La proclamazione dell’adempimento della profezia di Isaia su se stesso rappresenta il primo grande annuncio della Misericordia da parte di Gesù. Le parole di Cristo nella sinagoga di Nazareth avrebbero potuto suscitare “un applauso” oppure la commozione dei suoi “compaesani”. Egli è invece «segno di contraddizione» (Lc 2,34) e la reazione nei suoi confronti è ostile e violenta.
Commentando il Vangelo odierno, papa Francesco ha aperto l’omelia in occasione della Santa Messa Crismale del Giovedì Santo, da lui presieduta nella Basilica di San Pietro e concelebrata da tutti i cardinali, vescovi e presbiteri (diocesani e religiosi) presenti a Roma. Come da tradizione, nel corso della liturgia, i sacerdoti hanno rinnovato le promesse fatte al momento della Sacra ordinazione, con successiva benedizione dell’olio degli infermi, dell’olio dei catecumeni e del crisma.
L’annuncio del Vangelo della Misericordia non è, per Gesù, una battaglia finalizzata a “consolidare uno spazio di potere”. Egli “rompe recinti” e “mette in discussione sicurezze”, aprendo così “una breccia al torrente della Misericordia che, con il Padre e lo Spirito, desidera riversare sulla terra”. Gesù porta la Misericordia “nella terra di nessuno, dove regnavano l’indifferenza e la violenza”.
Ispirandoci all’esempio del Buon Samaritano (cfr Lc 10,37), anche noi possiamo “fare un esercizio con la memoria e scoprire come il Signore ha usato misericordia con noi, come è stato molto più misericordioso di quanto credevamo, e così incoraggiarci a chiedergli che faccia un piccolo passo in più, che si mostri molto più misericordioso in futuro”, ha sottolineato il Papa.
I sacerdoti, ha aggiunto, hanno il “dolce e confortante compito” di incarnare la Misericordia, nonché di “inculturarla, affinché ogni persona la riceva nella propria personale esperienza di vita e così la possa comprendere e praticare – creativamente – nel modo di essere proprio del suo popolo e della sua famiglia”.
Francesco ha quindi indicato “due ambiti nei quali il Signore eccede nella sua Misericordia”, il primo dei quali è quello dell’incontro, che possiamo riscontrare già nella parabola del Padre Misericordioso che, al ritorno del Figliol Prodigo, “lo abbraccia e lo bacia e si preoccupa di mettergli l’anello che lo fa sentire uguale, e i sandali propri di chi è figlio e non dipendente; e poi come mette tutti in movimento e ordina di organizzare una festa”.
Di fronte a questa “sovrabbondanza di gioia del Padre”, non dobbiamo avere “paura di esagerare nel nostro ringraziamento”, come fece quel lebbroso che “lascia i suoi nove compagni che vanno a compiere ciò che ha ordinato Gesù e torna ad inginocchiarsi ai piedi del Signore”.
Grazie alla misericordia, ad ogni persona è restituita la sua “dignità originaria”: quando la si riceve, l’atteggiamento giusto è quello “effusivo” e della festa. “Può farci bene domandarci: dopo essermi confessato, festeggio? O passo rapidamente ad un’altra cosa, come quando dopo essere andati dal medico, vediamo che le analisi non sono andate tanto male e le rimettiamo nella busta e passiamo a un’altra cosa”, ha osservato il Papa.
“E quando faccio l’elemosina – ha proseguito – dò tempo a chi la riceve di esprimere il suo ringraziamento, festeggio il suo sorriso e quelle benedizioni che ci danno i poveri, o proseguo in fretta con le mie cose dopo ‘aver lasciato cadere la moneta’?”.
L’altro ambito in cui agisce la Misericordia è quello del “perdono”, con cui il Signore annulla “debiti incalcolabili” e “ci fa passare direttamente dalla vergogna più vergognosa alla dignità più alta senza passaggi intermedi”.
Mentre Simon Pietro confessa il suo peccato e chiede a Gesù di allontanarsi, “Lui lo eleva alla dignità di pescatore di uomini”. Noi, al contrario, “quando ci vergogniamo del peccato, ci nascondiamo e andiamo con la testa bassa, come Adamo ed Eva, e quando siamo elevati a qualche dignità cerchiamo di coprire i peccati e ci piace farci vedere, quasi pavoneggiarci”, ha osservato il Pontefice.
Invece, di fronte al “perdono sovrabbondante del Signore”, ognuno di noi dovrebbe mantenersi in una “sana tensione tra una dignitosa vergogna e una dignità che sa vergognarsi”, ovvero “accettare che il Signore lo innalzi per il bene della missione, senza compiacersene”, come fa Pietro, nell’accettazione del suo ministero, dopo il perdono per il triplice rinnegamento.
“Come sacerdoti, noi ci identifichiamo con quel popolo scartato, che il Signore salva, e ci ricordiamo che ci sono moltitudini innumerevoli di persone povere, ignoranti, prigioniere, che si trovano in quella situazione perché altri li opprimono”, ha ricordato il Santo Padre.
A fronte di ciò, tuttavia, vi sono numerosi ostacoli e tranelli: “la nostra anima se ne va assetata di spiritualità, ma non per mancanza di Acqua Viva – che beviamo solo a sorsi –, ma per un eccesso di spiritualità “frizzanti”, di spiritualità “light”, oppressi non tanto da invalicabili mura di pietra o da recinzioni di acciaio”, come molti popoli, ma “da una mondanità virtuale che si apre e si chiude con un semplice click”, ha commentato il Papa.
“Siamo oppressi – ha spiegato – ma non da minacce e spintoni, come tanta povera gente, ma dal fascino di mille proposte di consumo che non possiamo scrollarci di dosso per camminare, liberi, sui sentieri che ci conducono all’amore dei nostri fratelli, al gregge del Signore, alle pecorelle che attendono la voce dei loro pastori”.
In conclusione, Bergoglio ha esortato ad accogliere “con dignità che sa vergognarsi, la Misericordia nella carne ferita del nostro Signore Gesù Cristo, e gli chiediamo che ci lavi da ogni peccato e ci liberi da ogni male”.
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Il Papa: “Attenti alla spiritualità ‘light’ e alla mondanità virtuale”
Durante la Messa Crismale del Giovedì Santo, Francesco ricorda ai sacerdoti il loro “dolce e confortante compito” di incarnare la Misericordia