Acclamazioni durante il Tempo di Natale

“Mistero della Fede” o “Venite, adoriamoLo”? Un dilemma liturgico

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Padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso  l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi alla domanda di un lettore negli Stati Uniti.
Durante il periodo natalizio, nella nostra parrocchia si canta “Oh venite adoriamoLo” al momento dell’acclamazione introdotta dalle parole “Mistero della Fede”. È giusto farlo? Secondo me non è pertinente. Potrebbe per favore spiegare perché non tutti i sacerdoti usano il “Mistero della Fede” durante il periodo natalizio? — D.P., North Andover, Massachusetts (USA)
Il motivo principale per il quale in altre parrocchie non lo fanno e per il quale la vostra parrocchia dovrebbe smettere di farlo, è che nel Messale Romano non risulta tale alternativa tra le risposte autorizzate al “Mistero della Fede”.
Nel messale latino, e nella maggior parte dei messali inglesi, sono previste tre risposte per questa acclamazione. Per l’Irlanda la Santa Sede ha autorizzato anche l’uso dell’acclamazioneMio Signore e mio Dio” nella liturgia.
Introdurre nuovi testi all’interno del messale non è compito dei sacerdoti né dei singoli vescovi. Con una maggioranza di due terzi una conferenza episcopale può approvare delle modifiche che prima di essere introdotte nella liturgia necessitano però l’approvazione da parte della Santa Sede. Il principio di base è stato enunciato nel documento del Concilio Vaticano II Sacrosanctum Concilium (n° 22), ripetuto poi in tutti i documenti successivi:
“Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica”.
Un’altra ragione è che questa espressione in realtà limita il fine dell’acclamazione e indebolisce il suo valore teologico.
Nonostante non si trovino nei racconti dell’istituzione dell’Eucaristia del Nuovo Testamento, le parole Mysterium fidei formano parte della formula di consacrazione nella forma straordinaria del rito romano. Secondo alcuni esperti è probabile che l’espressione sia stata inserita da papa Leone Magno (440-461) per combattere i manichei che negavano la bontà dei beni materiali. Lo stesso pontefice aggiunse anche l’espressione “un santo sacrificio, una vittima senza macchia” in riferimento all’offerta di Melchisedec. Una traduzione non ufficiale di questo testo suonerebbe:
“Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue, della nuova ed eterna alleanza: il Mistero della Fede: versato per voi e per molti in remissione dei peccati. Ogni volta che lo fate, fatelo in memoria di me”.
Più tardi questa espressione venne ritenuta importante per combattere certe eresie circa la Reale Presenza, specialmente da chierici. Per questo papa Innocenzo III (1198-1216) scrisse:
“L’espressione ‘Mistero della fede’ si usa poiché qui ciò che si crede differisca da ciò che si vede, e ciò che si vede differisca da ciò che si crede. Poiché ciò che si vede sotto l’aspetto di pane e vino e ciò che si crede sia la realtà della carne e del sangue di Cristo e la potenza dell’unità e dell’amore” (Denzinger 782).
Dopo il Concilio Vaticano II, con l’introduzione di nuove Preghiere Eucaristiche e il desiderio di avere un’unica formula, basata sulla Bibbia, per la consacrazione in tutti e quattro, papa Paolo VI decise di rimuovere le parole dalla formula di consacrazione e conferì loro l’attuale funzione come introduzione all’acclamazione dei fedeli. Questa pratica era tradizione in alcune Chiese orientali, in particolare nella Liturgia di San Giacomo, ma costituiva una novità nel rito romano. Le acclamazioni sono:
– “Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
– “Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta”.
– “Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua risurrezione: salvaci, o Salvatore del mondo”.
Nella tradizione della Liturgia di San Giacomo, tutte le acclamazioni sono dirette verso Cristo piuttosto che al Padre e fanno riferimento all’azione salvifica della Sua morte e risurrezione e aspettano alla Seconda Venuta.
Le prime due opzioni derivano dalla Prima Lettera ai Corinzi 11,26: “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga”. La terza opzione sembra basarsi sul Vangelo di Giovanni 4,42, quando i Samaritani dissero alla donna che incontrò Gesù al pozzo: “Sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.
L’acclamazione nella forma attuale, nonostante includa la fede nella Reale Presenza, viene in un qualche modo vista come un invito ai fedeli di rispondere a tutto ciò che è implicato nel comandamento di Cristo “Fate questo in memoria di me”.
In questo modo, si va alla radice del mistero della Messa come santo e vivente sacrificio e si sottolinea il legame indissolubile tra la Passione e l’Ultima Cena alla luce del bisogno dei cristiani di perseverare nella fede circa l’intero mistero pasquale della morte e resurrezione di Cristo e dell’ascensione in cielo. Viene menzionata anche la seconda venuta di Cristo in gloria per giudicare il mondo, che in una certa maniera ci ricorda che l’Eucaristia è anche il pane della vita che ci nutre nel nostro viaggio verso la meta definitiva, la comunione eterna con Cristo.
In confronto a questa acclamazione, “Venite adoriamolo”, da un lato molto addentro allo spirito natalizio e probabilmente ispirata all’inno Adeste Fideles, è molto meno ricca e completa.
Lo stesso si potrebbe dire, forse, per “Mio Signore e mio Dio” che è stata approvata per l’Irlanda. Può darsi che qualora si collochi il testo nel suo contesto originario della proclamazione di fede di San Tommaso nella divinità del Cristo risorto, essa catturi parte della ricchezza delle altre acclamazioni.  Ma probabilmente queste parole si collegano piuttosto alla reale presenza del corpo e sangue di Cristo nelle sacre specie, mentre si tende a tralasciare gli altri aspetti della Messa, considerati nelle acclamazioni originali.
[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]
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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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