Due ante in oro e bronzo che si spalancano e nel mondo si diffonde la misericordia di Dio. Il Papa ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Pietro. È iniziato il Giubileo! Il primo Anno Santo ‘tematico’ della storia della Chiesa; il primo preceduto dall’apertura di un’altra Porta Santa, quella semplice in legno e mattoni della cattedrale di Bangui; il primo Giubileo globale che non si concentrerà solo a Roma ma coinvolgerà le diocesi del mondo.
L’apertura della Porta Santa. Insieme a Benedetto XVI
Francesco compie il rito al termine della Santa Messa, intorno alle 11, vegliato alle sue spalle dal Papa emerito Benedetto XVI, seduto nell’atrio, che ha voluto accompagnare il suo successore in questo passo importante e travagliato, nei mesi di preparazione, da scandali e paure. Bergoglio lo abbraccia con affetto, poi si dirige verso il grande portone in bronzo davanti al quale si ferma per alcuni istanti. E la mente non può non tornare all’immagine di un Giovanni Paolo II chino e sofferente che accompagnava la Chiesa nel terzo millennio con il Giubileo del 2000.
Papa Francesco pronuncia la formula: “Per la tua grande Misericordia entrerò nella Tua casa Signore, apritemi le porte della giustizia!”. Poi spinge – un po’ a stento – il muro della porta e ne spalanca le ante. Prima di varcarla, il Successore di Pietro sosta in preghiera, in piedi, sulla soglia. Entra poi solo, per primo, in Basilica, reggendo la croce astile, mentre il coro canta il Te Deum laudamus. Lo seguono Ratzinger sorretto da mons. Georg Ganswein, i concelebranti e alcuni rappresentanti di sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici che processionalmente si recano all’Altare della Confessione, dove si svolge il rito conclusivo della Messa.
50mila fedeli in piazza in preghiera. Anche musulmani. 2.500 militari
Intanto in una piazza San Pietro bagnata da una pioggia leggera, i fedeli – 70mila, secondo le prime stime – cantano e pregano per il Santo Padre e per questo Anno straordinario appena avviato. Lo hanno fatto dalle 6.30 di questa mattina, orario di apertura dei varchi, in una piazza blindata da 2.500 militari, 1000 agenti, 900 vigili volontari. La paura degli attentati, la lentezza dei controlli, la fatica mattutina vengono dopo; prima c’è un rendimento di grazie a Dio per la sua misericordia. Abbracciati dal colonnato del Bernini, sotto l’occhio di 250 telecamere, i pellegrini pregano quindi il Rosario in attesa di varcare la Porta Santa. Insieme a loro ci sono anche alcuni musulmani appartenenti al Co-mai, le comunità del mondo arabo in Italia che hanno lanciato oggi l’hashtag #TuttiUnitiperilGiubileo, per fare gli auguri a Francesco e a tutti i cristiani, condannando ogni forma di terrorismo e violenza.
La Messa nel segno del Vaticano II
La Messa inizia alle 9.23 con la processione dei sacerdoti che portano l’Evangeliario della Misericordia. Seguono i vescovi e i cardinali vestiti di bianco e, dopo due minuti, entra Papa Francesco. La celebrazione si apre nel segno del Concilio Vaticano II, ricorrendo il 50° anniversario della sua chiusura; si leggono quindi alcuni brani delle quattro costituzioni (Dei Verbum, Lumen gentium, Sacrosanctum concilium e Gaudium et spes), e due brani tratti rispettivamente dalla Unitatis redintegratio sull’ecumenismo e dalla Dignitatis humanae sulla libertà religiosa. Alla celebrazione sono presenti anche il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella con la figlia Laura, e il premier Matteo Renzi con la moglie. Alla sinistra dell’altare papale anche una fila di imam che poi varcano anch’essi la Porta Santa. Un fortissimo segno ecumenico.
L’omelia del Papa: “Anteporre la misericordia al giudizio”
Storia e fede si intrecciano poi nell’omelia del Santo Padre, pronunciata prima di compiere il gesto “tanto semplice quanto fortemente simbolico” dell’apertura della Porta Santa, che “pone in primo piano il primato della grazia”. Francesco riflette anzitutto sulla figura di Maria, nella Solennità dell’Immacolata Concezione di oggi, a partire da quel “Rallegrati” che l’arcangelo Gabriele rivolge a “una giovane ragazza, sorpresa e turbata”, chiamata tuttavia “a gioire per quanto il Signore ha compiuto in lei”. “Quando Gabriele entra nella sua casa, anche il mistero più profondo, che va oltre ogni capacità della ragione, diventa per lei motivo di gioia, di fede e di abbandono alla parola che le viene rivelata”, dice il Papa. “La pienezza della grazia è in grado di trasformare il cuore, e lo rende capace di compiere un atto talmente grande da cambiare la storia dell’umanità”.
Questa festa dell’Immacolata esprime “la grandezza dell’amore di Dio”, che non solo “perdona il peccato”, ma in Maria “giunge fino a prevenire la colpa originaria, che ogni uomo porta con sé entrando in questo mondo”, aggiunge il Pontefice. È quindi “l’amore di Dio che previene, che anticipa e che salva”, nonostante la quotidiana “tentazione della disobbedienza” che si esprime “nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio”.
“È questa – afferma il Papa – l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio. Eppure – soggiunge – anche la storia del peccato è comprensibile solo alla luce dell’amore che perdona. Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre”.
Per questo l’Anno Santo Straordinario è un “dono di grazia”. “Entrare per quella Porta – evidenzia il Papa – significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente”. Sarà dunque un Anno “in cui crescere nella convinzione della misericordia”: “Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia!”, esclama Francesco. Bisogna invece “anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia”. Il Pontefice esorta quindi ad abbandonare “ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato”; “viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma”.
Il Vaticano II: “Un incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo”
In conclusione un ricordo del Vaticano II, “un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio spalancarono verso il mondo”. Tale “scadenza” – osserva Bergoglio – “non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede”. In primo luogo, il Concilio è stato “un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo”, che, segnato dalla forza dello Spirito, “spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario”. “Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… – dice il Santo Padre – dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo”.
“Una spinta missionaria”, dunque, che dopo questi decenni la Chiesa del Pontefice argentino riprende “con la stessa forza e lo stesso entusiasmo”, con uno spirito che è quello del buon Samaritano. Uno spirit
o, cioè, di misericordia che Francesco auspica possa essere la missione di tutti i cristiani in questi prossimi dodici mesi di grazia: “Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano”.
Il testo completo dell’omelia del Santo Padre è disponibile qui.