È deciso e non si torna più indietro: da oggi in poi entra in pieno vigore la riforma dei processi per la nullità matrimoniale promulgata da Papa Francesco lo scorso 15 agosto attraverso i Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus. Ovvero la nuova normativa che semplifica e snellisce le procedure e dà la facoltà a ogni vescovo di istituire un tribunale diocesano. Tutte le norme precedenti sono quindi abrogate senza eccezioni, incluse quelle approvate in forma specifica dai Papi in passato.
Lo stabilisce lo stesso Pontefice in un rescritto ex audientia, pubblicato oggi ma datato 7 dicembre, in cui afferma: “Le nuove leggi di riforma del processo matrimoniale abrogano o derogano ogni legge o norma contraria finora vigente, generale, particolare o speciale, eventualmente anche approvata in forma specifica”.
Come ad esempio il Motu Proprio Qua cura, dato dal Pio XI “in tempi ben diversi dai presenti” che offriva un appiglio per mantenere i tribunali inter diocesani in Italia e non restituire ai vescovi diocesani il potere decisionali nelle cause nelle quali sono evidenti le ragioni di nullità.
Nei sei punti del rescritto, il Papa stabilisce che nelle cause di nullità di matrimonio davanti alla Rota Romana “il dubbio sia fissato secondo l’antica formula: An constet de matrimonii nullitate, in casu, dunque con la formula del dubbio generico, senza cioè la formulazione specifica dell’eventuale motivo di nullità da verificare”.
Inoltre “non si dà appello contro le decisioni rotali in materia di nullità di sentenze o di decreti”; in altre parole: se la Rota dovesse mai giudicare nulla una sentenza emessa da un tribunale diocesano, tale decisione è definitiva e non appellabile presso la Segnatura Apostolica.
“Dinanzi alla Rota Romana – prosegue poi il terzo paragrafo – non è ammesso il ricorso per la nova causae propositio, dopo che una delle parti ha contratto un nuovo matrimonio canonico, a meno che consti manifestamente dell’ingiustizia della decisione”. Al decano della Rota viene poi concesso il potere di “dispensare per grave causa dalle Norme Rotali in materia processuale”.
Mentre, si legge nel paragrafo V, “come sollecitato dai patriarchi delle Chiese orientali, è rimessa ai tribunali territoriali la competenza sulle cause iurium connesse con le cause matrimoniali sottoposte al giudizio della Rota Romana in grado d’appello”.
Destinato a far discutere l’ultima paragrafo del rescritto. Secondo le disposizioni di Papa Francesco, la Rota deve giudicare “le cause secondo la gratuità evangelica, cioè con patrocinio ex officio, salvo l’obbligo morale per i fedeli abbienti di versare un’oblazione di giustizia a favore delle cause dei poveri”. Sono pertanto abolite le parcelle degli avvocati rotali. D’altronde Francesco lo aveva già detto nell’udienza del 5 novembre 2014 ai partecipanti ad un corso della Rota Romana: “L’annullamento dei matrimoni non sia un giro di affari, ma la giustizia sia gratuita”.
Ora scrive il Pontefice: “Le leggi che ora entrano in vigore vogliono manifestare la prossimità della Chiesa alle famiglie ferite, desiderando che la moltitudine di coloro che vivono il dramma del fallimento coniugale sia raggiunta dall’opera risanatrice di Cristo, attraverso le strutture ecclesiastiche, nell’auspicio che essi si scoprano nuovi missionari della misericordia di Dio verso altri fratelli, a beneficio dell’istituto familiare”.
Una decisione, frutto dei lavori del Sinodo dei Vescovi concluso lo scorso ottobre, che – sottolinea il Santo Padre – “ha espresso una forte esortazione alla Chiesa affinché si chini verso i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ai quali occorre ridonare fiducia e speranza”.
“Il rescritto odierno di Papa Francesco, come già allora per la promulgazione del codice di Giovanni Paolo II, obbedisce alla lex suprema, che è la salus animarum, di cui il Successore di Pietro è il primo maestro e servo”, rileva infatti mons. Pio Vito Pinto, in un articolo pubblicato su L’Osservatore Romano.
Ai padri sinodali – prosegue il decano della Rota Romana – sono apparse chiare “la realtà e la missione della Chiesa come definite dallo stesso divino fondatore, Gesù. La Chiesa in via non è la Chiesa dei perfetti, ma la comunità dei fedeli che si riconoscono ogni giorno peccatori e per questo bisognosi di conversione, punto di forza dell’ecclesiologia di Papa Francesco”.
Il recente Sinodo, conclude Pinto, “ha così insegnato che il gran numero di fedeli feriti o in stato di difficile rapporto nell’adesione – nella prassi della fede – alle verità del Vangelo, non sono un peso, ma una opportunità, che spinga molti di questi ‘feriti’ a divenire, una volta riconciliati e risanati, dei veri missionari della bellezza del sacramento coniugale e della famiglia cristiana”.