"The Return of the Prodigal Son" (1627-28) by Guercino

Guercino (1591-1666) -

Nella purificazione e nella santificazione il cristiano non è solo

L’indulgenza plenaria quotidiana è il dono specifico di ogni Giubileo

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La diocesi di Tortona, con il suo vescovo monsignor Vittorio Francesco Viola, ha preparato un sussidio per il Giubileo della Misericordia. Spiegando la teologia stessa del Giubileo si afferma che «ciò che caratterizza l’Anno Santo, fin dal suo esordio nel 1300, e resta il suo specifico dono, è l’Indulgenza Plenaria quotidiana». Proprio per comprenderne meglio il significato e la pregnanza di tale aspetto ecco il brano del sussidio in cui viene esposta la “bella notizia” dell’indulgenza giubilare.

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L’anno giubilare si presenta come un momento particolare di grazia, nella forma della riconciliazione con Dio e con i fratelli.

In primo piano è posto quindi il sacramento della Penitenza, come “seconda tavola di salvezza”, proposto con forza nei giorni del Giubileo e offerto con generosa sollecitudine (tutti i sacerdoti hanno la facoltà di rimettere anche i peccati “riservati”). Tuttavia va ricordato che il sacramento della Penitenza di fatto è accessibile in modo ordinario sempre, anche nei tempi non giubilari.

Ciò che caratterizza l’Anno Santo, fin dal suo esordio nel 1300, e resta il suo specifico dono, è l’Indulgenza Plenaria quotidiana, che i fedeli possono ricevere, per sé o per i defunti, facendosi pellegrini vero le Basiliche Romane o le Chiese Giubilari delle singole diocesi.

Il Beato Paolo VI insegnava che “l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi” (Indulgentiarum Doctrina 1).

Per comprendere bene questo aspetto della nostra fede bisogna tener presente che il peccato ha una duplice conseguenza:

1) Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato.

2) Ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del peccato.

Queste due pene non devono essere concepite come una punizione o, peggio, una specie di vendetta, che Dio infligge, bensì come il frutto stesso del peccato, poiché il peccato porta in sé la propria sanzione. Rifiutando il Signore, il peccatore fa propria la vanità delle cose malvagie, secondo la metafora del profeta Ezechiele della “pentola arrugginita, da cui non si stacca la ruggine” (Ez 24,6).

Il sacramento della Penitenza dona a chi lo riceve la certezza del perdono del peccato e la restaurazione della piena comunione con Dio. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato, la “crosta della ruggine” che va rimossa.

Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi anche, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell’uomo vecchio per rivestire l’uomo nuovo.

Il cristiano, anche nel suo sforzo di purificarsi dal peccato e di santificarsi, non si trova solo: “La vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona” (Indulgentiarum Doctrina 5).

A questa “mistica persona”, a questa comunità legata dal vincolo della carità che è la Chiesa, appartiene un tesoro spirituale meraviglioso, costituito dall’infinito ed inesauribile valore che i meriti di Cristo hanno presso il Padre, offerti perché tutta l’umanità sia liberata dal peccato e pervenga alla comunione con la Trinità. Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere della Beata Vergine Maria e di tutti i santi, il sangue dei Martiri e le lacrime degli Innocenti, la fatica gioiosa di ogni battezzato di vivere secondo la volontà di Dio e il peso della storia sopportato con dignità e pazienza in unione alla Croce di Cristo.

L’indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo, interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati.

Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch’essi membri della medesima “mistica persona”, possono essere aiutati dai viventi, tra l’altro, ottenendo per loro indulgenze, in modo tale che siano sgravati dalle pene temporali dovute per i loro peccati e siano aiutati a maturare fino alla piena comunione e alla visione beatifica.

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Per approfondimenti leggere anche: Verso il Giubileo con la venerabile Maria di Gesù di Agreda

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ZENIT Staff

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