Avvento, occasione da non perdere

Il tempo liturgico che oggi si apre contiene in sé l’ansia dell’attesa: più che ozio indifferente, un’opportunità da cogliere per dare senso alla vita 

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«Se invece di voltarci indietro, guarderemo avanti, se invece di guardare le cose che si vedono, avremo l’occhio attento a quelle che non si vedono ancora, se avremo cuori in attesa, più che cuori in rimpianto, nessuno ci toglierà la nostra gioia».

Per scorgere e possibilmente raggiungere l’orizzonte indicato da don Primo Mazzolari, l’Avvento cristiano si pone come strada da percorrere senza incertezze. Il tempo liturgico che oggi si apre contiene infatti in sé l’ansia dell’attesa: più che ozio indifferente, un’opportunità da cogliere per dare senso alla vita. Un invito straordinariamente importante, non solo perché collegato all’intuizione di papa Francesco di avviare il Giubileo della misericordia, ma pure per la sua collocazione in un contesto culturale – quale quello contemporaneo – dominato dalla fretta, dall’assurda pretesa di stare sempre e ovunque.

L’uomo d’oggi suppone di non aver bisogno di nessuno, men che meno del suo prossimo, chino com’è sui piaceri, sugli interessi materiali, sull’utile e sull’immediato. Anche i cristiani spesso danno l’impressione di considerare il tempo mondanamente, come un aeternum continuum, privo di sorprese e di novità esistenziali, un infinito cattivo, un eterno presente in cui possono accadere tante cose, ma non la venuta di Cristo. E la solitudine più nera la si soffre non quando si trova il focolare spento, ma quando non lo si vuol accendere più, neppure per un inatteso ospite di passaggio. Quando pensi, insomma, che nessun’anima viva verrà a bussare alla tua porta. E non ci saranno più né soprassalti di gioia per una buona notizia, né trasalimenti per una improvvisata.

Ma in un mondo dove si bada soltanto ai bisogni primari, all’accumulo, allo svago e all’affermazione, è necessario, come ricordava lo scrittore Giovanni Papini, che vi sia ogni tanto «uno che rinfreschi la visione delle cose, che faccia sentire lo straordinario nelle cose ordinarie, il mistero nella banalità, la bellezza nella spazzatura». Il torpore, la sazietà, l’indifferenza, la superficialità che si depositano ovunque come una coltre nebbiosa – a volte quasi un sudario di morte – devono e possono essere squarciati da una voce imperiosa che inquieti le coscienze, che susciti domande di senso e spinga a riscoprire la verità che si cela sotto il velo comune della realtà quotidiana. Anzi, lo stato di disagio fa crescere il desiderio di soluzioni positive.

Per il credente, però, tutto ciò non riguarda solo la dimensione sociale, politica ed economica, ma è attesa di una vita che, per dirla con Paolo, «piaccia a Dio». A questo si deve tendere, vigilando e osservando la vita reale ed agire per darle un indirizzo diverso. L’Avvento ci ricorda che una prospettiva nuova si può schiudere a patto che vi sia adesione ad essa, con coinvolgimento ed impegno.

Buona attesa, buon Avvento, allora. E come augurava don Tonino Bello, «che il Signore ci dia la grazia di essere continuamente allerta, in attesa di qualcuno che arrivi, che irrompa nelle nostre case e ci dia da portare un lieto annuncio».
 

 

 

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Vincenzo Bertolone

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