lei e spero che il Vaticano le conceda l’onorificenza di “dottore della chiesa”: sarebbe così la quinta Santa donna a riceverla, dopo Santa Caterina da Siena, Santa Teresa d’Avila, Teresa da Lisieux (n.d.r. ispiratrice di Madre Teresa) e Ildegarda di Bingen.
Lei è fondatore del Cet, il Centro europeo di Toscolano: che obiettivo si propone con la sua scuola di musica pop?
Principalmente quello di ridare lustro alla cultura popolare, che si trovava in uno stato di grave recessione, quando 25 anni fa decisi di fondare la scuola. Dalla cultura popolare dipende la qualità della popolazione. Quindi, con questo scopo illustre fondai la cittadella, impegnandomi personalmente ed economicamente, per ridare in parte alla società quanto mi aveva donato con il successo e la fama. Contiamo già 2500 allievi diplomati e vantiamo bilanci in attivo.
Il Cet è accreditato anche a livello internazionale?
La scuola gode di prestigio internazionale. Siamo stati chiamati e invitati in Kazakistan per insegnare a docenti e allievi e lo stesso in Polonia. Dopo numerose richieste stiamo preparando un progetto europeo, col patrocinio del Ministero dei Beni culturali e della Pubblica Istruzione, che ci permetta di formare professori di musica popolare per i conservatori, anche quelli di Santa Cecilia.
Quali giovani emergenti del panorama musicale nazionale e non, sono a suo avviso, dei veri talenti?
Arisa, che proviene dalla nostra scuola, così come il paroliere e compositore Giuseppe Anastasi. Sempre dei nostri: Pascal, cantante originario di Napoli, ora famoso in Afghanistan come Pazanistan. Di persone capaci ne diplomiamo diverse, il problema resta la promozione. Spesso le radio tendono a diffondere cantanti che già vantano accordi privilegiati o che provengano dalle loro etichette o dai reality musicali, dove il sapere è un optional.
Nella sua vita è molto attivo nella beneficienza. Ci può raccontare?
Ho fondato la nazionale cantanti nel 1981 e nelle partite del cuore ho giocato come capitano raccogliendo all’incirca 90 milioni di euro, devoluti alle associazioni che si occupano di bambini che soffrono e malati di leucemia.
Progetti per il futuro?
In questi giorni registrerò la prima puntata su Raiuno di un programma che si intitolerà Viva Mogol, la cui prima puntata, se non ricordo male, andrà in onda il 24 settembre e la successiva, in ottobre. In tanti artisti nazionali e internazionali parteciperanno per cantare le mie canzoni: è stato un dono che ho gradito molto.
A proposito di canzoni memorabili, tante – Emozioni, La Canzone del Sole, Mi ritorni in mente – furono quelle nate dal sodalizio artistico con Lucio Battisti. Può raccontarci qualche aneddoto?
Il nostro era un rapporto professionale e di amicizia basato su una grandissima stima reciproca. Una settimana all’anno ci trovavamo per comporre circa sette canzoni in sette giorni. Io ogni giorno, già, alle 10.30 di mattina avevo terminato la mia parte e lui in un solo giorno componeva la musica e imparava a memoria il testo. Era un professionista davvero serio ed estremamente talentuoso.
A suo avviso, qual è l’impatto dei social network sul mercato musicale?
Non sono molto attivo sui social network, al di là di Twitter sul quale ho scritto finora più di 250 aforismi. Penso però che siano una risorsa e permettano alle nuove generazioni di costituirsi una memoria storica sui cantanti del passato. Come nel caso di Lucio Battisti, ora le sue canzoni sono fruibili on-line, su Itunes e altri motori di ricerca dedicati, dopo che ho vinto la prima battaglia legale sui diritti d’autore con la società di sua moglie, Acqua azzurra S.r.L., che non consentiva alcuna diffusione, neppure per i festival o le colonne sonore dei film. Si rischiava di perdere un patrimonio inestimabile.
Universalmente lei è considerato un poeta. Cosa ne pensa al riguardo?
A questo proposito, è stata fondata un’associazione no profit il Nam (Nobel a Mogol) dal presidente, il bocconiano Nando Paoletti e i giornalisti Milo Goj e Nestar Tosini, per proporre la mia candidatura al premio Nobel per la letteratura. Dallo studio delle mie canzoni, i tre, tutti esperti di letteratura, sono giunti alla conclusione che si trattasse di vere e proprie poesie. Ora spetta ai professori e agli addetti ai lavori “segnalarmi” secondo una procedura segreta, imposta dal Comitato del Nobel. Io sono comunque molto grato.
In effetti, oggi sono i parolieri i moderni poeti.
I libri di poesie vendono, nella migliore della ipotesi, un migliaio di copie. La canzone L’emozione non ha voce, di cui ho appunto curato il testo, la cantano circa 20 milioni di persone. Il merito maggiore è di Gianni Bella, che è, in assoluto, un genio della musica.

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Rita Ricci

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