Lotta al terrorismo, quadro geopolitico globale, Europa unita, nonché aneddoti personali di precipua rilevanza politica. Sono strettamente legati tra loro i temi affrontati da Romano Prodi ieri pomeriggio nel corso della prima di due giornate del convegno “Il governo di un mondo multipolare”, che si tiene a Villa Nazareth, a Roma.
Il dibattito è stato organizzato dalla Fondazione Comunità Domenico Tardini, per ricordare i 40 anni dagli Accordi di Helsinki, considerati l’incipit di una normalizzazione dei rapporti geopolitici nell’ambito della guerra fredda. La fine di quella fase della storia comportò, inevitabilmente, una rideterminazione dei vecchi assetti, generando la nascita di diversi poli sullo scacchiere geopolitico.
Su questo si è pronunciato all’inizio del suo intervento Prodi, sottolineando che “se oggi parliamo di multipolarismo, è perché c’è stato un periodo in cui si parlava di governo monopolare, in cui dominava l’asse espresso dagli Stati Uniti”.
L’ex presidente del Consiglio italiano osserva che “ora gli Usa non sono più in grado di reggere da soli il mondo”. La perdita di prestigio di Washington è da ricondurre, secondo lui, agli errori commessi in Afghanistan e in Iraq. In particolare Prodi ha voluto sottolineare “il presupposto ideologico falso” su cui si è basata l’aggressione all’Iraq, ossia le “armi di distruzione di massa di Saddam Hussein”.
Nel 2003 – ha ricordato – ebbe un incontro con Vladimir Putin, il quale si sentiva “a disagio” dinanzi all’ipotesi di una guerra in Iraq degli Usa. L’allora presidente della Commissione Europea consigliò allora a Putin di formare un asse diplomatico con Germania, Francia e Cina per impedire che Washington intervenisse.
Successivamente, però, Prodi ha capito i motivi per cui la Cina non avrebbe mai preso parte a un simile scenario. “Tutto sommato vedere le altre potenze immerse in un conflitto lunghissimo diveniva una strategia di una potenza come Pechino, che ha potuto così favorire il suo sviluppo economico”, e diventare – ha aggiunto – “un Paese dominante sulla piazza finanziaria mondiale”.
Questo disimpegno dai grandi conflitti internazionali inizia gradualmente a rappresentare anche la politica estera americana, in quanto – il parere di Prodi – i recenti fallimenti militari degli Usa hanno suscitato nell’opinione pubblica nazionale un’intolleranza verso il “ritorno dei cadaveri in patria”.
Secondo l’ex primo ministro italiano chi oggi invece “dà le carte” in politica estera è la Russia. Lo testimonia quanto sta avvenendo in Siria, dove Mosca “si muove agevolmente” con l’alleanza del regime di Bashar al-Assad. Tuttavia – ha osservato Prodi – “è molto più facile fare politica estera in un Paese autoritario…”.
A tal proposito ha ricordato un episodio del 2004, quando si attendeva la firma della Russia per l’entrata in vigore del protocollo di Kyoto. Incontrando Putin, Prodi provò a convincerlo a ratificare l’accordo, ma il presidente russo gli rispose che aveva resistenze nella Duma (il Parlamento di Mosca, ndr). “Al che mi sono messo a ridere – ha ricordato Prodi -. E così Putin mi disse: ‘Va bene, firmo…’”.
L’accordo con la Russia resta però determinante – a parere di Prodi – per stroncare il terrorismo. “È necessaria un’alleanza Usa-Russia”, ha rilevato l’ex presidente del Consiglio a ZENIT al termine della conferenza, tornando anche sul tema delle sanzioni nei confronti di Mosca, da lui giudicate fin da subito “un suicidio collettivo” sia per la Russia sia per l’Europa. “Se si fa un accordo nella lotta contro il terrorismo, le sanzioni vengono via da sole”, ha detto. Una lotta, quella contro il Califfato, che finora è stata condotta in modo lacunoso. “Perché non sono stati bombardati i pozzi di petrolio con i quali si arricchisce l’Isis?”, si è chiesto Prodi non risparmiando una critica agli Usa.
La speranza di Prodi è che ora si cambi atteggiamento in Medio Oriente, anche se resta un nodo irrisolto lo scenario post-bellico. “L’intervento in Siria è stato fatto senza pensare alla successione di Assad, errore simile a quelli commessi prima in Iraq e poi in Libia”, ha detto Prodi. Il quale ha poi ricordato che Bashar al-Assad era inizialmente “molto aperto all’Europa”, ma il suo destino iniziò a incrinarsi dopo l’attentato al premier libanese Rafiq Hariri, avvenuto a Beirut nel 2005. Dell’omicidio furono accusati i servizi segreti di Damasco e questo “finì per compromettere definitivamente i rapporti tra Siria e Francia”. A tal punto che l’allora presidente francese Chirac chiese a Prodi di interrompere i rapporti con Assad.
L’ex presidente del Consiglio si è poi soffermato alla “frammentazione strutturale” dell’Europa, che si ripercuote anche in politica estera. L’analisi di Prodi è che “si è sempre dimostrata divisa ed anche l’introduzione dell’euro non ha risolto” questa situazione. Per Prodi “l’Europa fatica ad affermarsi sulla scena politica internazionale, è trascinata e non è trascinante nonostante rimanga una potenza economica al pari degli Usa”.
All’opposto – ha rilevato ancora Prodi – è l’atteggiamento della Santa Sede con papa Francesco, la cui politica è orientata verso “un consolidamento della pace”. Secondo Prodi questo Pontefice rappresenta un lume di speranza in un quadro confuso, perché con lui “si sente il peso di un’autorità morale che anche in futuro potrà essere esercitata”.